Renato Cesarini è stato un centrocampista argentino, che ha indossato la maglia della Juventus negli anni ’30, più precisamente dal 1929 al 1935. Con la squadra bianconera divenne famoso per i diversi gol segnati nei minuti finali di partita. Questa sua “curiosa” peculiarità ispirò un giornalista dell’epoca, un certo Eugenio Danese, che arrivò a coniare il famoso termine “Zona Cesarini”. Il mondo del calcio, con il passare del tempo, ha mutuato quell’affermazione sino a farne un uso comune. Negli anni, infatti, sono state innumerevoli le partite che si sono risolte alla soglia del novantesimo, regalando gioie inaspettate e altrettanti sentimenti di totale sconforto.

Renato Cesarini, centrocampista argentino della Juventus degli anni ’30 (foto twitter.com)

Vincere o perdere una partita nei minuti finali, comunque, al di là del risultato sportivo, porta anche a ragionare oltre. Certe situazioni, infatti, se da un lato possono rappresentare pregio indiscusso di una squadra che fino all’ultimo ha tentato di raggiungere il gol, dall’altra possono essere viste come difetto di concentrazione e attenzione, di chi la reazione la subisce, proprio in una fase dove certi atteggiamenti non dovrebbero mai venir meno.

Nel match disputato domenica contro la Lazio ai gialloblù di Juric (sostituito in panchina dal vice Matteo Paro in quanto squalificato) è capitato proprio questo. Quando il match volgeva al crepuscolo – correva il minuto 92′ – e il pareggio sembrava pronto per andare in archivio, complice un’errata lettura della traiettoria di un cross da parte di Magnani, è arrivato il gol del laziale Milinkovic-Savic, che con un imperioso stacco di testa ha messo il pallone alle spalle di Silvestri, regalando ai biancocelesti un successo oramai insperato. La sconfitta subita contro i biancocelesti brucia, non solo perché maturata alla fine, ma anche e soprattutto perché i gialloblù non meritavano di perdere, dopo una prestazione di ottimo livello contro una squadra confermatasi sul piano tecnico sicuramente superiore. Fortunatamente, però, poco o nulla cambia in chiave futura per il club scaligero, vista la salvezza già chiusa in cassaforte a doppia mandata.

Il difensore gialloblù Giangiacomo Magnani (foto hellasverona.it)

In casa gialloblù, però, sconfitta a parte, il gol preso allo scadere deve essere preso in considerazione, seppur con tutti i distinguo del caso. Nei due anni della gestione Juric, infatti, è già la sesta volta che un risultato oramai acquisito, prende una forma diversa proprio durante gli ultimi giri di lancette. Il “fattaccio” si era finora verificato sempre in trasferta mentre domenica, in occasione della sfida con la Lazio, è stata la prima volta sul terreno amico del “Bentegodi”. Le cause possono essere diverse. Sicuramente può dipendere da un calo di concentrazione o fisico ma bisogna anche mettere in conto che in campo ci sono sempre anche gli avversari. Il calcio, poi, vive di episodi, nel bene e nel male. Farne un dramma, quindi, sarebbe esagerato e rischierebbe di far passare in secondo piano tutti i meriti fin qui accumulati, che sono senza dubbio molti. Tuttavia, sempre nell’ottica di un progressivo e auspicabile percorso di crescita e miglioramento, questo rimane un aspetto da tenere in piena considerazione per impedire che da “caso isolato” si trasformi in una pericolosa costante. Conoscendo Juric, tuttavia, nulla sarà lasciato al caso.

Foto di copertina: hellasverona.it

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