La tensione dialettica o, forse meglio, lโ€™antinomica conflittualitร  tra due forze contrastanti, ma parimenti soggiacenti alla visione greca del mondo, costituisce il cuore di un celeberrimo saggio di Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia, che vide la luce nel 1872 con il titolo completo La nascita della tragedia dallo spirito delยญla musica, e fu ulteriormente riproposta nel 1886 con il titolo attuale e il sottotitolo Ovvero grecitร  e pessimismo. Non intendo qui concentrarmi sullโ€™opera di Nietzsche, sulla cui genesi, nonchรฉ su caratteristiche e conseguenti polemiche, sono stati scritti saggi e introduzioni di grande valore. Il mio intento รจ invece quello di soffermarmi su alcuni aspetti culturali connessi con quel saggio e sulla sua particolare natura, che ancor oggi non cessa, a distanza di oltre un secolo e mezzo, di esercitare un fascino e un influsso che nessunโ€™altra opera di quellโ€™epoca รจ in grado di suscitare. Basti solo ricordare lo sconcerto dei custodi del tempio che ne furono colpiti e scandalizzati, e che perรฒ con chiarezza ยซcapirono almeno che la scienza ufficiale era in pericolo, che quelli erano modi illeciti, contro il galateo, di trattare lโ€™antichitร .[1]ยป.

Innanzi tutto Nietzsche attribuisce la nascita della piรน complessa forma poetica prodotta dai Greci allโ€™opposizione fertile fra due forze che egli riconduce a due divinitร : Apollo, il dio del ฮšฯŒฯƒฮผฮฟฯ‚ Kosmos, fondatore e custode dellโ€™urbana dimensione delle relazioni, dellโ€™armonia e delle arti, intese come organiche strutture regolate da precise norme, e Dioniso, il dio del ฮงฮฌฮฟฯ‚ Chaos e dellโ€™ebbrezยญza, del vino e dello smarrimento di sรฉ, dellโ€™uscita fuori le mura della cittร  e del vagare sciolti da ogni pudore tra le forre boschive e i valloni abitati da cerbiatti e pantere. Ad Apollo sciolgono i propri canti i soldati vittoriosi, a Dioniso inneggiano le donne in preda ad estasi trasgressive e inquietanti.

E dunque, secondo Nietzsche, i due princรฌpi Apollineo e Dionisiaco, incontrandosi nellโ€™anima greca attica, quella di Atene in particolare, avrebยญbero dato vita alla tragedia. In quel saggio la filologia classica dellโ€™Ottocento, ancorata ai dati rigorosi del documento e solidamente fondata sulla โ€œrealtร โ€ dei fatti, allโ€™improvviso e tra lo stesso disorientamento degli addetti ai lavori, esprime uno scatto ermeneutico che orienta lโ€™attenzione a una dimensione che oggi possiamo dire di natura โ€œantropologicaโ€, ancorchรฉ permeata di suggestioni filosofiche, ma che a quel tempo non si poteva definire come tale, perchรฉ estranea allโ€™orizzonte accademico e culturale.

ยซPer accostarci di piรน a quei due impulsi, immaginiamoli innanzitutto come i mondi artistici separati del sogno e dellโ€™ebbrezza; fra questi fenomeni fisiologici si puรฒ notare un contrasto corrispondente a quello fra lโ€™apollineo e il dionisiaco.[2]ยป. Questa frase, come molte altre di quel saggio, segna un passaggio definitivo nella storia della Filologia Classica e fissa lโ€™uscita dal terreno sicuro, ma monotono e arido, della ricerca quantitativa caratterizzata da storia della tradizione e critica testuale, verso unโ€™esigenza superiore di interpretazione, fondata su una piรน profonda e partecipata intesa concettuale, su un supplemento dโ€™anima capace di vedere e comprendere oltre, piรน che di constatare e conoscere qui e ora.

