Il torneo di Umag in Croazia non è uno dei principali eventi tennistici dell’anno. Classificato di quarta categoria (assegna 250 punti al vincitore), è notoriamente l’ultima occasione per gli amanti della terra prima della lunga trasferta sulle superfici in cemento d’oltre oceano. Molto amato dai tennisti italiani per la vicinanza geografica e per una nutrita presenza di tifosi nostrani sulle tribune, negli ultimi trent’anni ci ha visto protagonisti in maniera piuttosto sporadica. Nell’albo d’oro spiccano un successo di Fabio Fognini nel 2013, uno di Marco Cecchinato nel 2018, qualche buon risultato di Filippo Volandri (doppia finale nel 2003 e 2004) e poco altro.

Umag 2022, un torneo a tinte azzurre

L’edizione di quest’anno, viceversa, ha visto i tennisti italiani assoluti protagonisti. Jannik Sinner ha vinto il Championship surclassando il vincitore della passata edizione Carlos Alcaraz in una finale tra predestinati che potrà diventare una sfida classica per almeno la prossima decade. Ne parleremo più avanti in quanto la prestazione dell’altoatesino merita un capitolo a parte.

Se la vittoria di Sinner non era pronosticabile alla vigilia, ma nemmeno può essere considerato un risultato a sorpresa, ha del clamoroso la performance complessiva della pattuglia azzurra presente in tabellone. Giulio Zeppieri è andato vicinissimo a battere Alcaraz in semifinale. A lui vanno i principali elogi per la qualità di gioco espressa e per l’atteggiamento in campo. Mai in soggezione contro un avversario più quotato e di grande carisma, si può dire che non l’ha persa Giulio, l’ha vinta Alcaraz e questo è sempre un segnale ben augurante nel tennis. L’atleta laziale è un 2001 dalle qualità indiscusse. Ora è numero 136 del mondo, ma non è del tutto azzardato pensarlo dentro ai primi 100 tra pochi mesi.

Franco Agamenone, se vogliamo, è stato una sorpresa ancora maggiore. Nato nel 1993 in Argentina, il nativo di Rio Cuarto, ha attraversato in passato momenti bui (squalifica per un diuretico) e fornito prestazioni non da ricordare tra i vari Futures del circuito, incapace di accedere al tabellone principale dei tornei di maggior rilievo. A Umag però, l’italo-argentino ha vissuto la settimana d’oro della propria carriera, in primis battendo il terraiolo Marco Cecchinato, a sua volta giustiziere di un Lorenzo Musetti stanco dalle fatiche e dalla vittoria di Amburgo.

Se nel tabellone singolare, gli italiani hanno conseguito successi straordinari, non sono stati da meno i nostri Fabio Fognini e Simone Bolelli, vincitori del doppio. La coppia, che si sta dedicando alla disciplina anche in possibile ottica Coppa Davis, ha vinto il torneo dopo averlo sostanzialmente quasi perso. I sette match point annullati in finale non saranno record assoluto, ma rimangono un’impresa eccezionale.

Sinner e Alcaraz, cresce una rivalità per gli anni a venire

La finale del singolare disputata domenica 31 luglio ha offerto moltissimi spunti.
Innanzitutto c’era grande curiosità per vedere all’opera uno contro l’altro i due più grandi talenti emergenti del tennis mondiale. D’altra parte, il tennis è in una fase in cui ormai prevale la consapevolezza che i tempi dei Nadal, Djokovic e Federer stanno per finire, e c’è, dunque, un esagerato bisogno di nuovi personaggi e grandi campioni.

In secondo luogo, dal fronte italiano, c’era grande attesa per capire quanto l’altoatesino avrebbe saputo opporre resistenza contro l’attuale numero 4 del mondo, cresciuto più in fretta di Jannik, grazie a prestazioni quasi fameliche e ad una maggiore maturità fisica.
La vittoria di Sinner a Wimbledon proprio contro Alcaraz era stata quasi derubricata a caso isolato, data la superficie non convenzionale. Il timore era che l’atleta spagnolo su cemento o terra potesse avere dalla sua vantaggi tecnici e fisici rilevanti. E, diciamolo, la stagione fin qui aveva dimostrato esattamente questo.

