In occasione della Giornata Nazionale contro il Bullismo, che viene celebrata appunto il 7 febbraio, enunciamo alcuni dati. Oltre il 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni riferisce di essere rimasto vittima di episodi offensivi e violenti. Quasi uno su cinque dichiara di aver subìto azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese. In circa la metà di questi casi, si tratta di una ripetizione degli atti che avviene addirittura una o più volte a settimana. Le ragazze presentano una percentuale di “vittimizzazione” superiore. Un adolescente bullizzato su cinque pensa al suicidio. Di questi ragazzi il 44% ritiene sia meglio cercare di evitare la situazione, il 29% che occorra lasciar perdere facendo finta di nulla e il 25% di provare a riderci sopra. Solo un adolescente su dieci confessa ai propri genitori di essere vittima di bullismo. Il cyberbullismo ha colpito il 23% di tutte le vittime di bullismo (dati Instat).

Il bullismo non è semplice litigio, ma è violenza. Lo psicologo Dan Olweus ha stabilito tre indicatori necessari per confermare la presenza di una situazione di bullismo: la prepotenza deve essere intenzionale, per creare un danno; la violenza deve essere continuativa nel tempo verso sempre la stessa persona; la vittima deve essere non in grado di difendersi.
Dal punto di vista psicologico, esiste una forte correlazione tra immagine di sé e condotte di bullismo. Infatti il bullo sembra apparentemente sicuro e con un’autostima elevata, ma in realtà spesso cela un tentativo di sembrare ciò che non è, proprio a fronte di un non elevato concetto di sé. Così il suo comportamento prepotente viene attuato proprio per guadagnare ammirazione e attenzione da parte degli altri. Per di più il bullo è una persona tendenzialmente impulsiva, con il bisogno di dominare gli altri e una bassa tolleranza alla frustrazione. La rabbia, pare, è l’emozione che prova in maniera più frequente. Dall’altra parte, la vittima ha tendenzialmente un basso concetto di sé ed è spesso insicura. Prova paura, vergogna, ansia, che la portano spesso a sentirsi isolata e inadeguata. Purtroppo questo fattore induce frequentemente la persona a disinvestire, per esempio nella scuola, o all’evitamento vero e proprio. In alcuni casi la vittima stessa diventa a sua volta aggressore.

Possiamo pertanto considerare l’immagine di sé come una variabile rilevante, in quanto può condurre a un comportamento aggressivo e alla vittimizzazione, e può avere conseguenze sullo sviluppo della propria autostima.
Svariate sono le conseguenze per la vittima di atti di bullismo. Dai Disturbi Psicosomatici, come mal di schiena, emicranie, problemi alla pelle; ai Disturbi d’Ansia, come attacchi di panico e agorafobia; ai Disturbi del Sonno, come fatica ad addormentarsi e risvegli precoci; ai Disturbi Alimentari, con nausea e inappetenza; ai Disturbi dell’Attenzione, per un senso di allarme costante che porta un calo del rendimento scolastico.

Per intervenire in una situazione di bullismo è necessario partire dalla consapevolezza che esiste una relazione negativa tra empatia e bullismo agito, in quanto i bulli fanno maggiormente fatica a cogliere la sofferenza della vittima e a considerare le conseguenze negative del proprio comportamento. Ma l’empatia può inibire o ridurre il comportamento aggressivo, in quanto da una parte più una persona è capace di assumere il punto di vista degli altri più riesce a comprendere e tollerare la loro posizione, anche quando è diversa dalla propria. Dall’altra parte una persona che percepisce la sofferenza della vittima è portata a inibire l’aggressione. Pertanto credo che un primo step molto importante, come adulti, sia quello di ascoltare i bambini o i ragazzi, legittimare le loro emozioni, lasciare spazio al dialogo, instaurando una comunicazione affettiva per trasmettere loro il messaggio che gli siamo accanto nell’affrontare la situazione.
Oltre a ciò ritengo sia necessario rimandare ai bambini e ragazzi vittime di bullismo il messaggio che sono capaci di fronteggiare, anche grazie al nostro supporto, quello che sta accadendo. Quindi possiamo evitare di sostituirci a loro e anzi, fermarci a individuare insieme quali figure di riferimento, di fiducia, che potrebbero intervenire in modo efficace. Infine, credo che il mondo scolastico e figure come psicologi o psicoterapeuti, possano essere attori importanti per realizzare interventi di prevenzione fin dalla scuola primaria e per sostenere i bambini o ragazzi nell’implementare le proprie risorse.

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