Quando il 14 novembre del 1951 il Po uscì dagli argini tra Canaro e Occhiobello iniziò la tragedia del Polesine.

Per undici giorni consecutivi le acque del più grande fiume italiano dilagarono incontrastate, sommergendo centomila ettari di territorio.

Oltre la metà dell’intera superficie della provincia di Rovigo si ritrovò coperta dalle acque fangose, su cui galleggiavano carcasse di animali e quanto la potenza delle acque aveva strappato da case e suolo.

Soccorsi agli alluvionati a Grignano Polesine, 17 novembre 1951 ©Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

Quella catastrofe naturale, senza precedenti, fu una tragedia umana e ambientale che causò un centinaio di morti e costrinse all’esodo 180 mila persone.

La solidarietà al Polesine

E come sempre accade nel nostro Paese, anche allora l’Italia intera si mobilitò in aiuto delle popolazioni così tragicamente segnate dalla catastrofe.

I rivali su due ruote Fausto Coppi e “Ginettaccio” Bartali giocarono insieme a San Siro una partita di calcio organizzata per raccogliere fondi; la Rai organizzò una “catena della fraternità”, promossa da Vittorio Veltroni, padre di Walter, che fruttò la raccolta di un miliardo e mezzo di lire.

Esemplare fu anche l’azione svolta da Lina Merlin, prima donna a venire eletta in Senato (per il Psi) nel 1948, che raggiunse Adria il 16 novembre per coordinare i soccorsi e dare una mano in prima persona, compresa la scelta di passare di casa in casa a bordo di un’imbarcazione per distribuire cibo, farmaci e vestiario.

Ma da una catastrofe come questa può derivare anche qualcosa di positivo?

L’interrogativo è alla base della mostra «70 anni dopo. La Grande Alluvione» promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, e curata da Francesco Jori, in programma a Rovigo a Palazzo Roncale sino al 30 gennaio prossimi (dal lunedì al venerdì 9-19, domenica e festivi 9-20, ingresso gratuito, info www.palazzoroverella.com).

«Ricordare oggi quell’evento, a settant’anni di distanza, è un dovere sociale», ha affermato Gilberto Muraro, presidente della Fondazione. «Non tanto, o non solo, per ripercorre una cronaca che si è fatta storia, ma per capirne la genesi, ciò che nel tempo ha condotto a quei terribili giorni. Per riflettere, nell’oggi, sull’eterna e disattesa urgenza di rispettare i fiumi e l’ambiente.

Ed è anche occasione», ha proseguito il presidente, «per capire, mentre i testimoni diretti dell’evento diventano sempre più rari, cosa di esso sia rimasto nel dna personale e sociale dei polesani, di quelli che hanno continuato a vivere in Polesine e dei polesani costretti a nascere e crescere altrove. Per i quali la Grande Alluvione è un brano importante della storia familiare, ancora presente ma fatalmente destinato ad evaporare generazione dopo generazione».

Un fotoreporter con la sua macchina fotografica cammina nell’acqua durante l’alluvione nelle campagne del Polesine; alle sue spalle in lontananza un operatore con cinepresa, 17 novembre 1951 ©Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

Già le prime cronache di chi arrivò subito dopo il 14 novembre 1951 raccontano di una straordinaria capacità di resistenza delle persone coinvolte, a tutti i livelli.

La mostra curata da Francesco Jori

«È emblematico che una ricostruzione, originariamente prevista sull’arco di un paio d’anni, sia stata completata in soli sei mesi», ricorda Francesco Jori, curatore della mostra. «Ma la ripartenza non si è esaurita nel medicare le ferite e ricucire gli strappi: da lì, progressivamente, si è messa in moto la rinascita di un Polesine», prosegue Iori, «deciso a non farsi più condizionare dalla natura e che oggi sta trovando una sua via originale di sviluppo, ritagliandosi un ruolo specifico nel contesto veneto e nazionale. Uno sforzo premiato anche dalle statistiche: in avvio del terzo millennio, gli indicatori economici hanno documentato l’allineamento del rodigino alla modernità».

Le 140 foto poste in mostra raccontano i giorni dell’alluvione con una forza comunicativa incredibile.

Come quella del fotoreporter che con la sua macchina fotografica cammina nell’acqua durante l’alluvione nelle campagne del Polesine, in cerca dello scatto per raccontare sulla carta stampata il dramma dell’evento, oppure quella con due uomini a bordo di un mezzo di soccorso improvvisato.

Allestimento di una passatoia di fortuna, a Sant’Apollinare, una frazione di Rovigo, nei giorni dell’alluvione del Polesine, 2 dicembre 1951 ©Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

Ma anche immagini contemporanee che ci invitano a osservare il territorio e le modifiche operate dall’uomo e che celebrano le meraviglie naturali del Polesine.

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