La gestione del sistema idrico integrato veronese è stata affidata nel 2006, con procedura in house, per 25 anni, alla società Acque Veronesi s.c.a.r.l,  i cui soci sono  Agsm Group con il 47% e 77 comuni veronesi con il restante 53%. Di questi giorni è l’annuncio che la società ha concluso l’esercizio 2019 con un bilancio economico  molto positivo: risultato netto pari a 2,4 milioni di Euro con 96.6 Mil Euro di ricavi e 43 milioni di euro di investimenti realizzati nel territorio. Il Cda ha precisato che l’utile di esercizio non verrà distribuito ai soci perché finanzierà nuovi investimenti.

Il presidente di Acque Veronesi, ing. Roberto Mantovanelli, nel comunicato stampa di presentazione, ha aggiunto: «La nostra attenzione rimane focalizzata sul continuo miglioramento della qualità dell’acqua: sia controllando sempre più quella che esce dai rubinetti delle famiglie, sia proseguendo lo sviluppo dei processi di depurazione, fondamentali per la tutela dell’ambiente».

Ottima notizia, ma nelle dichiarazioni ufficiali non c’è nessuna parola sul grado di sostenibilità della gestione. L’acqua è un elemento fondamentale per la vita nostra e dei nostri figli e la sua disponibilità merita di essere monitorata attentamente e resa nota in tutti i suoi aspetti.

Sostenibilità significa che la risorsa idrica deve essere utilizzata salvaguardando i diritti delle generazioni future di poterne usufruire. È quindi importante conoscere, oltre ai dati di bilancio, come la gestione di Acque Veronesi stia tutelando le fonti d’acqua da cui attinge, come garantisca la distribuzione e l’accesso alla risorsa, con quale efficacia raccolga e depuri le acque reflue per restituirle poi ai corsi d’acqua,  e infine come l’intera gestione impatti sull’ambiente.

Più che i risultati economici, che pur hanno la loro importanza,  interessano informazioni sulla disponibilità di acqua per il territorio, l’efficienza della distribuzione, i rischi di inquinamento, le destinazioni degli scarti, la capacità del territorio di affrontare gli eventi climatici.

Su questi aspetti, si legge solo una generica dichiarazione dell’avv. Paola Briani, componente del Cda, quando sottolinea l’importanza dell’attuazione del piano di sicurezza dell’acqua: «Un piano applicato recependo le direttive europee per la valutazione e gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano con particolare riferimento agli inquinanti emergenti». 

Un impegno che lascia trasparire l’esistenza di qualche criticità del sistema e non solo in riferimento ai recenti fatti di cronaca, come l’inquinamento di pozzi da prodotti Pfas o i sempre più frequenti allagamenti delle strade durante i temporali.

Acque Veronesi, in effetti, pubblica un Bilancio di Sostenibilità contenente le informazioni relative ai diversi ambiti di attività. Lo redige utilizzando le metodologie ed i principi previsti dai GRI Sustainability Reporting Standards definiti nel 2016 dal Global Reporting Initiative (‘GRI Standards’), che costituisce ad oggi lo standard più diffuso e riconosciuto a livello internazionale in materia.

Sebbene non sia stato certificato da un ente terzo, possiamo riferirci all’edizione del Bilancio 2018 per ricavare alcuni dati e in parte supplire alla carenza di informazioni.

Per soddisfare i bisogni idrici degli abitanti di Verona e provincia, Acque Veronesi preleva dal sottosuolo circa 105 milioni di metri cubi di acqua l’anno, il 95% provenienti da acque profonde e il 5% circa da sorgenti, il 75% di questa è già potabile e il 25% (circa 25 milioni di metri cubi anno) deve essere potabilizzata. La prima nota di interesse pubblico è che da qualche anno la disponibilità di acqua già potabile è in diminuzione ed è aumentata la necessità di potabilizzare.

Occorre sapere che più di un terzo (37%) dell’acqua estratta dal sottosuolo viene persa nel tragitto verso gli utilizzatori. Circa 40 milioni di metri cubi di acqua all’anno vengono dispersi nell’ambiente senza un utilizzo specifico. Uno spreco  enorme, lo chiamano perdite di rete. Anche se percentualmente inferiore a quello che si riscontra in altre parti del paese è pur sempre un fatto preoccupante.

Non ci fosse tanto spreco non sarebbe necessario potabilizzare e si risparmierebbe acqua potabile per il futuro; economicamente sarebbero ridotti i costi per prodotti chimici per la potabilizzazione e per  l’energia.  

Nei piani di investimento di Acque Veronesi ogni anno sono previsti interventi per “tappare i buchi”, dal cambio dei contatori, come richiesto dall’authority Arera, ai programmi di ricerca perdite, ma i miglioramenti sono stati finora trascurabili.

Poco viene detto relativamente all’efficienza della depurazione acque reflue e sulla destinazione dei fanghi per cui è difficile capire e valutare l’efficacia di un effettivo processo circolare, l’impatto sull’ambiente e il recupero di materia prima secondaria. È resa nota solo la capacità di depurazione installata, ma mancano i dati sulla sua efficienza depurativa.

Queste sono informazioni importanti che vengono trasmesse sottovoce quasi a nascondere la mancanza di coraggio nel porsi obiettivi di miglioramento significativi da realizzare in pochi anni.

Stupisce inoltre che l’amministrazione comunale di Verona, vista la situazione, non consideri la gestione dell’acqua prioritaria e non si adoperi per realizzare un massiccio piano di adeguamento delle strutture idriche.

Sebbene l’acqua stia scorrendo abbondante e di buona qualità dai rubinetti dei cittadini, il sistema idrico integrato veronese non appare sostenibile nel medio e lungo temine e si dimostra vulnerabile di fronte al progressivo inaridimento del territorio provocato dai cambiamenti climatici.