Va però detto che la critica italiana è stata eccessivamente severa con Sinner. Da lui si è voluto tutto e subito fin dai suoi esordi nel circuito maggiore. Invece bisogna considerare che e caratteristiche fisiche di Alcaraz non sono paragonabile a quella di Sinner. I percorsi di sviluppo non possono essere messi a confronto. Gli stessi Nadal e Federer, pur nell’assoluta eccellenza a cui sono giunti nel loro lunghissimo prime di carriera, non hanno seguito strade sovrapponibili. I bilanci si sono fatti subito, troppo frettolosamente, mentre dovranno essere fatti tra vent’anni. Ora bisogna curare il talento, affinarlo, non disperderlo per eccessiva premura.

Ciò detto, in ogni caso, la finale di Umag era attesa da tutti con trepidazione.
Jannik Sinner ha vinto, meglio: ha stravinto. Pur perdendo il primo set al tie-break, il nostro portacolori non è mai sembrato fuori partita e, pur lasciando il primo parziale all’avversario, ha dimostrato una maturità tecnica, fisica e mentale da grande campione.
Ha dominato i successivi set con un doppio 6-1, annullando sei palle break nel momento cruciale della gara e ha surclassato Alcaraz al servizio (non certo la specialità della casa), negli spostamenti, nella dirompente fisicità, misto di forza e intensità mentale, che ha saputo mettere in campo.

Questa finale è il primo atto di una saga che durerà ancora a lungo. Questi due fenomeni promettono di rincorrersi l’un l’altro, di superarsi di volta in volta a seconda degli stati di forma o di contesti più o meno favorevoli.
La sensazione più bella però, e che in tanti avevano messo in discussione, è che Sinner e il suo rinnovato team si stiano prendendo cura del talento nel modo migliore, rispettando i tempi e provando a sviluppare un gioco non più monocorde, come, viceversa, è sembrato quello di Alcaraz ad Umag.

Lorenzo Musetti in una pausa di allenamento – fonte: profilo facebook di Lorenzo Musetti

Dietro Sinner c’è un movimento tennistico mai visto prima

Ai tempi d’oro dello sci si parlava di “valanga azzurra” quando in Coppa del Mondo le gare venivano monopolizzate dagli atleti azzurri. Altri tempi, caratterizzati da poche scuole d’eccellenza. Il tennis, viceversa, è sempre stato incredibilmente competitivo a tutte le latitudini e per le singole nazionali non è mai stato facile dominare un periodo o una stagione.

La sensazione, invece, è che l’Italia si stia preparando a dominare il panorama del tennis maschile, una volta archiviata l’epopea dei Big Three. Detto delle potenzialità da numero uno di Sinner, Matteo Berrettini non è da meno, se saprà stare lontano dagli infortuni. L’atleta romano è il migliore nel circuito sull’erba e quello che ha la percentuale di punti conquistati sulla prima di servizio più alta. Manca forse di un rovescio di vertice, ma ha colpi da campione e può puntare a vincere degli slam su tutte le superfici.

Se pensiamo ai tempi bui degli anni Novanta e Duemila, ci sarebbe da essere soddisfatti così, ma la realtà è ben più entusiasmante. Dai senatori più famosi non è realistico chiedere ancora molto. Fabio Fognini, per sua stessa ammissione, è a fine corsa, ma saprà ancora realizzare qualche “canto del cigno”. Andreas Seppi, ormai fuori dai primi cento del mondo, può solo salutare e ricevere applausi a scena aperta per una carriera encomiabile. Sono però solo alcuni dei tanti giocatori che, da sotto, possono realizzare il salto di qualità.

Lorenzo Musetti è già un atleta di vertice. Gli manca continuità, ma ha colpi da primo della classe. Specie sulla terra rossa può battere chiunque e lo ha dimostrato la settimana scorsa aggiudicandosi un “500” di assoluto prestigio come Amburgo. Lorenzo Sonego si è un po’ perso negli ultimi dodici mesi, ma rimane in ogni caso un atleta di grande carattere e con gli attributi per riuscire a stare ancora tra i primi trenta della classifica. Oltre a loro, sono 14 gli italiani che si collocano tra la posizione numero 100 e la 200 del ranking mondiale. Di questi il 50% ha meno di 22 anni ed è in forte ascesa, vedasi lo stesso Zeppieri.

Sono numeri paragonabili solo a quelli messi in campo dagli Stati Uniti, ma con un bacino di reclutamento ben inferiore. L’età dell’oro è già ora, ma il futuro potrà essere ancora migliore.

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