Le sfide al Bentegodi tra Verona e Juventus hanno tutte qualcosa da raccontare. L’ultima, la più recente nei ricordi gialloblù, è sicuramente quella dell’8 febbraio 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia, l’ultima gara giocata in uno stadio con il pubblico sugli spalti. In quella gelida serata invernale la formazione di Juric regalò una grandissima soddisfazione ai propri tifosi, battendo in rimonta i bianconeri con le reti di Borini e Pazzini (su rigore), dopo che la Juve era passata in vantaggio con un gol del solito Cristiano Ronaldo.

Ora, però, facciamo un triplo salto carpiato all’indietro, fino al 20 marzo 1977, una domenica, per aspetti calcistici e non solo, difficile da dimenticare. Quel giorno, ancora prima che le due squadre facessero la loro comparsa sul terreno di gioco, avvenne il “fattaccio”. Quando mancavano poco più di trenta minuti al fischio d’inizio del sig. Michelotti di Parma, un componente del personale di servizio, durante un normale controllo, sulla pista di atletica, dietro la porta di fronte alla curva sud, trovò una rudimentale bomba a mano. Rilevato che l’ordigno, non di grandi dimensioni, non era nemmeno di particolare pericolosità, si decise consapevolmente di coprirlo con uno dei giganteschi tappeti di gomma piuma utilizzati per il salto in alto, per farlo poi brillare una volta terminato il match, quando tutti oramai se n’erano già andati. La partita, nonostante questo imprevisto, potè quindi iniziare senza alcun intoppo, in perfetto orario.

Le emozioni, poi, non mancarono nemmeno sul campo di gioco. I gialloblù, guidati da Ferruccio Valcareggi schieravano : Superchi, Logozzo, Franzot; Busatta, Bachlechner, Negrisolo; Fiaschi, Mascetti, Petrini; Maddè, Zigoni. La formazione bianconera, al cui timone c’era Carlo Parola, rispondeva con la ben conosciuta “litania”: Zoff, Cuccureddu, Gentile; Furino, Morini, Scirea; Causio, Tardelli, Boninsegna; Benetti, Bettega. Sembrava una partita incanalata verso un pareggio a reti bianche che avrebbe accontentato entrambi quando, quasi allo scoccare del novantesimo, Gianfranco Zigoni, in uno dei suoi caratteristici caracollanti spunti, si involò sulla fascia sinistra e, giunto in prossimità della linea di fondo campo, mise in mezzo un pallone che la testa di Petrini spedì alle spalle di Zoff, facendo venir giù il Bentegodi. L’esultanza, tuttavia, venne subito ricacciata in gola da un fischio di Michelotti, secondo il quale il pallone calciato da Zigo aveva già oltrepassato la linea bianca. Per l’arbitro, peraltro, il fischio partì prima ancora prima che il pallone giungesse sulla testa di Petrini, tanto che Zoff – lo si nota anche nelle immagini mostrate quel giorno a “Novantesimo minuto” – a un certo punto rimase quasi su suoi passi, anzichè uscire.

Il mistero, però, rimane. La nuvola bianca alzatasi al momento del cross – a quei tempi le linee venivano fatte con il gesso – fece pensare che il pallone fosse ancora in campo. L’arbitrò, naturalmente, non tradendo il suo ben conosciuto carisma e la sua spiccata personalità, non mostrò alcun “pentimento” e rimase graniticamente fermo sulla sua decisione. Anzi, nel parapiglia finale che si scatenò, trovò anche il tempo di mostrare il cartellino rosso a Petrini e Cuccureddu, alterati più degli altri e rei di reciproche scorrettezze. Quella fatidica nuvoletta, nel frattempo, è rimasta scolpita nella leggenda. La verità, come spesso succede, non la sapremo mai.

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