“Heraldo”, con il prezioso supporto di Caterina Fratea, docente di Diritto Europeo dell’Università di Verona, ha voluto guardare dentro la “scatola” dell’Unione Europea, il cui contenuto talvolta risulta essere un po’ misterioso, al fine di capire meglio come funzionano le sue istituzioni, quali sono le sue competenze e in che modo si riflettono nella nostra vita di tutti i giorni.

Le principali istituzioni europee sono il Parlamento, per il quale spesso votiamo non con un’ottica propriamente europeista, quanto piuttosto per pesare il consenso nazionale delle varie formazioni politiche, la Commissione, composta da un commissario per ogni paese membro e che è il soggetto che più si avvicina a quello che si può definire il “governo della UE” e il Consiglio che raggruppa i Primi ministri dei Paesi membri. Queste tre istituzioni cooperano per l’adozione degli atti legislativi della UE. Atti legislativi che per la stragrande maggioranza sono proposti dalla Commissione, la quale è l’istituzione indipendente e in qualche modo super partes che deve fare l’interesse dell’Unione, e successivamente vagliati separatamente da Consiglio e Parlamento, con un processo di mediazione tra soggetti diversi portatori di diverse istanze, quelle dei cittadini per quanto riguarda il Parlamento e quelle dei Governi per quanto riguarda il Consiglio. Parlamento e Consiglio quindi svolgono un processo di mediazione per l’approvazione degli atti con percorsi che possono durare pure 2-3 anni. Questo processo di mediazione basato su quelli che sono chiamati nel linguaggio delle istituzioni democratiche “Pesi e Contrappesi” produce una legislazione che spesso e volentieri regola le nostre vite senza che ne siamo pienamente consapevoli. Conosciamo la legislazione europea spesso tramite le polemiche sovraniste che brandiscono i regolamenti sulle dimensioni delle vongole o delle verdure come arma polemica per descrivere la UE come un’arida organizzazione burocratica, ma in realtà la UE produce una legislazione in ambiti vastissimi che spesso e volentieri ha cambiato in meglio le nostre vite senza che ne siamo pienamente consapevoli. Le competenze della UE nel corso degli anni si sono ampliate molto e toccano parecchi ambiti della nostra esistenza, dal roaming che ci consente di telefonare dall’estero alla stessa tariffa che ci viene applicata in Italia, alla garanzia di due anni per i prodotti difettosi, alle tutele per i viaggiatori internazionali, al regolamento sulla protezione dei dati personali, al diritto di recesso da un contratto entro 14 giorni con raccomandata nel caso si cambi idea, al diritto di famiglia nel caso di separazioni fino all’e-commerce, l’UE ha legiferato con direttive immediatamente efficaci nella legislazione degli Stati in diversi ambiti.

Al di là dei grandi temi, ci sono molte ripercussioni assai pratiche nella vita di tutti i giorni che spesso e volentieri si danno per scontate ma che derivano dall’applicazione delle direttive comunitarie e sulle quali la comunicazione (e la polemica politica) non si sofferma, preferendo concentrarsi sugli aspetti più “caldi” e in grado di suscitare le reazioni più veementi.

Principale di questi temi è quello dell’immigrazione che la UE regola con il “Regolamento di Dublino”, che è nato come trattato negli anni Novanta, quando la UE non aveva competenze in termini di immigrazione e ora si trova alla sua terza versione. Nel 97 la UE ha acquisito queste competenze e il trattato è stato trasfuso entro un regolamento il quale è immediatamente applicabile, a differenza del trattato che per esserlo deve venire ratificato dai parlamenti nazionali. Il regolamento in realtà è uno strumento tecnico che serve a stabilire in quale stato il richiedente asilo deve presentare domanda di protezione e inizialmente ha avuto lo scopo di tutelare i migranti per evitare che le nazioni si rimpallassero la responsabilità della loro accoglienza. In realtà il criterio del “primo ingresso” per definire a chi spetta l’accoglienza del migrante gerarchicamente non sarebbe il principale, ma l’aumento della pressione migratoria ha fatto si che lo divenisse di fatto, mettendo il nostro paese nella scomoda posizione di essere l’approdo principale dei flussi migratori dall’Africa in ragione della sua conformazione geografica, non sempre adeguatamente supportato dai partner dell’Unione quando si è trattato di ripartire le quote di migranti. Limite che occorre oggettivamente ripensare.

Infine, quali possono essere le prospettive future per la UE, la quale ha garantito il più lungo periodo di pace della storia Europea, se pensiamo che solo tra il 1871 e il 1945 sul suo territorio furono combattute tre guerre di cui due mondiali? L’Unione Europea è un’organizzazione sovranazionale creata con dei trattati e a oggi non esiste alcun organismo sovranazionale al mondo che abbia poteri e un livello di integrazione maggiori dei suoi. La UE non nasce con il fine di creare un supersato federale tra i paesi che ne fanno parte, pertanto non ha mai avuto il fine di costruire una mitologia sulla quale basare il riconoscimento collettivo delle popolazioni che ne fanno parte. Testimonianza ne è il fallimento della “Costituzione Europea”, affondata proprio da uno degli stati fondatori e che della costituzione aveva poco, avendo più le caratteristiche di un trattato internazionale a cui era stato dato un nome evocativo e i cui contenuti sono stati per il 90% recepiti all’interno del successivo “Trattato di Lisbona”. È ragionevole pensare quindi che l’evoluzione della UE vada quindi verso una maggiore integrazione degli stati membri senza per questo cancellare le peculiarità (e le diversità) nazionali.