«Caspita, ma la vostra storia di separazione è bellissima, dovreste farci un film!». E Romane Bohringer e Philippe Rebbot il film lo hanno fatto davvero, coinvolgendo figli e famigliari. Perciò fate sempre ben attenzione a ciò che dite alle persone, specialmente se queste sono degli attori con velleità da registi e sceneggiatori.

Dopo aver letto delle recensioni entusiastiche de L’amour flou – Come separarsi e restare amici, ho coinvolto nella visione al cinema oltre a mia moglie anche due cari amici recentemente separati, i quali mi hanno ringraziato così tanto al termine della visione che la settimana prossima dovrò andare a ritirare l’automobile dal carrozziere.
Ci sono delle definizioni che detesto da sempre e “radical chic” è una di queste, anche per il fatto che viene spesso utilizzata politicamente a sproposito; ebbene, se per tutta la durata della pellicola la sentirete riecheggiare nella vostra testa, non dovrete preoccuparvene troppo, perché probabilmente un fondo di verità c’è. Metto subito le mani avanti dicendo che a me piace sia il cinema francese che i francesi (per non parlare della Francia e della sua cucina, ovviamente!), ma la visione de L’amour flou – Come separarsi e restare amici mi ha spesso irritato, altre volte mi ha fatto sorridere e, alla fine, non mi ha soddisfatto del tutto. L’impianto è quello classico di una crisi di coppia, però in questo caso la separazione avviene in modo tanto intelligente quanto anticonformista o, almeno, è quello che si tenta di farci credere, a beneficio dei coniugi o del film poco importa.

Il tutto è costruito su un impianto banale e fondamentalmente drammatico, ma con le classiche venature ironiche che fanno parte della vita di tutti, specialmente se benestanti e con dei lavori fighetti, ma fin qui potrebbe anche andare; i problemi sorgono quando si eccede nelle caricature, quando si vogliono inserire delle forzatissime gag solo per strappare una facile risata, ma arrivano ad essere così becere e grevi da pensare di rivalutare i film con Alvaro Vitali con le sue scoregge di fuoco. Ecco, in quei momenti mi sono sentito in forte imbarazzo e dubito che fosse nelle intenzioni degli autori trasmettere tale sgradevole sensazione; lo humour è una cosa seria e dev’essere maneggiato con cura solo da chi lo sa fare.

La coppia che scoppia con il silenziatore formata da Philippe Rebbot («Rifuggo dagli stereotipi, ma ho cinquantatré anni, sembro un clochard tisico, eppure rimorchio al parco delle bellissime ventenni!») e da Romane Bohringer («Rifuggo pure io dagli stereotipi, ma incontro solo potenziali amanti imbranati o uomini bellissimi ma gay, però guardate che belle tette che ho ancora!») ha forse pensato che esorcizzare la separazione con il film della e sulla loro vita fosse la cosa migliore da farsi e, magari, avranno avuto anche ragione; di certo la sua realizzazione li avrà tenuti impegnati per un po’, ma il difficile temo che arriverà dopo, anche se da spettatore la cosa fortunatamente non mi riguarderà (sempre che non decidano di fare un sequel!).

Sicuramente a molti L’amour flou – Come separarsi e restare amici piacerà, perché le commedie intelligenti non sono mai abbastanza, ma siamo davvero così sicuri che nell’amore finito dei due protagonisti – riassunto in questi 97 minuti – ci sia davvero così tanta intelligenza?

Voto: 2,5/5

L’amour flou – Come separarsi e restare amici
Regia di Romane Bohringer e Philippe Rebbot con Romane Bohringer, Philippe Rebbot, Rose Rebbot-Bohringer, Raoul Rebbot-Bohringer, Reda Kateb, Clémentine Autain e Pierre Berriau.