Mamme uovo, mamme canguro, mamme giardiniere. Quanti aspetti può assumere una madre, o meglio, di cosa si compone la maternità? La scrittrice e giornalista Maria Rosa Cutrufelli ne L’isola delle madri esplora questo tema complesso in forma di romanzo apparentemente distopico, in realtà molto più vicino alla nostra attuale esperienza di quanto possa sembrare.

Il libro, uscito per Mondadori lo scorso marzo, ambienta la narrazione su un’isola, al centro del Mediterraneo, dominata da un vulcano e l’ambiente, lì come altrove, risente dei danni inferti ripetutamente alla natura: inquinamento atmosferico con conseguenti variazioni climatiche, piogge acide, desertificazione del terreno, e poi fiumi asciutti e mari infestati dalla plastica. Nell’arco di due decenni sono sparite le stagioni e la situazione si è complicata per interi paesi evacuati, chi viveva a valle si è rifugiato in montagna e viceversa.

A tutto questo si aggiungono le forti limitazioni alla libertà di movimento delle persone perché i passaggi, da zona a zona, sono vigilati da un enorme spiegamento di forze dell’ordine, che richiedono visti e pedaggi per arginare le migrazioni interne, pericolose perché tutti «hanno la memoria fresca di quanto hanno perso».

Leggere questo romanzo nella fase 2 del Covid 19 può produrre un’inquietante sensazione eppure, come spiega l’autrice in chiusura, parlare della «fragilità dei nostri vascelli» è utile e doveroso perché è «un tema caldo, che divide gli animi e l’opinione pubblica» e fa riflettere sull’oggi e sul domani.

Maria Rosa Cutrufelli

In un mondo stravolto e colpito dalla “malattia del vuoto”, ossia la sterilità diffusa che minaccia la conservazione della specie umana, si ritrovano quattro donne, Livia, Kateryna, Mariama e Sara, provenienti da Paesi diversi e portatrici di storie e problemi differenti. Maria Rosa Cutrufelli, giornalista e scrittrice, voce importante del movimento femminista, si è già misurata con altri romanzi e saggi che indagano il mondo delle donne sotto il profilo dei diritti e non si è sottratta nemmeno all’argomento più divisivo del movimento, la cosiddetta “maternità surrogata”, meglio spiegata come “gravidanza per altri”.

Con empatia e una visione che pone al centro della questione le decisioni delle donne, Cutrufelli racconta vite, ambizioni e sofferenze di quattro donne che si incontrano in un luogo deputato alla natalità, come altri sparsi nel mondo, ma votato specificamente alla ricerca. Far nascere bambini e bambine da ovociti e gameti donati, dalle provette alle braccia accudenti, in un percorso monitorato scientificamente tra desiderio negato e desiderio soddisfatto, è la mission della Casa di maternità.

Sara ne è la direttrice, abituata a occuparsi delle donne «della miniera in via di esaurimento del loro grembo» ed è proprio lei a spiegare a sua figlia Nina che non viene «dal caldo delle lenzuola», ma da un percorso più lungo e tortuoso in cui «non c’è solo sofferenza e il rammendo non è inutile se poi ci sono vagiti e piccole bocche sdentate che ti fanno pensare al futuro. È bello vedere l’idea del futuro che si fa strada, a poco a poco, dentro lo strappo del Grande Vuoto». Sara si adopera per favorire la relazione fra chi dà e chi riceve, perché diversamente si ridurrebbero le donazioni a una semplice cessione di materiale genetico che forse può salvare la specie, ma non l’umanità.

E Nina, una voce narrante che appare a tratti e cuce, in un certo senso, l’intero racconto, riconosce a tutte le sue “fate madrine” un ruolo importante per la sua esistenza: Livia che l’ha pensata e le ha dato il nome, Mariama la mamma canguro, Kateryna la mamma uovo e poi Sara, con le sue parole e i suoi gesti, la mamma giardiniera, che l’ha aiutata a ricostruire la sua storia, per avere la giusta consapevolezza di sé.

Cutrufelli maneggia i temi dell’ambiente e della maternità con sapienza e delicatezza, riesce a far respirare umanità tra le righe e ristabilisce il valore della relazione in quel mondo irrimediabilmente danneggiato, una cornice distopica che perde progressivamente rilievo a fronte del concetto di maternità, che «attraversa il corpo delle donne e va oltre. Che le possiede con una forza estranea eppure intima. Terribilmente intima, perché si nasce sempre in due, anche se poi si muore da soli.».

L’isola delle madri, di Maria Rosa Cutrufelli, Mondadori, 2020.