Nelle settimane scorse, Trento ha ospitato la II Edizione del Festival dello Sport organizzato dalla “Gazzetta dello Sport”, come ampiamente documentato nel precedente articolo di Lorenzo Fabiano. I numeri della riuscita dell’evento parlano chiaro: oltre 65mila presenze, il 30% in più dell’anno prima. Un vero successo, forse dovuto anche al titolo assai accattivante: “Il fenomeno, i fenomeni”. I personaggi sportivi che hanno fatto la storia dello sport degli ultimi anni si sono alternati su differenti scenari per raccontare le loro gesta e le loro emozioni. Tanti “fenomeni” presenti, dunque, ma un unico grande assente: il doping.

Già qualche giorno prima che iniziasse il Festival, e scorrendo minuziosamente il programma, ci si poteva accorgere del silenzio assordante provato dall’assenza di qualsiasi evento associato a questo “fenomeno”, che rimane pur sempre legato al mondo dello sport. Si tratta di un evidente passo indietro da parte degli organizzatori rispetto alla prima edizione. Nell’edizione 2018, infatti, aveva trovato spazio un’interessante discussione sul tema, dove erano stati invitati esperti del settore, sia di carattere nazionale sia internazionale. Come sottolineato all’epoca dall’ufficio stampa della Provincia di Trento si elogiavano gli organizzatori per aver inserito nel programma «un tema così delicato» (cit.). Oggi, pertanto, si rimane sorpresi e delusi dell’assenza o quasi del doping durante questa edizione. Già, “quasi”, perché in realtà in alcuni momenti se ne è anche parlato, soprattutto grazie alla buona volontà e l’impegno personale di qualche illustre invitato più che per una vera e propria volontà degli organizzatori.

Uno delle “celebrity guest”, fra l’altro, è stato il mitico Edwin Moses,  campione olimpico dei 400 metri a ostacoli, a lungo imbattuto durante la sua gloriosa carriera. Il titolo assegnato all’evento era: “Moses, il signore degli ostacoli”. Per fortuna, il dottor Moses è anche altro. Attualmente è il presidente dell’Agenzia Antidoping America (USADA) e presidente del Comitato Educativo dell’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). Grazie al suo impegno in questa lotta ha portato a Trento il suo punto di vista, chiaro e diretto, anche se non rappresentava ufficialmente nessuna delle istituzioni che presiede.

Edwin Moses

Il secondo evento in cui si è sfiorato il tema ci porta nel mondo degli Esports (Elettronic Sports), un “fenomeno” esploso e in crescita di popolarità. L’attenzione sostenuta, le capacità cognitive e l’alto livello di concentrazione sono le componenti essenziali di questa nuova forma di sport legata ai videogiochi. Le sostanze che possono aumentare queste capacità – e che sembra siano le più utilizzate dai giocatori  – fanno riferimento a una categoria di farmaci come le anfetamine (Adderall) o il metilfenidato (Ritalin) che sono già presenti nella lista proibita della WADA e necessitano di semplici controlli per essere riscontrate. Diverso aspetto è il loro uso prolungato nel tempo. Infatti, come tutte le sostanze farmacologicamente attive e non utilizzate per scopi medici, somministrate in dosi elevate, possono creare dei problemi alla salute come, in questo caso, depressione, ansia, allucinazioni, disturbi legati alla sfera del sonno, cefalee, irrequietezza e deliri. Da quanto emerge dai comunicati stampa, si è parlato della mancanza di regole chiare legate al doping vista l’assenza di “status” sportivo che al momento gli Esports godono. Punti importanti, però non sufficienti, per sradicare un fenomeno già presente in questo nuovo modello di riferimento, che fisiologicamente attira soprattutto i più giovani.

Ciò che richiama l’attenzione, insomma, non è solo la mancanza di contenuti sul doping, ma anche la forma con cui sono stati trattati. È chiaro che nominare solo la parola in un contesto del genere può creare imbarazzo. Sembra che gli organizzatori ne abbiano avuto meno nell’invitare una serie di atleti che in passato si sono resi protagonisti di vicende legate al doping, tra i quali alcuni persino sanzionati dalle autorità competenti. Un’occasione sprecata, dunque, dove si poteva raggiungere un elevato numero di persone e tentare di affrontare e discutere di un argomento sul quale si specula molto e si conosce realmente poco. Per onore di cronaca, si sottolinea che la segreteria organizzativa dell’evento è stata contattata per chiedere lumi in merito. E anche il silenzio può essere una risposta.