Tutti gli studiosi sottolineano come La nascita della tragedia segni di fatto il passaggio di Nietzsche dalla filologia alla filosofia. Ma credo che se questa interpretazione puรฒ dar conto della evoluzione spirituale del filosofo, in realtร  non metta in luce il profondo valore di questโ€™opera come โ€œgrido estremoโ€ di una disciplina che, trasformata in scienza nel corso di un secolo, desiderava ritornare (e desidera restare) sul suo terreno naturale, quello della esplorazione profonda dello spirito di una cultura, del suo genius loci et temporis.

E dunque, grazie a questโ€™opera, due princรฌpi teorici, potremmo perfino dire due condizioni simboliche, sono diventati due valori dialettici e sono entrati a far parte delle categorie ermeneutiche mediante le quali ancor oggi, noi epigoni frastornati dal silenzioso e pervasivo paradigma digitale, cerchiamo di cogliere i segnali, le onde emozionali, che dallโ€™abisso del tempo ancora lancia la civiltร  greca. Si badi bene tuttavia che la conflittualitร  fertile fra questi due poli della natura umana, non รจ schematica e priva di sfumature.

รˆ pur vero che Apollo viene connesso alle due grandi massime iscritte sul frontone del tempio a lui sacro in Delfi, ovvero

ฮœฮทฮดแฝฒฮฝ แผ„ฮณฮฑฮฝ

in latino nequid nimis, ovvero โ€œNulla di troppoโ€

e

ฮ“ฮฝแฟถฮธฮน ฯƒฮตฮฑฯ…ฯ„ฯŒฮฝ

nosce te ipsum,  ovvero โ€œConosci te stessoโ€.

Ma sbaglierebbe chi pensasse che Dioniso fosse privo di saggezza e non fosse a sua volta capace e pronto a porsi come punto di riferimento per unโ€™etica del controllo e dellโ€™organica integrazione di forze diverse. In tale prospettiva la tragedia euripidea a lui dedicata, Le Baccanti, forse la piรน difficile sul piano esegetico di tutto il patrimonio tragico greco, se da un lato profila un Dioniso vendicativo e spietato, dallโ€™alยญtro introduce il principio che il disordine e la rottura delle regole possono configurarsi come una sapiente forma di liberazione e di accettazione del diverso

Apollo sul suo carro

Dioniso รจ per definizione il Dio della โ€œcontaminazioneโ€, รจ il dio che โ€œviene da fuoriโ€ e chiede di essere โ€œospitatoโ€. La civiltร  che lo accoglie รจ in grado di evolversi e trasformarsi, quella che lo rifiuta rischia la ฯƒฯ„ฮฌฯƒฮนฯ‚, stasis, termine di inquietante ambivalenza: deriva dalla radice โˆšฯƒฯ„ฮท/ฯƒฯ„ฮฑ, la stessa del latino sisto e del nostro โ€œstareโ€, quindi effettivamente, come intuitivamente appare dallโ€™immagine fonica, la โ€œstasiโ€, rinvia allโ€™idea del fermarsi e dello star fermi, e tuttavia perรฒ in greco ha assunto il valore molto piรน forte di โ€œcrisi, rivolta, conflittoโ€ a indicare la paralisi della vita civile conseguente alla lotta intestina tra fazioni avverse.

La ฮพฮตฮฝฮฏฮฑ xenรฌa, ovvero โ€œlโ€™accoglienzaโ€ di Dioniso, caratterizza tutta una serie di antichi miti nei quali sembra riflettersi la crisi di civiltร  pastorali travolte dallโ€™innovaยญzione dellโ€™agricoltura, rappresentata emblematicamente dalla coltivazione della vite e quindi dallโ€™introduzione di una nuova sconvolgente bevanda, il vino, provocatore di dissesto spirituale e logico.

Una interessante proiezione di questo conflitto vediamo nellโ€™Odissea, in particolare nellโ€™episodio del Ciclope, vinto da Odisseo, oltre che mediante lโ€™astuto espediente del nome, anche e soprattutto dalla superioritร  tecnologica. Il piccolo uomo, guerriero e agricoltore, conosce una bevanda che il gigante, pastore aduso al latte, ignora. Il vino che sconvolge la mente travolgerร  anche il crudele e selvaggio antropofago, incapace di controllarsi di fronte alla provocazione dellโ€™ebbrezza.

