Il pareggio è un po’ come l’oroscopo: ognuno ci legge quello che vuole, o quello che spera. Una mezza vittoria o una mezza sconfitta, un dramma scongiurato o un miracolo sportivo, la preoccupazione per un primo tempo troppo brutto per essere vero o la speranza per un Verona mai domo che sa rimontare due gol a chi, solo pochi giorni fa, ha dominato sulle rive del Mersey.

Gli aruspici del pallone consultano i calendari incrociati in una lotta salvezza che (per chi non è costretto ad annasparci) è tra le più emozionanti degli ultimi anni, mentre commentatori e bookmaker prendono cantonate cosmiche, vendendo la pelle dell’orso prima ancora di caricare il fucile. In mezzo c’è il Verona, i suoi tifosi e le loro povere coronarie.

Every given sunday

La partita di Bergamo è stata l’esempio perfetto di come nello sport non si possa mai abbassare la guardia di fronte a un avversario all’angolo. L’Atalanta per quarantacinque minuti ha giocato con il topo, colpendo con una semplicità avvilente per chi soffre in gialloblù. Un uno-due fulminante per distruggere morale e piani tattici di Baroni e i suoi ragazzi, e poi una serie di azioni giocate a mente libera – o meglio – con la testa al ritorno di Europa League. Il Verona non si rialza, anzi sbanda e rischia l’imbarcata. L’Atalanta ne può fare altri tre, altri quattro. Ma non li fa, e nel calcio fa tutta la differenza.

Ognuno si immagini ciò che preferisce, persino un Baroni in salsa Al Pacino in Every given Sunday fare il discorso della vita nello spogliatoio, anche se non sembra il tipo. Quel che è certo è che il Verona ha continuato con il suo passo, senza farsi prendere dal panico e senza perdere le speranze. Un Clint Eastwood gialloblù che si rialza dopo le fucilate di Volonté solo per qualche punto in più. Si rialza e spara due colpi in quattro minuti. Certo, l’Atalanta resta in piedi, ma gli occhi sono sbarrati, la tensione bassa e non ci sono energie per mettere a segno un altra fucilata.

E allora l’Hellas resta in corsa. Fuori dalla zona retrocessione per un’altra settimana, tirando a campare in cerca di un’altra impresa. Il Verona ha di fronte sei partite, una quasi impossibile, tre molto complicate e due in cui la vittoria non è negoziabile. Questo almeno sulla carta, ma il Verona del Gewiss ha mandato a tutti un messaggio forte e chiaro su cosa si possa fare con la carta.

La scorsa stagione ha insegnato come le ultime spiagge si rivelino sempre penultime. Guai a dare per morto l’Hellas, anche se chiaramente le sfide contro Udinese e Salernitana valgono sei punti ognuna e difficilmente sbagliarle sarà un’opzione.

Carattere da vendere

Sul campo dell’Atalanta l’Hellas ha mostrato di avere abbastanza qualità per segnare due volte a una squadra in corsa Champions e abbastanza carattere per non sparire dal campo quando le quote del live betting schizzavano in orbita.

L’Atalanta ci ha graziato? Forse. Ma I ragazzi di Baroni hanno saputo annusare la sufficienza e l’hanno punita. L’hanno fatto senza il centrocampo titolare, con Serdar e Duda fuori contemporaneamente, portando il gioco sulle fasce a sfruttare la velocità di Noslin. I buchi presi nel primo tempo dalla difesa si sono ridotti anche grazie al maggiore aiuto del reparto avanzato, e con i ritmi compassati dei bergamaschi il Verona è riuscito a trovare coesione dopo un primo tempo a dir poco disastroso.

Certo la Dea nel secondo tempo andava piano: un lusso che con il campionato agli sgoccioli difficilmente si vedrà di nuovo, ma in attesa di un Verona più intenso e cattivo fin dai primi minuti prendiamoci questo punto e teniamocelo stretto. Da qui alla fine del campionato arriveranno altre fucilate, questo è sicuro, e nel mucchio selvaggio della lotta salvezza i gialloblù dovranno trovare le energie per restare in piedi quando si poserà la polvere.