La Fondazione Bentegodi è e deve essere produttrice non solo di risultati sportivi, ma di cultura dello sport. Questo concetto ha valore se riunisce sotto di sé altre culture, come quella dell’inclusività, dell’educazione allo stare insieme, del coinvolgimento tra famiglie e società.

Giorgio Pasetto, Presidente della Fondazione dall’ottobre scorso, dichiara apertamente di avere in mente un modello di fondazione sportiva complesso che non sia solo luogo di attività fisica e progresso agonistico, ma centro di vita della città. Un modello che, a ben vedere, è decisamente vicino a quello immaginato da Marcantonio Bentegodi, di cui quest’anno si celebra il 150esimo anniversario della scomparsa.

«Bentegodi – spiega Pasetto – aveva in mente uno sport che fosse benessere sociale, accessibile a tutti e proprio questo dobbiamo essere. Dopo la pandemia che ci ha portati al distanziamento anche nell’attività fisica e ha messo a dura prova i legami interpersonali, ma anche in tempi nei quali le tecnologie sembrano allontanare i ragazzi e calarli in una realtà che di fisico ha poco: lo sport può ricucire questi tessuti strappati.»

Lo stemma della Fondazione Bentegodi


Facile immaginare che già sia complesso gestire una fondazione sportiva con dodici discipline e 2400 iscritti, facendo in modo che regali soddisfazioni agonistiche: c’è davvero margine per un impegno, diciamo educativo?

«Non sono cose slegate. Il percorso che porta ai risultati agonistici premia l’impegno, ma porta con sé il benessere psicofisico e lo spirito di passione collettiva.  Non si possano più produrre campioni senza un ambiente sano che coinvolga tutti. Dobbiamo essere l’opposto di un certo orribile passato di campioni costruiti in laboratorio. Quello non era sport.»

C’è però il tema della città, delle famiglie e dei giovani stessi sui quali spesso grava il sospetto di una scarsa propensione all’impegno…

«La Fondazione Bentegodi conta 12 discipline, che vanno dalla pesistica, agli sport acquatici, all’atletica al tennistavolo, in tutto gli iscritti sono quasi 2500. Sono numeri che già raccontano di una grande partecipazione, ma quando nei corridoi del Palazzetto di via Trainotti incrocio, tanto per fare un esempio, le bambine della ginnastica ritmica che dopo la scuola si ritrovano qui, pranzano insieme, ridono e scherzano unite da una passione comune, ho la prova che si può fare tantissimo.

Le famiglie già credono nei nostri valori, ma dobbiamo ancora di più coinvolgere e dimostrare loro che Bentegodi è un’estensione dei valori famigliari, fatti di rispetto, sostegno reciproco e fiducia.»

Però le cronache riportano periodicamente episodi di realtà sportiva in altre città, dove i rapporti tra allenatori e giovani atleti sono ben poco improntati al rispetto..

«Quando si entra alla Bentegodi, ben esposto nella bacheca, si trova un lungo e articolato codice etico, ma andiamo anche oltre e si tratta di una vera e propria cultura delle sport che finisce per contagiare positivamente tutti: ad esempio, abbiamo avviato corsi di attività fisica per gli ultra sessantenni.  Sembra una cosa avulsa dall’attività di una società sportiva, ma non è così. Si tratta di concepire lo sport come strumento per stare bene, nel fisico e nella psiche.

Uno strumento, come voleva Marcantonio Bentegodi, a disposizione di tutti, senza differenze.
Per quanto riguarda il coinvolgimento della città, posso anticipare che stiamo progettando in apertura della stagione autunnale un grande evento aperto alla cittadinanza, durante il quale la Fondazione Bentegodi racconterà la propria attività e si aprirà quasi fisicamente alla città, facendo conoscere i suoi protagonisti. Che non sono altro che normali ragazzi, che semplicemente colgono i frutti di un impegno che tutti possono profondere.»

Il presidente della Fondazione Bentegodi Giorgio Pasetto

Volendo insistere su qualche tema critico, si potrebbe parlare di una certa tendenza alla discriminazione di genere che permea molti ambienti sportivi..

«Posso dire che in Bentegodi parlano i fatti. Uno fra tutti: a portare alta la tradizione della pesistica , quindi una disciplina classicamente attribuita agli uomini, è una ragazza, Celine Ludovica Delia, tra l’altro dotata di una aspetto fisico armonioso e gentile che mai farebbe pensare alla sua capacità di sollevare  110 kg.

Ma se poi parliamo di risultati agonistici, che sono la prova dell’attenzione riposta nella loro attività da parte dei nostri tecnici, cito anche l’atletica, con Matilde Prati che ormai ci ha abituati ai suoi titoli italiani juniores.»

Vedremo in futuro bentegodini alle Olimpiadi?

«Mi auguro prima o poi di vedere campioni olimpici che si sono formati nella Bentegodi. Giustamente a certi livelli lo sport diventa professionismo ed è quindi naturale che si passi nelle file, ad esempio, delle squadre che fanno capo all’Esercito o alle forze dell’ordine. Ma questo vuol semplicemente dire che noi assolviamo bene al nostro ruolo di far conoscere e diffondere l’attività sportiva.

Siamo forse l’unica Fondazione sportiva comunale in Italia: non si tratta di un titolo formale, ma di una sostanza importante, perché significa essere al servizio della cittadinanza. Torno a dire che prossimamente la Bentegodi dovrà diventare il luogo dove tutti, dai bambini agli anziani, possano coltivare il benessere.»

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