Dal 22 al 28 febbraio è in programma al Teatro Ristori (con una giornata, però, anche in Gran Guardia) l’attesissimo Schermi d’Amore, il festival di cinema dedicato al melodramma giunto alla sua sedicesima edizione e tornato alla ribalta l’anno scorso, dopo anni di clamorosa interruzione. Un programma, quello che attende gli appassionati della settima arte, davvero intenso e con un concorso che – dopo il formato “rassegna” dell’anno scorso – torna a scaldare la manifestazione con la Giuria del pubblico e la Giuria Giovani che avranno il compito di decretare i vincitori della kermesse. L’articolo di Marco Triolo di alcuni giorni fa aveva già presentato su questa testata l’evento. Abbiamo, però, raggiunto per un approfondimento ulteriore il Direttore Artistico di Schermi d’Amore Paolo Romano.

Paolo Romano, l’Assessore Francesca Briani e Roberto Bechis (Circolo del Cinema) in occasione della conferenza stampa di presentazione

Romano, eccoci qui a parlare della sedicesima edizione di Schermi d’Amore, la seconda da quando è ripartito l’anno scorso. Emozionato?

«Si, sono molto contento. Si tratta di un festival low budget e abbiamo lavorato al massimo con le risorse a disposizione. Non avremo ospiti e non ci sarà l’orchestra anche se in chiusura di festival verrà proiettato anche uno straordinario film muto del 1926, What happened to Jones, che è una straordinaria commedia che anticipa lavori successivi. Ritrovato e restaurato, è stato proiettato al Festival del Cinema muto di Pordenone l’anno scorso e noi lo riproporremo nella giornata conclusiva.»

Kenji Mizoguchi

Film muto a parte, qual è il fil rouge che vi ha guidato nella scelta dei film quest’anno?

«Eravamo partiti da un’altra idea. Volevamo lavorare sul regista Neil Jordan, che era la nostra prima scelta e che doveva essere anche ospite d’onore al nostro festival. Purtroppo tre mesi fa Jordan ha declinato il nostro invito. Sta lavorando a una serie televisiva e non poteva assentarsi, anche per pochi giorni. A quel punto abbiamo dovuto orientarci altrove e abbiamo scelto Kenji Mizoguchi a cui abbiamo dedicato un’intera sezione denominata “Elegia”. È un regista giapponese fra i più importanti della sua generazione insieme ad Akira Kurosawa e Yasujiro Ozu e di cui abbiamo trovato materiali stupendi. Sarà presente al festival con quattro pellicole e una mostra di fumetti e illustrazioni curata dalla Scuola del Fumetto. Ricordo di essermene innamorato quando avevo 14 anni vedendo un suo film in tv, per poi ritrovarlo in una retrospettiva al Festival del Cinema di Venezia nel 1980. Una folgorazione. Troveremo in questi quattro capolavori la rievocazione delle sue storie, la sua visione del femminile e molto altro. Ritrovarlo è stata una sorpresa, anche per noi.»

Che non è stata l’unica, anzi…

«La seconda graditissima sorpresa è rappresentata dai 24 ragazzi selezionati per la Giuria Giovani, che abbiamo incontrato alla Gran Guardia insieme all’Assessore Francesca Briani. Ci aspettavamo alcune eccellenze, si, ma non ci aspettavamo un gruppo di ragazzi così competenti, preparati e appassionati. Fra l’altro, in quell’occasione, abbiamo chiesto loro di segnalarci un film che li rappresentasse o era piaciuto particolarmente e sono venuti fuori titoli importantissimi: da Apocalypse Now di Coppola a Vertigo di Hitchcock fino addirittura a Deserto Rosso di Antonioni. Devo ammettere che tutto ci saremmo aspettati tranne il film di Antonioni (sorride, nda).»

La locandina di Schermi d’Amore 2020

Da sottolineare, fra le altre cose, la preziosa collaborazione con il Circolo del Cinema. Com’è nata?

«Una collaborazione che, devo dire, è stata a dir poco fondamentale. Senza di loro quest’anno non saremmo probabilmente riusciti a organizzare il festival. Ad un certo punto ci siamo trovati a dover risolvere moltissimi problemi burocratici e l’organizzazione procedeva a rilento. Quando sono intervenuti loro abbiamo risolto tutto in tempi rapidissimi e ci hanno anche aiutato nella realizzazione del catalogo, curato nei minimi dettagli. È stato davvero un gran lavoro di squadra e li ringrazio molto. Li conoscevo personalmente quasi tutti, ma è stato davvero bello lavorare con loro.»

