James Gray, dopo il precedente lungometraggio Civiltà perduta, ripropone, come protagonista, l’affezionato Brad Pitt per una pellicola diseguale, affascinante dal lato iconico, che si muove in due direzioni: il tentativo di raccontare una storia, la fabula, e la volontà di far fluire il flusso di coscienza del protagonista non solo attraverso la parola ma soprattutto attraverso le immagini.

Brad Pitt, produttore del film, incarna l’essenza stessa della volontà in cerca dell’assoluto: ormai avulso e distante dai rapporti umani, anche il suo rapporto di coppia con la moglie Eve McBride (Liv Tyler) è ormai senza futuro. I rapporti umani passano quindi in secondo piano e tutti i suoi sforzi sono concentrati sulla prossima missione. Non si tratta di essere il migliore ma di colmare un vuoto una distanza (quella con il padre) e di tornare alla vita, alla terra.

Brad Pitt e Liv Tyler

L’adagio di Cicerone «Per aspera sic itur ad astra», letteralmente Attraverso le asperità sino alle stelle, riassume il cammino del protagonista che paradossalmente nella sua ricerca nel mondo etereo finirà per ritrovare una sorta di pace interiore proprio da dove era partito, dalla terra. Ci sovvengono la parole del filosofo Friedrich Nietzsche che nel testo Così parlò Zarathustra ci ricorda:« Ve ne scongiuro, fratelli miei, rimanete fedeli alla terra e non prestate fede a coloro che vi parlano di speranze soprannaturali! Sono avvelenatori, coscienti o incoscienti». Il regista newyorkese, anche sceneggiatore, fa compiere al protagonista un viaggio alla ricerca dell’assoluto il cui risultato sarà quello di sostituirsi al padre, eccessivamente ingombrante e dedito solo alla sua missione, spogliandosi di tutto per ritornare in una fase embrionale (che ricorda 2001: Odissea nello spazio con la stanza dell’anziano che lascia spazio all’inquadratura di un embrione e alla vita.)

La vicenda , senza voler scoprire troppo la carte, ci narra del maggiore Roy McBride (Brad Pitt), astronauta decorato di prim’ordine dedito solo al suo lavoro, figlio del famoso ben più famoso Clifford McBride (Tommy Lee Jones), disperso in una missione verso Nettuno, il Progetto LIMA, nell’intento di scovare nuove forme di vita. Da diverso tempo il sistema solare e la terra sono colpiti da picchi di energia che ne minano la sicurezza. Il maggiore McBride viene ingaggiato per recarsi sul pianeta Marte allo scopo di inviare un messaggio a suo padre, ritenuto ancora vivo. Le ricerche, infatti, rivelano che queste anomalie energetiche provengano proprio dall’astronave comandata da Clifford McBride. Gray gioca con i riferimenti filmici usando la voce narrante dello stesso Pitt che commenta le sue stesse vicende, offrendoci quasi un interrotto monologo interiore del protagonista in cui ritroviamo frammenti del passato, flashback improvvisi, salti temporali con uno sguardo sia a Stanley Kubrick che a Terrence Malick.

La pellicola, sia pur con alcuni momenti meno felici, scava a fondo nell’emotività del protagonista non dimenticando la fabula e i colpi di scena, ma introducendo quella pacata lentezza che ci permette di apprezzare ogni singolo frammento, che ci appassiona, anche se scardina le classiche dinamiche dei film di fantascienza: la freddezza con cui Brad Pitt affronta le tappe del suo viaggio è, onestamente, disarmante. Se la fantascienza ci accompagna solitamente nei meandri infiniti dello spazio, qui si ferma alla superficie di un’anima che risorge e recupera l’amata terra, si riconcilia con la sua emotività e si spoglia dalle paure e della febbre di un autocontrollo eccessivo. Gray dimostra che anche i generi possono essere decostruiti senza rinunciare al divertimento, all’avventura, all’azione con nel più classico film sci-fi.

Voto: 4/5

Ad Astra
Regia di James Gray
Con Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, John Ortiz, Liv Tyler, Donald Sutherland.