Colonia Roma è il nome di un quartiere nel centro di Città del Messico, dove si svolge il film. Dopo Gravity il regista latino americano Alfonso Cuarón, ormai trapiantato a Hollywood, torna alle origini raccontando il suo Messico per una pellicola decisamente intimista. Accolto positivamente dalla critica, il film ha vinto il Leone d’oro al 75° Festival di Venezia e narra, ma si potrebbe dire registra, la storia familiare, ambientata nei primi anni Settanta, di una famiglia dell’alta borghesia messicana attraverso gli occhi di Cleo, la giovane domestica che si occupa delle casa e dei bambini.

Più che un racconto, infatti, è una registrazione vera e propria, a volte quasi asettica: pur lasciando trasparire la partecipazione emotiva verso i protagonisti, l’impressione è che il cineasta voglia mantenere una certa distanza e l’uso continuo di carrellate e panoramiche e la scelta di riprendere spesso in piani medi e campi lunghi, sono funzionali al discorso filmico.

Cuarón appare diviso a metà: da un lato mantiene una certa freddezza filmica, forse per paura di farsi intrappolare emotivamente dai suoi personaggi, e dall’altro sembra voler rispettare il famoso consiglio del critico André Bazin, padre spirituale della Nouvelle Vague, che recita: «Quando l’essenziale di un avvenimento dipende da una presenza simultanea di due o più fattori dell’azione, il montaggio è proibito».

I continui piani sequenza, infatti, servono proprio a questo: filmare un scena senza interruzione (senza montaggio, senza stacchi d’inquadratura) permette al regista di aderire profondamente al momento, alla realtà. Gli esempi sono tantissimi, ma forse il più appassionato è la rincorsa sulla spiaggia di Cleo che salva i bambini che imprudentemente sono entrati in acqua con il mare agitato. Cuarón segue Cleo nel salvataggio e poi si sofferma su un abbraccio di gruppo: una rinascita, una nuovo inizio, dopo che entrambe le donne (Sofia, la madre dei bambini, e Cleo) hanno subito diverse sventure.

Il mare come elemento liquido, malleabile, sfuggente accomuna quasi tutte le pellicole del cineasta messicano. Lucidità ed emotività, partecipazione e distacco sembrano continuamente scontrarsi nella sua poetica. Roma non è solo un film sul Messico e la sua storia (vedi, a questo proposito, la ripresa del Massacro del Corpus Christi del 10 giugno 1971), ma ci parla soprattutto di speranza, amore, sacrificio. Un atto d’amore verso il cinema e la sua terra ed era dai tempi di Y tu mamá también che Cuarón non si immergeva così profondamente nella terra natia. E ciò che ne è scaturito ha il nostro durevole applauso.


Lingua originale: spagnolo, mixteco, inglese
Paese di produzione: Messico
Anno: 2018
Durata: 135 min
Dati tecnici: B/N
Genere: drammatico, sentimentale
Regia: Alfonso Cuarón
Soggetto: Alfonso Cuarón
Sceneggiatura: Alfonso Cuarón
Distribuzione: (Italia)Netflix, Cineteca di Bologna
Fotografia: Alfonso Cuarón, Galo Olivares
Montaggio: Alfonso Cuarón, Adam Gough
Musiche: Steven Price
Scenografia: Eugenio Caballero
Costumi: Anna Terrazas
Interpreti e personaggi principali: Yalitza Aparicio (Cleo), Marina de Tavira (Sofia), Marco Graf (Pepe), Daniela Demesa (Sofia), Diego Cortina Autrey(Toño).