Nella difficile convalescenza del Verona, appena ringalluzzito dai quattro punti raccolti nei primi due impegni di “cura Zaffaroni”, non ci voleva proprio un match proibitivo contro una big in trasferta. Purtroppo però col calendario non si ragiona, e a rimettere in discussione gli entusiasmi post Cremonese è arrivata la brutta partita di San Siro.

E brutta la gara del Meazza lo è stata eccome, non solo per colpa di un Verona mai così lontano dalla chance di abbattere il tabù che non lo ha mai visto trionfare alla Scala del calcio, ma anche per l’atteggiamento rinunciatario e compassato dei padroni di casa, che dopo il gol di Lautaro Martinez si sono messi ad aspettare sornioni l’occasione di punire l’Hellas in contropiede.

L’Inter prima passa e poi passeggia

Il gol in apertura, pennellato a fil di palo dal campione del mondo dopo una serie di rimpalli, non lascia al Verona né l’alibi della sfortuna né quello del talento altrui. Una squadra che cerca il miracolo sportivo –  e che sa bene di essere lontana dagli avversari in termini di qualità –  semplicemente non può lasciare tre palloni vaganti in area di rigore nella prima azione della partita. Sono errori di approccio prima ancora che tecnici, errori che mostrano una mentalità ancora lontana da quella necessaria per salvarsi.

Il resto della partita è uno sbadiglio lungo novanta minuti. L’Inter tira il freno a mano, lascia costruire il centrocampo del Verona senza patemi d’animo, con la coppia Lautaro-Dzeko che non si sprecano nemmeno ad accennare il pressing. Sembrano convinti che il Verona – questo Verona – abbia la stessa pericolosità sotto porta del Tenerone di Drive-in. Prima o poi il contropiede per chiuderla arriverà, nel frattempo i nerazzurri rifiatano per la Supercoppa in Arabia.

Nel calcio, normalmente, questo atteggiamento di sufficienza viene punito. Lo si insegna fin dagli esordienti: mai sottovalutare l’avversario, mai pensare che sia finita. Proprio qui sta la più amara constatazione di giornata: contro il Verona l’Inter ha deciso di passeggiare, ed è bastato. Finisce 1 a 0, senza un brivido.

Guardare le statistiche su possesso e baricentro in questo caso serve a poco. Quando i nerazzurri hanno deciso di premere leggermente sull’acceleratore, alla fine del primo tempo e nei primi minuti del secondo, il Verona si è ritrovato schiacciato nella sua area di rigore, pur col merito di non concedere la seconda rete, ma l’Inter con l’Hellas ha giocato al gatto col topo, senza troppo rispetto per i 70mila paganti del Meazza.

Il primo tentativo pericoloso dei gialloblù è arrivato quasi al 70esimo, con una bella combinazione tra i due subentrati Lasagna e Sulemana e il tiro rasoterra di quest’ultimo che costringe Onana a sporcarsi calzoncini e guantone. Il resto della partita del Verona è tutto in un paio di discese di Doig e qualche palla lunga verso Djuric e un forcing finale con tre punte che, comunque, non ha prodotto occasioni degne di nota. Troppo poco per far cambiare idea all’Inter.

Nulla è perduto per “l’outsider” Verona

Credere che sia stato il possesso del Verona a tenere i milanesi nella loro metà campo è solo una pia illusione, ma ciò non significa che il Verona a Milano non abbia messo in campo nulla di buono. Qualche idea si è vista, la squadra sa quel che deve fare e cerca di farlo con diligenza, anche quando davanti non gira nulla. Forse ciò che è più importante è che il Verona, pur non brillando, non è mai uscito dalla partita, non ha mai perso la testa e ha continuato a fare il proprio. Sufficiente per impensierire l’Inter? Proprio no. Sufficiente per sperare nella salvezza? Chissà.

Ora il Verona deve archiviare la sconfitta e guardare avanti. Nulla di quanto costruito e dimostrato contro Torino e Cremonese è andato perduto, e abbattersi per una sconfitta a San Siro sarebbe tanto assurdo quanto esaltarsi per una vittoria contro la povera Cremonese. Con così tante partite da giocare e con i punti che non si contano ma si strappano uno alla volta, l’Hellas non può certo affidarsi solo all’entusiasmo che va e viene con le vittorie e le sconfitte: questo è il momento del lavoro e della convinzione, della volontà bruciante e del sacrificio.

Il Verona in questa fase deve guardare solo se stesso, lavorare sulla mentalità (qualcuno diceva “outsider”?), migliorare e affinare i movimenti che si sono intravisti nelle ultime settimane e attendere aiuti dal mercato. Vedremo cosa Sogliano riuscirà a regalare alla coppia in panchina in termini di organico, nel frattempo c’è da ritrovare uno spirito combattente che sappia trascinare ambiente, squadra e tifosi fino alla salvezza, o almeno fino all’ultima giornata.

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