Quest’anno ci ritroviamo a condividere questo momento di festa, la Giornata Mondiale del Rifugiato, separati e online, a causa dell’emergenza Coronavirus.  Istituita per ricordare i 50 anni della Convenzione di Ginevra del 1951 – l’accordo sovrastatale che regolava lo statuto di rifugiato e le procedure per le richieste d’asilo –, la giornata è celebrata in tutto il mondo e conta ogni anno diverse campagne informative promosse dalle agenzie internazionali per i diritti dei rifugiati e dei migranti, come UNHCR, o da reti di ONG e associazioni, tra cui la più recente Europe Must Act.

Giulio Saturni, presidente di OBTI

In quanto presidente di One Bridge to Idomeni, un’onlus veronese che lavora a supporto dei migranti lungo la rotta balcanica, vorrei raccontare che cosa significhi, per noi, il 20 giugno. L’attività dell’associazione si divide in due parti, l’aiuto sui confini e il ritorno a casa. Ed è quest’ultima direzione, il ritorno in città, il movente per festeggiare il 20 giugno a Verona. Una volta tornati, infatti, è fondamentale la testimonianza di quanto si è visto, ascoltato e fatto per condividere con il più ampio numero di persone ciò che succede lungo la rotta balcanica. La Giornata Mondiale del Rifugiato è stata per noi l’occasione negli ultimi anni di realizzare concretamente questa intenzione, chiamando a Verona centinaia di persone, di volontari e volontarie e di associazioni attive sulla rotta e in Italia.

Nel corso di questi incontri, conoscendo persone e stringendo amicizie, ci siamo sempre più distaccati dall’etichetta di rifugiato – colui che scappa da una situazione di pericolo o minaccia – che dà il nome alla giornata, riconoscendo in ogni desiderio di una vita diversa e migliore un valido motivo per spostarsi, viaggiare e abitare nuovi paesi, proprio come ad una parte di umanità, la nostra, è concesso da molti anni. 

Per questo scrivo di questa giornata in un termini di festa. Come ha ben detto un ospite dei nostri incontri, il professore di filosofia dell’università di Verona Gianluca Solla, il 20 giugno è il luogo che ci permette di ritrovare una storia comune, qualcosa della nostra vita negli altri e qualcosa della vita degli altri in noi. Un luogo per provare a pensare in maniera nuova questo insieme di persone che chiamiamo umanità e soprattutto in questi tempi di emergenza e restrizioni, che ci costringono a cambiare radicalmente la nostra vita.