Ciascuno di noi, le nostre famiglie, i nostri conoscenti, le nostre città, stanno facendo i conti con questo particolare momento. Se da un lato sembra bloccarci, a tal punto da vedere sottratta la nostra libertà di spostamento, dall’altro credo ci metta di fronte alla richiesta di uno spinoso movimento personale. La ricerca di informazioni, di responsabilità, di contatti con le persone a noi care, di vicinanza anche solo dai balconi. E la ricerca di noi stessi. È nelle pause che credo regni la possibilità di ascoltarsi. Una possibilità, che oggi può risuonarci come generativa, di qualcosa di nuovo per ciascuno di noi. E, in questo periodo, abbiamo il tempo a nostro favore. Quel tempo che sempre ci è sembrato insufficiente e che adesso ci appare sovrabbondante. Probabilmente non credo sia solo una questione di quantità, ma di qualità. Proprio per tale motivo, ho pensato di descrivere alcune attività, che partono dalla consapevolezza che il nostro stato d’animo spesso è il riflesso delle nostre scelte. Sono alcuni stimoli, che credo però possano in questo periodo farci cogliere l’opportunità di conoscersi maggiormente, di cogliere le proprie emozioni e, perché no, sperimentarsi in qualcosa di nuovo.

LA SCELTA DELLE PAROLE

La prima fondamentale scelta credo riguardi le parole. Quelle che sentiamo o leggiamo quotidianamente, quelle che decidiamo di condividere con chi ci sta accanto e quelle che hanno spazio in noi. Oggi siamo invasi di parole, per questo spesso assumo il ruolo di sostenitrice anche del silenzio. Ma in questo momento ritengo possa essere significativamente importante prestare attenzione a quali termini vengono adottati. Proviamo a partire dal linguaggio. E allora riprenderei in mano quei titoli che ci hanno colpito, quei messaggi che abbiamo mandato o quelle parole che in questi giorni continuiamo a ripeterci. Li trascriverei e sottolineerei tutti i termini che ci risuonano come molto negativi, quasi drammatici. Partirei da lì, per ricercare per ciascuno un sinonimo. A quel punto mi chiederei: il significato è rimasto il medesimo? Le emozioni che quelle parole mi rimandavano prima sono le stesse? Cosa potrebbe cambiare se sostituissimo i termini trascritti con i loro contrari? Credo che coltivare il proprio vocabolario quotidiano possa essere un utile strumento per distinguere le diverse possibilità di stare di fronte a alcune particolari circostanze.

LA POSSIBILITÀ DI STUPIRSI

L’incredulità, lo sbalordimento, la confusione, penso siano alcune delle sensazioni che gran parte di noi ha provato in questi giorni. Il non possedere la conoscenza completa di ciò che sta accadendo, l’imprevedibilità del nostro futuro, credo ci facciano sostare in un limbo che ci appare pericolante. Per tale motivo ho individuato come importante la parola “stupore”, in quanto credo rimandi maggiormente a un senso di meraviglia, di sorpresa, tale quasi da frenare la capacità di agire, di ricerca continua. Anzi, quella sensazione che ti permette di sostare. E allora proviamo a scriverci ogni giorno cosa abbiamo fatto durante la giornata, non diamo niente per scontato, diamo valore anche ai più piccoli gesti. Stupiamoci di quello a cui nella nostra quotidianità facevamo fatica a dedicarci. Stupiamoci di quanto invece siamo riusciti a fare.

L’ALLENAMENTO DELL’IMPERFEZIONE

Nell’era della ricerca del perfezionismo, soprattutto di un miglioramento di noi stessi, e di costante movimento, ci troviamo, in questi giorni, impegnati a fermarci. Questo sostare può portarci a porre maggiormente l’attenzione su cosa vorremmo cambiare, su cosa intendiamo andare a revisione. Allora, in questo periodo di incertezza lascerei spazio a tutto ciò che è incompleto, precario, irregolare, proprio perché possa dimostrarsi un’importante spinta motivazionale. Pertanto darei valore a ciò che è “imperfetto”, in primis per accogliere e accettare tutto quello che ci appartiene, ma anche perché possa essere origine di nuove possibilità. Iniziamo a chiederci: quali sono le cose della nostra vita maggiormente precarie? Quali irregolari e incomplete? E a questo punto proverei a fare una distinzione tra quello che sento di dover cambiare e quello che vorrei. Rivalutare ciò che siamo, ciò in cui siamo impegnati, ciò in cui crediamo e desideriamo, credo possa permetterci di apprezzare ogni momento del nostro percorso di crescita, anche le tappe che ci appaiono più irregolari e imprecise.

L’INVITO ALLA RI-CREAZIONE

In questi giorni ritengo che ciascuno di noi sia stato impegnato a sperimentarsi in situazioni nuove. Il lavoro in smart working, la lauree in videoconferenza, i contatti con le persone a noi care attraverso lo schermo del computer, sono solo alcuni esempi. Abbiamo modificato le nostre principali abitudini e credo che, oltre al fare, questo abbia richiesto una messa in discussione personale e la necessità di provarsi in nuove vesti. Per questo motivo noi da ora credo potremmo già essere “qualcosa di nuovo” e potremmo costruire un nuovo concetto di noi stessi. Allora proverei a guardare l’oggi come un momento rilevante per distinguere ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che potremo essere, dopo questo periodo. Potremmo trascrivere le caratteristiche che crediamo ci descrivano meglio, nel noi di oggi, di ieri e di domani. Inoltre non darei importanza solo a quello che ci vede cambiati, ma anche a ciò che, nei tre ambiti considerati, è rimasto costante. Sono le nostre radici e credo che, nonostante siano rimaste le medesime prima e dopo questo periodo, possano comunque assumere delle forme diverse. Perché quello che ci vede protagonisti in questa circostanza credo abbia richiesto coraggiosamente a ognuno di noi di “ri-crearsi” e di “ri-scoprirsi”.