Rewind. È la mattina del 6 marzo 2020 e il Verona Rugby, che disputa il campionato di Serie A con il dichiarato obiettivo di ritornare nella categoria TOP 12, è saldamente al primo posto in classifica, inseguito da una sola squadra. Qualche infortunio di troppo e la consapevolezza di dover comunque passare attraverso gli insidiosi playoff promozione, non lasciano dormire sonni tranquilli a nessuno al Payanini Center, ma la stagione sta proseguendo veloce sotto gli auspici migliori. A metà di quella giornata, però, arriva come per altre leghe sportive nostrane il primo “scossone”. La FIR – Federazione Italiana Rugby – facendo seguito al Decreto della Presidenza del Consiglio del 4 marzo, comunica la sospensione fino al 15 marzo 2020 di tutte le attività agonistiche e non, sull’intero territorio nazionale. Vengono così congelati i successivi due turni di campionato.

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Trascorrono “solo” 20 giorni da quella mattina e la FIR, con un secondo comunicato, fa qualcosa che nessun’altra federazione o lega sportiva in quel momento ha il coraggio (o la possibilità) di fare: annuncia la sospensione definitiva della stagione 2019/20. Non sarà assegnato il titolo di Campione d’Italia in TOP 12 e, fatto che tocca da vicino il Verona Rugby, non saranno assegnate promozioni e retrocessioni nelle categorie sotto il TOP 12. Nel giro di neanche un mese, tutti gli investimenti economici, gli sforzi organizzativi e le speranze della società veronese sono vanificati da una decisione che non ammette repliche (ma critiche dal CONI sì, almeno per quanto riguarda la tempistica e quella che viene considerata l’eccessiva indipendenza della scelta).

L’allenatore del Verona Rugby Zane Ansell (BPE foto)

Tutto spostato alla prossima stagione, dunque. Come un passaggio “in avanti” che rovina la più bella delle azioni corali offensive di una squadra di rugby, il campionato per il Verona Rugby finisce qui. Una beffa, un danno economico e d’immagine per una società che aveva fatto della pronta risalita in Eccellenza un obiettivo ambizioso. Nelle altre principali leghe sportive italiane, dinanzi a questa ipotesi (che per alcune diventerà presto realtà), stiamo assistendo al consueto ventaglio di accuse, controaccuse, ed egoismi che caratterizzano la parte peggiore dello sport italiano. Non è così nella palla ovale italiana, e non è così all’interno del rugby scaligero. Nel comunicato pubblicato dalla società veronese poche ore dopo l’ufficialità della sospensione definitiva della stagione, si leggono parole come «gerarchie di valori», «spirito di responsabilità e collaborazione», «comprensione e condivisione delle decisioni assunte». Obiezione: nel rugby italiano gli interessi economici sono inferiori rispetto ad altri sport. Sarà anche vero, ma pochi o tanti che siano, la proprietà del Verona Rugby i soldi li ha spesi e adesso, per cause indipendenti dalle proprie volontà, si ritrova con il più classico dei cerini in mano.

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«Sempre a sostegno» è il loro motto: l’auspicio migliore che si possa far loro è di non perdere la passione, l’entusiasmo e la competenza che la presidenza di Raffaella Vittadello ha portato alla società veronese dall’estate 2016, anno del suo insediamento. Per riprovare, si spera tra sei mesi, a conquistare quella massima serie agguantata una sola volta in oltre 50 anni di storia, (stagione 2017/18) e scivolata via troppo velocemente pochi mesi dopo la storica conquista.

(Foto in evidenza di BPE foto)