Aperto il sipario siamo in un aula scolastica, il palco è come rigonfiato. Subito mi sono chiesto che cosa ci fosse sotto. Le due protagoniste portano in scena una storia controversa di bullismo; cercano di lanciarsi addosso la responsabilità di ciò che è accaduto. Di chi è la colpa? Il finale forse dà una direzione. Di certo, la cosa che rigonfia il pavimento e rende impervio il camminare tra banchi di scuola pendenti sta sotto e fa male: ai ragazzi, ai genitori, agli insegnati, a tutti noi.

Alberto, 23 anni, studente di Architettura

Un piano inclinato, due attrici, un tema estremamente interessante. Questi i presupposti dello spettacolo. Ho trovato la scrittura non sempre convincente, non sempre efficace, mentre mi chiedevo quando mi sarei emozionata, con un argomento potente come quello della responsabilità degli adulti sul dolore dei giovani. Ho trovato bravissima l’attrice che interpreta l’insegnante, Arianna Scommegna, misurata, dolorosa, credibile. Francesca, 28 anni, psicologa

Lo spettacolo tratta un tema molto delicato: il suicidio di un ragazzino.
Proprio per la complessità dell’argomento credo che il testo sia stato trattato in maniera abbastanza superficiale, rendendo più difficile per lo spettatore riuscire a immedesimarsi nella storia. Invece la scenografia posta su un piano inclinato, a creare la forma di una collina, è davvero interessante perché nonostante l’ambientazione sia quella di una classe di bambini, riesce a trasmettere un sentimento di scomodità e inquietudine che aiuta a riempire alcune lacune presenti nel testo.
Maria, 22 anni, illustratrice

Uno spettacolo che tratta di un tema molto forte, in maniera molto forte. Ho trovato meno introspezione di quanto pensassi, ma in alcuni momenti sono comunque riuscito ad attaccarmici emotivamente. Penso che si potesse trarre di più da un tema simile, magari qualche altro spettatore sarà riuscito a portarsi via qualcosa in più di me. Piacevole, ma lascia un po’ di amaro in bocca.
Pietro, 20 anni, studente di scienze e tecnologie per l’ambiente

Il ticchettio di un orologio accompagna inesorabilmente lo spettatore nel confronto serrato tra una madre e una docente, tra le colpe e i rimorsi, tra la tragedia di una società sempre più violenta e sempre con meno ragione. Un testo straniero che necessita forse di un filtro per portare una storia americana in un teatro europeo, ma che non può non farci guardare una realtà scomoda e a volte taciuta. Carlo, 27 anni, studente di filosofia

C’è il nodo della trama, ma annodato è anche il conflitto/rispecchiamento fra due donne, una madre e un’insegnante a confronto. Annodato (e annodante) è il rapporto tra la verità e la menzogna, i luoghi comuni e la complessità dell’esistenza. Mi ha colpito che il punto dello spettacolo non fosse snodare il nodo (o risolvere la trama), ma stare nella difficoltà senza cedere alla soluzione facile: quella di tagliare il filo, come troppo spesso abbiamo voglia di fare.

Veronica, 28 anni, insegnante