Scrivere di famiglia non è un’idea originale, ma forse corrisponde a un naturale bisogno di mettere in fila ricordi ed esperienze, quando non tristezze e abusi. Invece Veronica Raimo ci consegna nel suo Niente di vero (Einaudi, 2022) una narrazione ad andamento rapsodico che non contempla ricordi ordinati in senso temporale, piuttosto legati a temi, momenti e persone.

Quanto di più distante dal Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, come se l’autrice avesse voluto accuratamente evitare la retorica dei “bei momenti insieme”, la malinconia e la gioia delle great family reunion. Qua e là ritmano il testo “Siamo al paradosso” del padre e “Francesca al telefono”, la madre, ma la parte affettivo-lessicale finisce qui.

Gli spigoli di una famiglia quasi ordinaria

Ne risulta un racconto spigoloso, talvolta venato di cinismo, occasionalmente comico, della sua o di una generica qualunque famiglia. L’ambiguità comincia dal titolo, che allude a uno dei nomi dell’autrice, tra cui ne figurano altri: Verika, Oca, Scarafona, Smilzi e Vero, appunto. Non sono risparmiati, anzi meticolosamente descritti, gli aspetti più intimi dell’iniziazione sessuale, dell’insonnia molesta, delle difficili produzioni corporali in bagno.

Ci si perde poi nei meandri dell’appartamento di sessanta metri quadri, suddiviso in piccolissimi ambienti dal talento paterno di interior designer. La casa finisce per essere occasione e teatro di noiosi giochi ripetitivi con il fratello, in cui barare è la sola prodezza possibile. Nell’infanzia della narratrice non ci sono neppure giochi in cortile, corse in bicicletta (impara ad andarci a trentacinque anni) o nuotate in piscina, a causa del parentale timore di malattie e microbi.

In età adulta, grande spazio se lo prende la madre con la sua ansia, capace di localizzare i figli in ogni dove, non di rado importunando anche amici e conoscenti. Ne consegue che il desiderio di fuga venga coltivato e messo rocambolescamente in atto, ma l’esito è pressoché scontato.

Verità, bugie e ironia

Niente di vero, di Veronica Raimo, Einaudi 2022.

Quale idea di famiglia emerge dal racconto? Una come tante, con nevrosi e limiti ma non particolarmente disfunzionale, non ci sono grandi carenze affettive e le imposizioni autoritarie sono giustificate dalla lettura tragicomica di un’adulta che sovverte l’idea di memoir, facendone un racconto godibile, sebbene spietato.

È un pretesto semmai per parlare di società, di ruoli, di verità e bugie e della necessità di andare oltre le piccole grandi ingiustizie quotidiane, magari con ironia. Con Niente di vero, Veronica Raimo ha vinto la IX edizione del Premio Strega Giovani. Non è alla sua prima prova di scrittura, infatti questo romanzo è stato preceduto da altri due: Il dolore secondo Matteo (Minimumfax, 2007) e Tutte le feste di domani (Rizzzoli, 2013). Suoi racconti sono stati pubblicati su diverse antologie e riviste. Raimo si occupa anche di traduzione dall’inglese e ha co-sceneggiato il film “Bella addormentata” di Marco Bellocchio. 

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