È solo gennaio e già abbiamo un paio di film che in molti definiscono dei “capolavori”; sarà sicuramente un caso, ma entrambi parlano di guerra, seppur con toni differenti e di differenti periodi (l’altro titolo è il notevole Jojo Rabbit, ambientato durante la Seconda guerra mondiale), ma ciò che per una volta colpisce è che nessuno dei due narri di fatti realmente accaduti.

Ormai è una rarità, ma se escludiamo le avventure dei colorati e svolazzanti supereroi, ogni tanto può capitare di andare al cinema per godersi un film che non sia tratto da una storia vera. Più o meno. Nel senso che Sam Mendes ci tiene, sui titoli di coda, a ringraziare il nonno per ciò che gli raccontò della Prima Guerra mondiale quand’era un soldato, ma l’esile soggetto pare che non si riferisca ad alcun episodio di vita vissuta.
Per quanto ne sappiamo il regista e cosceneggiatore potrebbe essersi ispirato anche all’immortale romanzo di formazione Ogni buco è trincea, ma da spettatore ciò che più conta sono le sensazioni che cerca di trasmettere. Ci è riuscito? Abbastanza, ma non del tutto.

Intendiamoci, 1917 è un Signor film e durante le quasi due ore di proiezione non sono rari i momenti coinvolgenti, ma l’autore sembra essere più interessato al COME raccontare e non tanto a COSA raccontare; insomma, la tragica giornata del giovane Caporale Schofield (un ottimo George MacKay già notato in Pride e in Captain Fantastic) che deve andare dal punto A al punto B sembra più la trama di qualche livello di un videogioco che non quella di un film, perciò quali sono le reali motivazioni che hanno spinto uno come Sam Mendes, solitamente attentissimo alle sceneggiature che sceglie (ultimi due Bond a parte, è il regista di titoli come American Beauty e Era mio padre), a tuffarsi in un progetto come questo?

1917 è concepito come due unici, lunghi piani sequenza separati da una pausa temporale obbligata dalla trama anche se, in realtà, un occhio attento non farà fatica a notare le pur ineccepibili “giunture” (solitamente quando qualcosa occupa l’intera inquadratura); è una gara con l’Iñárritu di Birdman a chi lo gira più lungo, visto che pure quel titolo è noto per aver utilizzato la medesima, funambolica tecnica registica? Credo che le motivazioni che hanno spinto i due autori siano differenti, ma è indubbio che in entrambi i casi la “regia invisibile” – tanto amata da un genio come Billy Wilder – vada a farsi benedire.
Quando non è più la tecnica ad essere al servizio del racconto, ma è il racconto a risultare un mero pretesto per esibire la tecnica, allora in scena non ci saranno più solo gli attori occupati a recitare la propria parte, ma anche la macchina da presa con la sua incomoda ed ingombrante presenza diventerà una vera e propria coprotagonista.
Naturalmente nessuno dice che tutti i film debbano essere girati in modo classico, altrimenti la Storia del Cinema ci avrebbe privato di giganti come Hitchcock e Kubrick, ma una scelta radicale come quella di Mendes deve avere uno scopo chiaro e preciso fin dall’inizio.

L’esperienza immersiva di 1917 ricorda quella provata durante la visione di Gravity di Cuarón: che si tratti di agorafobia o di claustrofobia, tutte e due le pellicole hanno il merito di riuscire a catapultare dentro lo schermo lo spettatore, che spesso è proprio ciò che si desidera, sebbene il confine tra Cinema e “giro in giostra” si faccia sempre più labile.

Che Mendes sia più a suo agio con la regia che non con le parole risulta piuttosto evidente: riesce a trasmettere ansia, a far percepire l’orrore (“L’orrore. L’orrore!”) della guerra pur mostrando solo lo stretto necessario, ci trascina nelle anguste trincee con i suoi attori facendoci respirare polvere e morte, ma purtroppo incespica in una sceneggiatura troppo spesso schematica e prevedibile che ci riporta, nostro malgrado, sulla poltrona del cinema.

Un buon film, ma 10 candidature all’Oscar forse sono un po’ troppe.

Voto: 3,5/5 

1917
Regia di Sam Mendes
con George MacKay, Colin Firth, Benedict Cumberbatch, Dean-Charles Chapman, Mark Strong, Andrew Scott, Richard Madden e Claire Duburcq