Come avete costruito le varie sezioni?

«Si tratta di un festival molto classico, con sei sezioni incastrate in una costruzione a mosaico. Amori in Concorso avrà sette film. Sono dedicati ai giovani e quindi avranno tematiche legate all’amore, all’amicizia, alla coppia. Spero che possano piacere. Poi ci sono alcune retrospettive, oltre a quella dedicata a Mizoguchi di cui abbiamo già parlato. La magnifica ossessione di Sirk e Fassbinder, che mette a raffronto i due grandi maestri del melodramma. Abbiamo scelto Secondo Amore, degli anni Cinquanta, e il remake di La paura mangia l’anima, con la stessa trama ma girata alla sua maniera. Poi Veronika Voss confrontato con Lo specchio della vita. Poi una sezione è dedicata a Paul Mazursky (Mazursky in love), uno dei grandi registi degli anni ’70 con quattro film restaurati. Si tratta di commedie amare, alcune delle quali sicuramente già conosciute al grande pubblico ma essendo pellicole restaurate in 4k, quindi al massimo della risoluzione, penso che rivedere un film in una sala cinematografica regali un’emozione che difficilmente il televisore può restituire. Poi c’è una sezione dedicata al regista esule Joseph Losey e al suo attore feticcio Alain Delon (L’ombra del doppio) e, infine, il classico Panorama, con alcune pellicole che spaziano fra varie tematiche e dove è presente anche un film di Claude Lelouche che, quando è venuto ospite del festival un anno fa, stava montando il suo ultimo film, I migliori anni della nostra vita, il sequel di Un Uomo, una donna e così abbiamo deciso di inaugurare la manifestazione quest’anno con questo film e offrirlo ad ingresso libero ai nostri spettatori il 22 febbraio, nella serata inaugurale.»

Lelouche premiato nell’edizione 2019

Insomma, un totale di 32 titoli distribuiti in sei giorni. Soddisfatto?

«Direi di si. Penso che onestamente non si potesse fare di più. Fra l’altro rispetto all’anno scorso abbiamo un giorno in più di festival e diversi titoli in più. Abbiamo stilato un programma che, a mio parere, rappresenta il massimo possibile con le risorse a disposizione. Per me abbiamo proposto un bellissimo programma e spero di recuperare un po’ di pubblico. L’anno scorso siamo (ri)partiti abbastanza bene, ma sottolineo abbastanza perché rimango sempre molto esigente e di certo si  può e si deve fare ancora meglio.»

L’anno scorso avete proposto anche una sezione cortometraggi a cura di Luca Caserta. Quest’anno invece no: come mai?

«Quest’anno casualmente abbiamo selezionato film mediamente molto lunghi e abbiamo preferito lasciare un po’ di spazio fra un film e l’altro, per non intasare troppo la programmazione e non sovraccaricare gli spettatori. Quei cortometraggi non ci avrebbero permesso di lasciare un po’ di respiro, insomma, fra un lungometraggio e l’altro. Però torneranno sicuramente nelle prossime edizioni.»

C’è un percorso rispetto all’anno scorso e rispetto al futuro che avete già in testa? Un’idea artistica che state portando avanti nel corso di questa rinascita di Schermi d’Amore?

«Pensando al futuro io immagino un programma più strutturato sul pubblico dei giovani, perché oggi ci sono tante possibilità per un pubblico vastissimo, che però è over 65. Per i giovani c’è meno spazio di visione e meno proposte. Vorremmo costruire un programma non destinato esclusivamente a loro, ma con dei percorsi che permetta loro di esprimere un’idea di visione che appartiene a loro e meno a noi. Vorremmo cercare dei film e dei percorsi più costruiti su questo target di pubblico, insomma.»

Per finire, quanto è importante per una città come Verona il ritorno di Schermi d’Amore?

«È stato un festival che ha ottenuto grande successo di pubblico e di critica e aveva fino al 2008 molti sponsor. Sponsor anche importanti. La cancellazione di questo festival ancora oggi non trova ragioni. Grazie a questa amministrazione e all’assessore Briani siamo riusciti a rinascere. Adesso dobbiamo recuperare spettatori e recuperare sponsor, che sono importanti per la crescita.»