Lo scorso 28 maggio il Governo ha dato il via libera alla ripresa dei campionati di calcio, sospesi in seguito all’emergenza sanitaria per il coronavirus. Si parte sabato 20 giugno con l’obiettivo di portare a termine la stagione entro i primi di agosto. Tuttavia, nonostante la buona volontà manifestata da tutte le parti coinvolte, rimangono ancora delle perplessità. Alcune di queste, in particolare, si riferiscono al tema squisitamente medico. Parliamo di questo con il prof. Enrico Castellacci, famoso ortopedico italiano, per diversi anni medico della nazionale azzurra di calcio, attualmente presidente dell’Associazione Italiana Medici Calcio.

Tra circa una quindicina di giorni riprende il campionato. Le squadre, tuttavia, arrivano da un lungo periodo di parziale inattività. Tornare all’attività agonistica non è cosi semplice…

«Si tratta di una situazione facilmente prevedibile. Nel periodo di lockdown i giocatori si sono dovuti limitare al lavoro individuale da casa. Alcune società hanno anche messo a disposizione una serie di attrezzature per migliorare l’efficacia di questa metodologia alternativa di allenamento, ma rimane molto difficile per gli atleti raggiungere un tono muscolare adeguato. Inoltre, il fatto che il nulla osta sia arrivato solo all’ultimo momento, dopo settimane di incertezza, ha reso estremamente difficile per i preparatori atletici riuscire a stilare una tabella di allenamento adeguata, necessaria per condurre i calciatori a un buon livello di condizione, in vista del ritorno in campo.»

Una volta ripartiti, il programma prevede un fitto calendario di incontri, necessario per portare a termine la stagione nel giro di poco meno di due mesi. Quanto aumenta il rischio di infortuni?

«Dover giocare ogni due tre giorni, avendo alle spalle il periodo di inattività dettato dal lockdown, aumenta senza dubbio il rischio, soprattutto a livello muscolare e tendineo. Come medico della nazionale azzurra di calcio ho partecipato a diverse edizioni di Europei e Mondiali dove giocare ogni tre giorni, spesso con condizioni particolare di caldo e umidità, è una cosa naturale. In questo caso la scelta di non giocare alle 17.15 mi sembra decisamente ragionevole. Non dobbiamo, però, dimenticare che i giocatori si presentano all’appuntamento con alle spalle un periodo di quasi tre mesi di parziale inattività, aspetto questo che amplia come già detto il rischio di infortuni.»

Lei è presidente dell’Associazione Italiana Medici Calcio. In queste settimane di trattative non siete mai stati invitati a partecipare ai diversi tavoli di lavoro, nonostante l’importanza del vostro parere...

«Non abbiamo partecipato ad alcun gruppo di lavoro, una situazione decisamente paradossale. Nonostante questo, comunque, abbiamo sottoscritto un documento unitario, firmato da oltre 60 medici, nel quale abbiamo segnalato tutte le nostre perplessità riguardo al rigido protocollo sanitario adottato. Pur non essendo presenti ai diversi incontri tra le parti, devo dire che la maggior parte delle nostre indicazioni sono state prese in considerazione. L’aspetto più importante da segnalare, comunque, riguarda il fatto che la figura del medico non è ancora stata riconosciuta a livello federale, nonostante l’Associazione sia attiva già da cinquant’anni. Il ruolo del medico di calcio non è ancora stato istituzionalizzato. Poterlo fare, nel più breve tempo possibile, aggiungo, consentirebbe di restituire maggior dignità a questa importante professione del mondo sportivo.»

La ripartenza del campionato mette in difficoltà i medici delle compagini di Lega Pro?

«Diversamente dalla serie A e, in parte anche dalla serie B, in Lega Pro il contesto consiglierebbe di non ripartire. In questa categoria il medico non è presente in via esclusiva, ma deve spesso alternarsi con l’impegno in ospedale. Inoltre, la necessità di effettuare continuamente tamponi e test sierologici rende la cosa ancora più difficoltosa. Esistono problematiche a livello logistico, organizzativo e, soprattutto, nel reperimento di tamponi e reagenti. Il campionato di serie C presenta oggettivamente troppe problematiche per poter pensare di riprendere. Diverso, come detto, è il caso della serie A e della B.»

Il 20 giugno, comunque, il campionato riprende. Portarlo a termine non sarà comunque cosa facile

«La ripresa del campionato rappresenta una grande vittoria per la Figc e per il suo presidente Gabriele Gravina. Ricominciare è importante ma lo è altrettanto arrivare in fondo. Credo sia fondamentale anche avere chiaro in testa come portare a termine la stagione, anche laddove si presentassero degli impedimenti, perché altrimenti tutto questo avrebbe onestamente poco senso. Il rischio di trovarsi davanti a nuovi casi di positività non può essere escluso a priori. Ci auguriamo che non succeda, ma è giusto anche prevedere cosa fare in questo caso. Come medici abbiamo proposto una quarantena più “leggera” di sette giorni invece di quindici. Tale soluzione permetterebbe una migliore gestione dell’emergenza in quanto un periodo più lungo comporterebbe di fatto una nuova sospensione dei campionati. Al momento, però, questa segnalazione, fatta anche da altri, è rimasta inascoltata. L’auspicio di tutti e non solo nostro, comunque, è quello di arrivare fino in fondo.»