La rassegna jazz del Teatro Ristori si affida alla densità artistica di un nume tutelare della produzione musicale italiana: “Amore che vai. Fabrizio De Andrè: le donne e altre storie” è infatti il titolo dell’appuntamento di domani sera, alle ore 20, con cui si apre il cartellone 2021-22 per il repertorio jazzistico.

L’omaggio a Faber è un vero e proprio progetto artistico che coinvolge sette artisti e artiste, a partire dalla voce inconfondibile, espressiva e coinvolgente di Cristina Donà, mentre al pianoforte si esprimerà il grande talento di Rita Marcotulli. Accanto a loro ci saranno Fabrizio Bosso alla tromba, Javier Girotto al sax, Saverio Lanza alle chitarre e Cristiano Calcagnile alla batteria e percussioni. Nomi da tutto esaurito non solo per gli amanti del repertorio del cantautore genovese: l’ensemble promette un coinvolgimento musicale di primordine e si prefigura come un evento memorabile dell’autunno veronese.

L’appuntamento ha vissuto diversi spostamenti lo scorso anno a causa delle disposizioni ministeriali dovute alla pandemia. Per Cristina Donà si tratta dell’approdo di un percorso iniziato nel 2016, anno in cui ricevette all’Auditorium Parco della Musica di Roma il Premio De Andrè per le sue interpretazioni di alcuni brani di Faber. Per la cantautrice è «un modo per dire grazie al suo gigantesco e significativo patrimonio umano che andrebbe studiato nelle scuole, un’occasione per rivivere le sue donne: sante, prostitute, martiri, schiave di una vita di sacrifici e riscattate nelle sue parole», come si legge nel suo post Facebook in cui segnala l’imminente concerto.

La cantautrice Cristina Donà

Attesa anche per sentire come gli artisti coinvolti daranno voce al racconto musicale: che tessuto intreccerà Rita Marcotulli con le sue dita sulla tastiera è una domanda che vale già da sola la scelta di andare domani sera a teatro. Carriera di grande qualità, con più di un occhio anche a progetti più pop, è pure compositrice di colonne sonore – sua la musica di Basilicata coast to coast, per la quale ha ricevuto il Ciak d’oro nel 2010, poi il Nastro d’argento, l’anno seguente il David di Donatello come miglior musicista (ed è la prima donna a riceverlo) e il Premio Top Jazz come migliore artista jazz italiana secondo la rivista Musica Jazz.

Si esibisce al festival di Sanremo (nel 1996 insieme con la leggenda Pat Metheny) e fa parte nel 2013 anche della giuria di qualità, nell’edizione condotta da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, mentre nel 2018 si presenta sul palco per suonare con Max Gazzè e il batterista Roberto Gatto. Forse il brano in concorso non è dei migliori per il buon Max (“La leggenda di Cristalda e Pizzomunno”), ma il contributo dei due jazzisti in supporto al concorrente testimonia che se “sono solo canzonette” le si può comunque suonare al meglio.

Non servirebbero parole per Fabrizio Bosso, generoso trombettista e prolifico anche nelle collaborazioni. Il suo linguaggio sensibile e l’attenzione che presta all’equilibrio musicale lo distinguono nelle esecuzioni. Ricco sul piano della melodia, unisce la tradizione della musicalità italiana alla ricerca, specie di ispirazione afroamericana.

Presiede le percussioni di questo progetto musicale Cristiano Calcagnile, la cui preparazione spazia dall’improvvisazione al pop, dalla musica d’autore all’elettronica e il rock. Numerose le collaborazioni – Simona Zavalloni, Stefano Bollani, Peppe Servillo, per dirne alcuni – e dal 1997 inizia un sodalizio, ancora in corso, con Cristina Donà.

E con Donà ha un legame anche Saverio Lanza – musicista, autore, arrangiatore, produttore artistico –: nel 2015 vincono insieme il Premio Tenco, Lanza in qualità di autore per “Il senso delle cose”, brano contenuto nell’album di Donà Così vicini. Ma la sua carriera conta tra le altre cose anche due dischi incisi da solista (Ce l’hai una sigaretta? Del 2004 e Madrelingua, del 2007, progetto in cui fa cantare delle madri migranti); con il fratello Marco fonda anche Pastis, un progetto di videoarte, con cui partecipa a mostre nazionali e internazionali.

Completa l’ensemble Javier Edgardo Girotto, originario di Cordoba e trasferito a Roma all’età di 25 anni. Dal 2009 al 2011 occupa la cattedra jazz del Conservatorio Santa Cecilia, subito dopo inizia l’avventura discografica inaugurando la “JG records”, incidendo 50 dischi come leader e proprie composizioni, mentre collabora a più di 150 album. Sassofonista e flautista, ha fatto parte del quintetto di Roberto Gatto e con Marcotulli ha realizzato alcuni progetti musicali. E da più di 25 anni è fondatore degli Aires Tango, gruppo che ha all’attivo 12 album e ha in Astor Piazzolla il modello musicale e culturale, per la sua capacità di integrare in modo geniale influenze jazz nel tessuto tradizionale della musica popolare.

Per informazioni, www.teatroristori.org.

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