La colpa è un’emozione complessa e profondamente radicata nell’esperienza umana che si manifesta quando un individuo riconosce di aver violato una norma morale, sociale o personale e si sente responsabile delle conseguenze delle proprie azioni o inazioni. Ciò che genera in noi è una sensazione spiacevole accompagnata da rimorsi, vergogna, svalutazione e per tale ragione la psiche ricorre, spesso inconsciamente, a espedienti per ignorarla, negarla o cercare capri espiatori impedendo alla persona di assumersi le proprie responsabilità. Tuttavia, è altrettanto dannoso e nocivo restarne prigionieri languendo nell’autocommiserazione. Proprio per tale ragione è bene comprendere la differenza tra sentirsi in colpa e farsene carico consapevolmente.

Riconoscere un errore è un’esperienza che scuote profondamente l’individuo come ben esemplificato anche dal tema archetipico del peccato originale nel quale Adamo ed Eva, nutritisi dell’albero della conoscenza, perdono la loro beata ingenuità e diventano consapevoli della loro nuda fragilità e fallibilità provando vergogna e venendo quindi allontanati dallo stato di beatitudine in cui si trovavano prima del misfatto. Analogamente, l’angoscia che si prova e sentirsi in colpa deriva dal fatto che riconoscere di aver sbagliato comporta una rottura nella continuità identitaria dell’Io tra il prima e il dopo l’aver commesso il fatto di cui ci pentiamo.

È proprio di fronte a simili vulnerabilità che il senso di colpa agisce come meccanismo di difesa psichico per preservare l’integrità di un’immagine di sé positiva. Infatti, è un tentativo di ristabilire o preservare la propria innocenza e integrità psicologica, in quanto l’Io condanna ciò che è male e si pone dalla parte di ciò che è bene (o socialmente accettato) mantenendo una continuità con la precedente immagine di sé positiva.

Tutttavia, se la persona rimane ancorata in questo stadio senza progredire nel riconoscimento delle proprie responsabilità non ci potrà essere una positiva evoluzione psichica, aprendo invece le porte per una deresponsabilizzazione narcisistica o una masochistica mortificazione.

Rimanere solo nel sentimento di colpa significa assumere la posizione ingenua e infantile del bambino. Come dice Verena Kast nel libro Abbandonare il Ruolo di Vittima: “i sensi di colpa […] dipendono dal fatto che restiamo identificati con la posizione di vittima, e in fondo non ci assumiamo la responsabilità di quello che facciamo, e del fatto che non stiamo dalla parte della nostra Ombra. […] Fa, però, parte della vita adulta accorgersi prima o poi che non si è né bianchi né neri, ma grigi. […] Se riusciamo ad accettarlo, allora è possibile chiederci, in una situazione in cui ci sentiamo colpevoli, in che cosa abbiamo sbagliato e di che cosa ci dobbiamo assumere la responsabilità. In questo modo possiamo prendere le distanze dai sensi di colpa, che intanto hanno raggiunto il loro scopo, cioè farci porre la domanda sulla responsabilità che ci dobbiamo assumere.”

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