Elisabetta Fadini, direttrice artistica del Rumors Festival di Verona, ci racconta la prossima edizione, tra le difficoltà della pandemia e il desiderio di portare comunque nella nostra città bellezza ed emozioni attraverso la musica.

Giunto alla sua ottava edizione, Rumors Festival – Illazioni Vocali – è l’appuntamento annuale dedicato alla voce e alle avanguardie culturali. Ambientato nel suggestivo Teatro Romano di Verona, la rassegna ha ospitato nelle precedenti edizioni, nomi del calibro di Patti Smith, Tony Bennett, Rufus Wainwright, Anna Calvi, Ute Lemper, mettendo sempre al centro la proposta artistica e la voce, come principale strumento per diffonderla.

Elisabetta Fadini,
direttrice artistica di
Rumors Festival

Elisabetta, l’edizione 2020 di Rumors è stata stravolta a causa della pandemia, come tutti i grandi eventi live dell’estate. Innanzitutto raccontaci come avete gestito gli annullamenti o le riprogrammazioni, immagino con grande rammarico di tutti gli attori coinvolti.

«Non è stato semplice apprendere dall’inizio della pandemia che gli artisti stranieri che avevamo selezionato e messo in cartellone per questa stagione estiva non sarebbero potuti venire in Italia, per via delle chiusure delle frontiere. Alcuni hanno cancellato le date come per esempio Tones and I, fenomeno del momento, cantautrice del famoso brano “Dance Monkey”, mentre altri come Woodkid, Devendra Banhart e Niccolò Fabi, hanno preferito riprogrammare il loro tour per il 2021. Ci siamo confrontati con i loro management cercando di capire come poter gestire la situazione nel migliore dei modi. Ho passato mesi molto difficili, nei quali non nego speravo in un miracolo per salvaguardare la stagione e i rapporti cari con manager con i quali collaboro da anni e che sono amici cari di cui mi fido.»

Rumors però non si ferma. Sappiamo che stai lottando per riuscire ad organizzare concerti estivi con numeri ridotti e in massima sicurezza. Puoi anticiparci qualcosa? La location resta confermata al Teatro Romano, un luogo adatto a gestire il distanziamento sociale senza perdere la bellezza e la storia?

«Rumors 2020 si farà al Teatro Romano, con scelte che ricadono su artisti italiani e con un numero ridotto di pubblico. Il mio principale problema in questo momento è la sicurezza per la salute del pubblico, perché i concerti sono eventi sacri, perle rare che restano nel cuore di chi assiste e non vorrei mai fossero associati a momenti di paura. Per questa ragione daremo la massima sicurezza a tutto il pubblico presente. Verona non molla e Rumors Festival non molla. Siamo arrivati all’ottava edizione cercando di portare in riva all’Adige sempre “prime” italiane, concerti rari di eccellente qualità e difficile realizzazione, a volte con sforzi disumani, ma ce l’abbiamo sempre fatta. Non ho mai voluto riproporre gli stessi artisti, per poter offrire un continuo rinnovamento. Combatto da sempre per il bene dell’arte e la difenderò sempre, talvolta prima di difendere me stessa, e ne sono felice. Se c’è amore sul palco la gente torna a casa diversa, migliorata ed è vero che, in alcuni casi, gli spettacoli ti cambiano la vita in bene, rafforzandola, regalandoti speranza. Il Teatro Romano di Verona è un luogo sacro per la storia che racconta e rappresenta il vero teatro all’aperto dei veronesi, anche se negli ultimi anni abbiamo avuto un grandissimo numero di pubblico straniero e questo in fondo era quello che volevamo all’inizio della nostra avventura: Verona nel mondo, il mondo a Verona. Le date degli artisti italiani della nuova programmazione le daremo prestissimo.»

Il Teatro Romano di Verona

Da artista come hai vissuto la quarantena, il caos della ripartenza e la vita scandita da fasi 1-2-3? Credi che questo periodo di difficoltà possa aver gettato i semi per qualche novità artistica, poiché spesso dalle crisi nascono buone idee?

«Da artista la penso come Nick Cave: è stato ed è un grande momento di riflessione. Ho passato questi mesi a riflettere sul da farsi, ad analizzare cos’altro si poteva fare a parte le dirette che non ho mai amato. Creare qualcosa come tramite, per stare vicino al pubblico, alla gente tutta. Ho pensato tanto a come comunicare la frammentazione della paura di cui ha sempre parlato il noto storico Jean Delumeau, nel suo libro “La paura in Occidente”. La paura si può frammentare, capendola, dividendola, razionalizzandola convivendoci senza toglierci il sonno. Ho voglia di ritornare sul palco presto con Gianluca Petrella, uno straordinario musicista, un’eccellenza italiana. Sto lavorando a un disco nuovo e continuo a collaborare con Davide Brullo, alla sua rivista culturale Pangea, un diamante in una selva oscura dei troppi tuttologi di questo tempo. Troppa confusione, serve un silenzio rasserenante di riflessione, servono messaggi veramente importanti ora, messaggi che possano riportare la pace e la serenità di un vivere di cui abbiamo bisogno. Ed è l’equilibrio che deve vincere. Vedo tanta gente litigare, in molti è uscito il peggio, in altri sono uscite le inquietudini più profonde. Non so quando torneranno serenità e sicurezza, ma di certo so che serve fiducia. Per averla bisogna prima di tutto darla, nessuno escluso.»

