Il triste presagio era nell’aria da tempo. I primi segnali evidenti che per la Ferrari la stagione 2020 di Formula avrebbe avuto un inizio complicato, si erano già manifestati già nei test precampionato di Barcellona, dello scorso febbraio. Le dichiarazioni rilasciate allora dal ds Mattia Binotto avevano sorprendentemente rivelato un ritardo di prestazioni della nuova vettura rispetto alla concorrenza. Qualcuno aveva addirittura ipotizzato si trattasse di mera pre-tattica, di un gioco delle parti volto a nascondere le carte agli avversari per non svelare il reale potenziale della Rossa. Tuttavia, molti tra gli addetti ai lavori erano concordi, per quanto visto sulla pista catalana, nel ritenere la Mercedes la squadra che per l’ennesima volta, era riuscita nell’impresa di superare sé stessa nel realizzare la monoposto migliore del lotto. Alle difficoltà tecniche emerse in quel di Maranello,  si era, poi,  aggiunta anche  la vicenda del mancato rinnovo di contratto a Sebastian Vettel, che per come è stata gestita ha evidenziato una serie problematiche decisionali interne al team decisamente disarmanti. Lo stesso quattro volte campione tedesco, infatti, durante un’intervista rilasciata alla vigilia della nuova stagione, ha rivelato come il suo licenziamento sia avvenuto tramite una breve telefonata fattagli dal direttore sportivo, senza spazio per alcuna trattativa, e senza nessun incontro “one to one”. Inutile negare come la cosa abbia lasciato tutti piuttosto esterefatti.

Arrivati al primo – doppio –  appuntamento stagionale in Austria, il responso avuto dalla pista di Spielberg è stato addirittura peggiore di quanto i ferraristi temessero sin dalla vigilia. Il divario di prestazioni della SF1000 rispetto alla nuova Mercedes in primis, ma anche alla stessa Red Bull, almeno su questo tracciato è apparso impietoso. Sul giro secco, in condizioni sia da qualifica sia da gara, il distacco dalla vettura tedesca si è attestato mediamente attorno al secondo. Un’eternità considerata la breve lunghezza dell’autodromo austriaco. Ma il gap con le Red Bull non è stato di molto inferiore, visto che è si è attestato ampiamente oltre il mezzo secondo. La Rossa, al momento, appare carente sotto ogni punto di vista, dalla power unit alla aerodinamica. Nelle sessioni di qualifica dei due gp, avvenute in condizioni climatiche diverse a distanza di una settimana – la prima sull’asciutto, la seconda con pioggia battente-  la Ferrari non è riuscita a portare al Q3 entrambe le vetture. Le prime tre file della griglia di partenza non sono mai state alle portata di Leclerc e Vettel, che si sono trovati a lottare con avversari diversi, quali McLaren, Racing Point e Renault. Nel primo Gp l’estro del pilota monegasco – partito settimo e protagonista di una gara molto aggressiva e anche piuttosto fortunosa, visti i ripetuti ingressi della safety car e il ritiro di alcuni avversari – ha consentito di agguantare un secondo posto assolutamente insperato. La stessa aggressività, però, è costata cara a tutto il team Ferrari la domenica successiva, poiché Leclerc è stato autore di un clamoroso tamponamento ai danni del suo compagno di squadra Vettel già al primo giro di pista, imprevisto che ha messo fuori gara entrambe le vetture. Una debàcle incredibile che non ha precedenti nella storia del Cavallino.

Il pilota Sebastian Vettel

Difficile prevedere ora cosa accadrà nelle prossime settimane. Il susseguirsi di gare del calendario 2020, rivoluzionato dall’emergenza globale del Covid-19, non lascia molto tempo alle possibilità di recupero sugli avversari. Sicuramente la Ferrari, già dal Gran Premio di Ungheria,  in programma domenica 19 luglio a Budapest, porterà un nuovo pacchetto aerodinamico che è stato ideato per generare maggiore carico, indispensabile in una pista tortuosa come quella magiara.

La tensione, però, palpabile all’interno del team, lascia supporre che il lavoro di sviluppo della vettura non possa procedere con grande serenità. È già partito un clima di caccia alle streghe e di ricerca del colpevole, che non sembra risparmiare nessuno, in primis il capo della gestione sportiva Binotto. Non è la prima volta che nella storia della scuderia Ferrari si assiste a vicende del genere. Le analogie con i periodi più bui vissuti agli inizi degli anni ‘90 sono molte. Soprattutto ciò che sembra mancare, allora come adesso, è una figura forte in capo alla proprietà (la Fiat ora FCA) che sia in grado di prendere decisioni chiare e che, in particolare, dia stabilità. Non c’è dubbio alcuno che la crisi attuale tragga origine dalla scomparsa di Sergio Marchionne. Venuto a mancare il leader, c’è stato un susseguirsi di scelte dubbie, dall’allontanamento dell’ex ds Arrivabene alla gestione del caso Vettel, passando per diversi cambi di tecnici e ingegneri, che hanno portato a una involuzione di prestazioni e risultati molto preoccupante. Pensare che si possa uscire da questa situazione nel giro di breve appare francamente irrealistico. E non è improbabile che, senza una repentina inversione di tendenza, possano avvenire nuovi clamorosi avvicendamenti.