Nella pancia della Dacia Arena, in conferenza stampa, Igor Tudor non ha voluto sentir parlare di turnover, perché «.[..]quando fai giocare gente forte come Kalinic, Lasagna, Hongla e Sutalo, non è un turnover».  

Tanti complimenti ai giocatori dunque, e non solo a quelli che hanno tenuto a galla la partita- Tameze, Caprari ecc. – ma anche a quelli che sono stati sostituiti all’intervallo dopo aver giocato un primo tempo davvero pessimo. Tudor si prende anche la colpa della prova insufficiente di Lasagna, che non avrebbe le caratteristiche per attaccare la profondità come voleva il mister. Sarà…

Formazione rivoluzionata

Quel che è certo è che Tudor ha cambiato sette titolari su undici rispetto alla vittoria schiacciante di domenica contro la Lazio. Una rivoluzione vera e propria che ha visto scendere in campo praticamente tutte le seconde linee disponibili, addirittura con un inedito Veloso posizionato come terzo di difesa, almeno al fischio d’inizio.

Un simile esperimento, più adatto a un’amichevole che a una sfida contro una diretta concorrente, è difficile da interpretare, soprattutto considerando che molte delle riserve, almeno fino a questo punto del campionato, non sono riuscite a dare alcuna garanzia. 

Il risultato? I gialloblù, verdi-Avellino per l’occasione, sono stati incapaci di far girare palla, non sono riusciti a imbastire un attacco efficace e si sono dimostrati insicuri in copertura e nelle uscite. È stato forse il peggior primo tempo della stagione, terminato con un gol di scarto solo grazie ai miracoli di Montipò e alle difficoltà degli avversari in fase offensiva.

Le seconde linee sono un problema

Tudor ha probabilmente esagerato coi cambi, ma la formazione messa in campo è un messaggio forte e chiaro: l’allenatore è così sicuro del valore dei suoi ragazzi che sa di poter dedicare 45 minuti agli esperimenti e di poterla raddrizzare coi titolari. Il messaggio arriva forte e chiaro anche alla società: la differenza tra prime e seconde linee è tale che la panchina non riesce quasi mai a dare un valore aggiunto alla squadra, anzi. 

Le bocciature a fine primo tempo sono nette: Lasagna non ha visto un pallone e si è ancora una volta dimostrato troppo timido, Hongla è ancora un oggetto misterioso che commette troppi errori in una parte nevralgica del campo, e Ceccherini che, dopo essere entrato male con la Lazio al posto di Casale, ha confermato di non essere ai livelli a cui si è espresso lo scorso anno. 

Un buon punto in uno stadio difficile

Non è il caso di deprimersi troppo, comunque: segnali incoraggianti sono arrivati da Kalinic, che ha fatto il suo pur con alle spalle un centrocampo in difficoltà, e da Tameze, praticamente un coltellino svizzero capace di giocare in tutte le aree del campo in modo ordinato e senza fronzoli. L’ingresso dei titolari poi è arrivato un po’ come la tromba della cavalleria nei vecchi film western: appena entrati Lazovic, Caprari e Simeone hanno fatto capire a tutti che quella squadra disorientata in un’orribile mise verde foglia era in effetti l’Hellas Verona. 

Il bilancio di questa decima giornata rimane comunque positivo: pur regalando 45 minuti agli avversari il Verona è riuscito a pareggiare e ha addirittura sfiorato il colpaccio con Simeone all’ultimo minuto.

Nel mirino una Juventus in crisi

L’Hellas, ora, ha pochissime ore per rimettersi in carreggiata. Sabato sera incontrerà una Juventus ferita, a 13 punti dalla vetta della classifica e in crisi di gioco e risultati. Massimiliano Allegri si giocherà moltissimo nei prossimi novanta minuti, ma troverà un Bentegodi gremito e carico di entusiasmo, con ancora scolpito nella memoria il rigore di Pazzini segnato sotto la Curva Sud, nell’ultima partita casalinga prima del lockdown.

Sicuramente la trasferta di Udine non può aver scalfito le certezze dei gialloblù, anzi. Se da una parte è vero che la partita contro l’Udinese è stata la peggiore della gestione Tudor, va detto anche che l’Hellas sceso in campo nel turno infrasettimanale aveva poco o niente in comune con la squadra che ha dominato la Lazio e messo paura al Milan. Quello è il Verona che conosciamo, quello è il Verona che ha risollevato le sorti del match di Udine, quello è il Verona che se la può giocare contro tutti. Anche contro la Juventus.

I messaggi alla società arrivano dal campo

Partite come quelle di Udine mandano segnali importanti sia per la classifica – un punto, si sa, può fare la differenza a fine anno – sia per la consapevolezza dei propri mezzi: con un undici titolare così, sarebbe un delitto ignorare le criticità della panchina. E, se Tudor dal canto suo continua a proteggere i suoi uomini e a cercare di regalare imprese, la società non può non premiare questa squadra con degli interventi mirati: gennaio è vicino e qualcosa va fatto.

L’impressione è che, dopo essersi abituati allo stile di Ivan Juric, amato e odiato per i suoi modi schietti, sia arrivato il momento di imparare a decifrare Tudor: uno che i messaggi li manda sul campo.

Foto dal profilo Facebook dell’Hellas Verona

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