Ancora il Como sulla strada dell’Hellas. Domenica, esattamente come quarant’anni fa. Con l’unica sostanziale, netta, differenza che l’obiettivo allora si chiamava scudetto mentre oggi significa un’altra miracolosa salvezza. Un traguardo senza dubbio diverso ma non per questo meno importante. Riavvolgiamo il film dei ricordi fino ad arrivare a domenica 5 maggio 1985, terzultima giornata di campionato.

Il Verona di Osvaldo Bagnoli è al comando della classifica dalla prima giornata e quando rimangono ancora 270′ da giocare, conserva quattro lunghezze di vantaggio sul Torino, primo degli inseguitori. Di fronte il Como, allenato da quel vecchio marpione di Ottavio Bianchi, alla ricerca disperata di punti salvezza.

Pareggio a reti bianche, ma con brivido

Forse proprio a causa dell’enorme importanza cruciale e assolutamente decisiva degli obiettivi in gioco, le due squadre, dominate da una naturale e comprensibile paura di perdere, offrirono una partita sostanzialmente priva di emozioni intense e di sussulti degni di particolare nota.

L’unico momento di reale tensione e grande suspense arrivò al 23’ del secondo tempo, quando la formazione lariana, con Todesco completamente libero e senza alcuna marcatura sul dischetto del rigore, servito da un preciso e calibrato cross dalla sinistra di Hansi Muller, colpì di testa mandando la palla sopra la traversa a pochi metri da Garella, suscitando un grande sospiro di sollievo tra i trentamila spettatori presenti sugli spalti gremiti del Bentegodi.

Festa solo rimandata

Il pareggio del Torino in casa dell’Atalanta lasciò immutato il divario in classifica e rimandò solo di una settimana i tanto attesi festeggiamenti. Domenica 12 maggio, infatti, mentre i granata impattavano in casa contro la Fiorentina, la squadra di Bagnoli, grazie all’1-1 a Bergamo contro la stessa Atalanta, riuscì a festeggiare la conquista del suo primo, unico, memorabile scudetto.

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