“Lars von Trier gioca ancora la carta della provocazione, questa volta intingendola nel sangue”.

Io me lo immagino von Trier mentre pratica, compiaciuto ed in piena ammirazione del proprio ego, del solitario autoerotismo davanti ad uno specchio; lo so, non è una bella immagine, ma aspettate di vedere il suo ultimo film e poi mi direte cosa è peggio.

Dogma 95 e dintorni

Sia chiaro che la colpa è solo mia: mi ostino a perseverare con questo autore (e perdonate l’assenza della “a” maiuscola) definito da una parte della critica geniale, folle, colto, visionario, quando dalla nascita del famigerato Dogma 95 il solo film che mi piacque non fu nemmeno uno dei suoi, bensì di Thomas Vinterberg (Festen – Festa in famiglia) che più tardi, nel 2012, ci regalò quel quasi capolavoro de Il sospetto, per fortuna ben lontano dalle regolette del manifesto danese. Breve delucidazione sul Dogma 95: fu un movimento cinematografico nato nel 1995 basato su un decalogo di regole che distruggevano il modo di girare che si era visto fino a quel momento, generando mostri e sensi di nausea grazie anche alla mai da me digerita “camera a mano” che se ne fregava di cavalletti, carrelli, dolly e steadycam. L’intento era di realizzare film senza troppi “orpelli” (tipo una fotografia decente e le musiche…), ma con una paraculaggine ed una spocchia senza limiti. Questo per me e per chi amava un certo modo di fare Cinema, mentre per altri fu come un’illuminazione venuta dal cielo, quindi… de gustibus ecc.

Quello squartatore di Jack

Veniamo alla storia: Jack è un maniaco depravato, ma non tanto perché come hobby ha scelto quello del serial killer, quanto per il fatto che è un ingegnere con aspirazioni da architetto. Il peggio del peggio, insomma.
Von Trier ce la mette tutta per indignare, per scandalizzare, per urtare lo spettatore, ma sono rimasto impassibile apposta per non dargli soddisfazione, anche quando ha mostrato l’uccisione brutale di bambini, la scarnificazione di cadaveri, la mutilazione di una donna e via via macellando. Ah ragazzi’, potrai magari schifare il tuo pubblico abituato solo ai film d’essai, ma io da anni organizzo le “serate horror” a casa mia, quindi chi pensi di spaventare?! Tra l’altro, siccome sono un masochista, ho pensato bene di optare per la proiezione in lingua originale sottotitolata con ben un minuto e venti secondi in più rispetto alla versione doppiata in italiano; sia mai che mi perda ottanta secondi di squartamenti per colpa della mannaia della censura!

152 tedianti minuti, che rappresentano per il bravo Matt Dillon un vero e proprio one-psychoman-show, durante i quali il furbetto regista danese frulla con disinvolta arroganza la Divina Commedia, Henry pioggia di sangue, LaChapelle, Jack lo squartatore, Glenn Gould, autocitazioni onanistiche, misoginia a man bassa, David Bowie e tanto altro ancora, non facendosi mancare neppure un superfluo e ridicolo finale onirico del quale avremmo volentieri fatto a meno.

Dire che ho visto di peggio e che mi sono annoiato di più con altre pellicole forse risponderebbe al vero, ma allora facciamo così:
– se non amate Lars von Trier e siete deboli di stomaco, lasciate perdere;
– se non amate Lars von Trier e siete forti di stomaco, lasciate perdere;
– se amate Lars von Trier e siete deboli di stomaco, lasciate perdere;
– se amate Lars von Trier e siete forti di stomaco, buona visione.

Abbastanza chiaro, spero.

Voto: 2/5

LA CASA DI JACK
Regia di Lars von Trier
Con Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman, Siobhan Fallon Hogan, Sofie Gråbøl, Riley Keough, Jeremy Davies e Jack McKenzie.