Il settore dello spettacolo è forse il più penalizzato in assoluto, in parte perché poco regolamentato e valorizzato come importante per il PIL nazionale. Auspichi che ci sia finalmente un maggiore riconoscimento pubblico per i lavoratori del comparto? Credi che siano state gettate basi reali per organizzare e professionalizzare maggiormente tutta la filiera dello spettacolo, dall’artista al tecnico, al promoter?

«In Italia il settore spettacolo dai più non è ancora visto come un lavoro, ma viene visto come un divertimento, colpa anche della mancanza di riconoscibilità di un patrimonio inestimabile che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Questo paese è colmo d’arte per le strade, nei palazzi, nei musei. Tutto questo è stato creato da artisti geniali che hanno saputo cogliere la sorpresa. Non credo ci sarà a breve una soluzione e un riconoscimento al settore spettacolo, ma penso che anche la gente comune inizi a capire che ha bisogno di arte per rassicurarsi e trovare un po’ di pace. Nell’arte trovi case consolatorie, nuove vite, sogni da realizzare. I lavoratori del settore stanno vivendo un momento tragico, riconosciuto, ma non ancora risolto. In situazioni come questa di certo a pagare non è il grande artista, che per non perdere soldi per via del minor numero di pubblico ai suoi concerti preferisce saltare un anno e non lavorare perché tanto se lo può permettere. E così anche le multinazionali dello spettacolo, però c’è un variegato gruppo di artisti, tecnici e manager che hanno voglia di riprendere, di lavorare e di continuare. Si dovrebbe capire che dietro a uno spettacolo lavorano tecnici luci, tecnici audio, montatori, maschere, personale addetto alla sicurezza e tutti loro hanno famiglie da mantenere, come li ha l’impiegato di banca e l’insegnante.»

Gli spettacoli ai tempi del covid-19 saranno certamente ricordati come tentativi coraggiosi di riportare l’arte alla gente, nonostante il distanziamento sociale e la difficoltà di generare empatia che provoca la lontananza. Come credi sarà la risposta del pubblico? Senti prevalere il fermento e la voglia di bellezza o la paura tra gli ascoltatori?

«Oggi più che mai non c’è differenza tra pubblico e artista. Abbiamo vissuto tutti una grande prova e dobbiamo prenderci per mano e darci sicurezza. Percepisco ancora la paura di molti, ma è solo questione di abitudine, passo dopo passo si uscirà anche da questa vicenda e serve uno sforzo importante da parte di tutti. Penso che i primi spettacoli saranno commoventi, grandiosi, ci sarà forte empatia e commozione. Si vivrà tutto insieme senza distanze, come una grande famiglia che si ritrova.»

Sappiamo che ti sei confrontata con molti interlocutori, dai grandi promoter alle piccole agenzie, alle cooperative di lavoratori dello spettacolo. Avete condiviso strategie di medio periodo per poter navigare a vista nell’organizzazione degli eventi di quest’anno? Le amministrazioni pubbliche sono state proattive in questa situazione di difficoltà o sono rimaste in silenzio?

«Ho visto voglia di ripartire da parte della maggior parte delle amministrazioni pubbliche, voglia di aiutare e promuovere la ripartenza, grandi sforzi in mezzo a centomila difficoltà. Ci siamo confrontati da subito tra innumerevoli dubbi e perplessità, aspettando le indicazioni da parte del governo, che alla fine sono arrivate ma con molte restrizioni. D’altra parte è anche difficile per un governo decidere come riorganizzare gli assembramenti, con la paura di creare un nuovo pericolo, ma alla fine un compromesso lo si è trovato e quest’anno si vivrà una stagione di sopravvivenza.»

Guardando con positività all’edizione 2021 di Rumors pensi di confermare la stessa line-up del Festival che non ha potuto essere realizzato quest’anno? Devendra Banhart e Woodkid sono artisti di grande caratura internazionale ed erano molto attesi in città. Fabi poi è una certezza per qualità musicale e spessore umano, Tones and I è la novità discografica di quest’anno e sarebbe stato interessante vederla in azione sul palco.

«Penso si riprogrammerà tutto secondo scaletta con l’aggiunta di qualcos’altro di nuovo.»

Woodkid

La musica dal vivo nella nostra città era già in grande difficoltà prima del Coronavirus, caratterizzata da grandi eventi solo nel periodo estivo, a volte di rilevanza commerciale più che musicale. Esibirsi in città con progetti artistici che non siano cover o musica di sottofondo è cosa rara. A tuo parere quali sarebbero le azioni da mettere in atto per aiutare la scena musicale locale e riportare il pubblico ad ascoltare, dimostrando rispetto per gli artisti?

«I locali sono l’unica soluzione possibile, perché le scelte di qualità si fanno con la passione. Servirebbe un aiuto pubblico o degli sponsor importanti a sostegno di realtà qualitative importanti e aggiungerei fondamentali. Io credo nell’arte pura, e da artista mi voglio emozionare io stessa sul palco oltre a veder vibrare l’anima di chi guarda e ascolta. C’è una sola strada: servono persone di spessore con il fuoco sacro della musica. Battersi per il bene della musica è un regalo immenso che si fa per la crescita delle persone tutte.»