«Mi piace perdermi nel colore e nelle sue infinite sfumature, nella forza e nell’armonia del colore,» Così, la giovane artista contemporanea Alice Voglino parla della sua produzione artistica.

Classe 1995, laureata con una tesi sull’energia e sull’emozione del colore alla scuola di pittura dell’accademia di Belle Arti di Verona, città in cui vive e in cui nel 2019 ha aperto il suo studio atelier. Appassionata di pittura fin da piccola, ha iniziato a esporre i suoi lavori a 18 anni a Innsbruck, in Austria, per poi approdare anche in diverse città italiane tra cui Verona, Mantova, Genova e Piacenza.

Se, etimologicamente, la parola “emozione” ha alla radice il mettere in moto, il movimento, l’anima nella pittura astratta dell’artista si incarna nella materia pittorica assumendo dimensione, corpo e voce. 

Alice, a proposito dei tuo dipingere tu scrivi del tuo lavoro: “Mi interessano le persone e la loro relazione con il mondo, persone intese come relazione di materia ed energia, di pensiero ed emozione […] il colore è il transfert per esprimermi […] mi porta a descrivere il mio sentire che diventa materia, l’invisibile che diventa visibile”. Quindi, quanto della forza e della potenza dell’espressionismo – penso in particolare ad Henry Matisse –  c’è nel tuo dipingere?

«Si, Henry Matisse mi è sempre piaciuto tanto! Il modo in cui utilizza il colore per descrivere le cose attraverso le emozioni mi appartiene da sempre, come anche la ricerca della luce per creare armonia. Un quadro che mi piace molto è “La Danza” per il movimento, il ritmo, le sensazioni provocate, la forza espressiva con pochi colori. Guardando questo quadri ci viene voglia di ballare e di unirci al ritmo dei ballerini, quasi come se si sentisse anche la musica.

Come nei dipinti ritagliati, ad esempio “Il covone”, anche a me piace molto la manipolazione della materia per ricercare luce, tridimensionalità e movimento nei mie lavori. Attualmente sto lavorando sulla tridimensionalità del colore. Sono ancora in fase di sperimentazione, ma presto avrò nuovi lavori da presentare che integrano il mio lavoro pittorico bidimensionale.»

È possibile, secondo te, essendo la tua arte astratta e in quanto tale liberata dalla forma e dai limiti che implicitamente essa impone, avvicinarla alla modalità espressiva di Jackson Pollock e all’Informale e alla rilevanza che in esso assume il gesto artistico più che non la figurazione?

«Non mi riconosco nella modalità espressiva di Pollock o nell’Informale, anche se apprezzo molto i lavori di questa corrente artistica. Per me il colore è una scelta precisa, intima, sentita prima di portarla su tela. I colori mi chiamano, mi dicono dove vogliono andare e che movimento vogliono avere sulla tela. Ricerco l’armonia finale e i colori a lavoro finito devono stare bene assieme, essere se stessi, ma uniti, forti e gentili nel catturare l’osservatore.»

L’energia che traspare dal tuo lavoro diventa atmosfera per rivitalizzare ambienti pubblici e privati. Cosa vuol dire per te trasformare la tua pittura in atmosfera entro la quale vivere la quotidianità?

«La pittura per me non esiste solo sulla tela, ma continua oltre. È come una magia che trasforma, vibrazioni di energia del colore che si diffondono e coinvolgono ogni cosa e favoriscono la formazione di pensieri positivi e la percezione delle emozioni. Questa è la mia intenzione quando dipingo e questo voglio trasmettere con la mia arte.»

Quale dinamica si instaura tra il tuo sentire, la tua arte e il committente che ti chiede di progettare insieme a te un ambiente?

«Per me è spontaneo andare all’essenza delle cose. Nei progetti penso che il mio lavoro sia creato proprio per quella specifica persona e cerco di mettere un po’ delle sue caratteristiche nel lavoro pittorico, senza perdere la mia arte. Finora è stato abbastanza facile.»

Il tuo lavoro si incardina sulla percezione della realtà e la tua arte si propone come un’esperienza multisensoriale che invita le persone ad entrare fisicamente nelle tue opere. Quanto è importante l’elemento autobiografico nel tuo lavoro?

«Io dipingo le mie sensazioni, quanto vivo attraverso me stessa. È il mio modo di raccontarmi. Il colore è il mezzo ideale che mi consente di riconoscere le sfumature delle mie emozioni, di essere libera di raccontarmi, conoscermi sempre meglio.

Ogni quadro è una parte di me: ho un rapporto fisico con il colore, io dipingo per terra e nelle tele grandi “ci entro dentro”. Il colore mi suggerisce dove andare, cosa fare, come muovermi, tanto che spesso mi sembra di essere il colore. L’armonia e la bellezza sono il risultato finale che ricerco per coinvolgere l’osservatore.»

L’artista Alice Voglino mentre dipinge

È in corso, prorogata fino al 20 aprile, l’esposizione “Nel buio la luce” la tua ricerca artistica ad un anno dall’inizio della pandemia. Quanto è stato importante dedicarsi all’arte nel vivere questa difficile comune esperienza?

«Molto importante per me. All’inizio è stato scioccante per me il lockdown: non poter uscire di casa con la paura di ammalarsi a causa di un qualcosa di invisibile, il pericolo era ovunque. Ho chiuso lo studio e mi sono portata a casa colori e carta. Appena possibile sono tornata in studio e ho iniziato a lavorare su tele grandi. Il colore mi ha aiutata a elaborare questa esperienza.

Il colore è sempre un mio alleato. Ho iniziato a dipingere le tele di nero, colore che non ha profondità, è piatto, chiuso, non consente di scappare, ci fa sentire indifesi. Dal nero, però, poco per volta sono comparsi gli altri colori, che sono diventati luce, forme e movimento libero. Colore che si espande fuori dalla tela.

Nell’esposizione “Nel buio la luce” le opere sono presentate senza telaio, per dare idea del movimento libero del colore che esce dalla tela e si diffonde attorno. Questo mi ha aiutata a riconoscere le mie emozioni e a ricercare equilibrio, armonia e bellezza da condividere.»

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