Dioniso ci appare quindi per definizione come un dio sfuggente a ogni inquadramento, il dio della diversitร  e del divenire.

Apollo รจ invece il dio del principium individuationis, dellโ€™essere, del definito e del luminoso. Egli, spesso identificato con il sole, รจ il dio della luce, della chiarezza e della scintillante certezza dellโ€™essere: ma anche Apollo, come Dioniso, ha un lato che appare in contrasto con la sua nitida figura. Apollo infatti, quando rilascia le sue profezie per bocca della sacerdotessa Pizia, รจ il ฮ›ฮฟฮพฮฏฮฑฯ‚ loxรฌas, โ€œlโ€™ambiguoโ€, colui che gioca con le parole e puรฒ ingannare chi non sa leggere bene dentro se stesso. Dioniso, dunque sovrano dellโ€™ebbrezza e del divenire; Apollo, signore del sogno e dellโ€™essere. Due dimensioni fra loro contrapposte, ma entrambe lontane dalla bruta realtร  delle cose, anche se fortemente connesse con la vita degli uomini. Apollo principe della luce, รจ anche signore della notturna visione onirica; Dioniso, dominatore della folle e sfrenata danza dei suoi devoti in preda allโ€™ebbrezza, รจ anche colui che sa riconfigurare il consorzio umano su nuovi e piรน avanzati equilibri.

E dunque secondo Friedrich Nietzsche la tragedia sarebbe nata da riti e pratiche nei quali trovavano esplicita realizzazione quelle forze che abbiamo descritto. Unโ€™intuizione prodigiosa, di bruciante efficacia che sconquassรฒ gli equilibri della filologia classica tedesca del secondo Ottocento e che segnรฒ il passaggio di quel giovane filologo dalla filologia alla filosofia, in modo definitivo. Dโ€™un balzo Nietzsche sostituรฌ le testimonianze storiche con le categorie del pensiero, diede unโ€™anima vibrante allโ€™analisi sincronica, intravedendo nelle pieghe della diacronia assetti dello spirito e non pratiche di routine.

Che dire di fronte a questa analisi, che pur attenta ad aspetti storici e antropologici, piรน di quanto in quellโ€™epoca si potesse comprendere, tuttavia rifiutava la ricostruzione storica documentale accademica e andava oltre per comprendere piรน a fondo la matrice artistica della tragedia? Nietzsche aveva visto molto lontano e aveva compreso che non bastano i dati e le categorie di quantitร  e numero per comprendere la realtร , ma sono necessarie la dimensione emozionale e la capacitร  di riconoscere le scaturigini profonde delle azioni umane.

In tal senso dobbiamo riconoscere nella Nascita della tragedia un ulteriore fondamentale contributo della cultura moderna nei confronti dellโ€™antico, a dimostrazione, ancora una volta, che solo riconoscendo dentro di noi lโ€™umano che ci connette allโ€™antico, questo antico riprende vita e acquista senso nella nostra realtร . ยซLโ€™antiยญchitร  doveva restare, appunto, qualcosa di antiquato, di inoffensivo, eventualmente edificante o illustrativo o retorico o dissezionato. Come si poteva permettere che diventasse qualcosa di ingombrante, di vivente, che non si puรฒ โ€˜storicizzareโ€™, cioรจ sterilizzare?[3]ยป . Questo lโ€™orizzonte di senso scardinato dal giovane promettente filologo di Basilea, sul quale si fiondarono gli strali indignati della piรน alta filologia accademia allora alla guida delle universitร  tedesche.

La Nascita della Tragedia, restituendo la tragedia greca alla vita vibrante dellโ€™aniยญma, in realtร  riportava alla contemporaneitร  e al futuro, rigenerata e sempre piรน irruenta, la forza travolgente dellโ€™inquietudine greca.


[1] La nascita della tragedia, a cura di Giorgio Colli, Piccola Biblioteca n. 48, Adelphi, Milano 1977. La frase รจ tratta dalla nota introduttiva di Giorgio Colli, p. XII

[2] La nascitaโ€ฆ p.  21.

[3] Ancora G. Colli La nascitaโ€ฆ.

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