“Parleremo di sport e diritti civili, un macro titolo che tocca tantissime aree e persone che chiedono e lottano ogni giorno per i loro diritti”. Con questa frase la giornalista sportiva Francesca Castagna ha aperto l’incontro della terza edizione del Festival del Giornalismo dal titolo “La discriminazione di genere nel calcio”.

Ripartire dal mondiale di calcio del 2019

A dialogare con Francesca Castagna Alessandro Vinci (giornalista de “Il Corriere della sera”) e Marco Giani (autore del saggio “Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce“). Dopo una doverosa introduzione alla storia del calcio femminile, purtroppo ancora poco conosciuta, la discussione è iniziata dallo storico mondiale del 2019, vero punto di svolta per il movimento calcistico femminile italiano. In particolare Alessandro Vinci spiega che “i mondiali hanno rappresentato un boom di interesse, specialmente in Italia. Un traguardo che nasce da lontano e da molto lavoro anche da parte della Lega Calcio, dato che dalla stagione 2018/2019 la serie A femminile non è stata più organizzata dalla Lega nazionale dilettanti ma direttamente dalla FIGC.

Un punto di partenza che ha portato al grande traguardo dell’anno scorso, ovvero il passaggio al professionismo del calcio femminile”. Continua Vinci: “Nel 2012 le donne tesserate erano undici mila fino all’arrivo record di trentamila prima dell’inizio della pandemia da Covid-19”. Un movimento che negli Stati Uniti invece procede a un’altra velocità, come Marco Giani ha sottolineato: “Il contesto del calcio femminile tra il nostro Paese e gli Stati Uniti è molto diverso. Nel 2019 per l’Italia la posta in gioco era superare il girone mentre per la nazionale statunitense era quello di vincere il titolo mondiale.

Sul versante politico invece la lotta che la calciatrice Megan Rapinoe ha combattuto sull’“Equal pay” – ovvero la parità retributiva – è simbolicamente figlia di un’idea economica diversa da quella italiana, dato che le atlete della nostra nazionale richiedevano all’epoca semplicemente il riconoscimento del diritto al professionismo”.

L’incontro della mattinata si è svolto alla Dogana di terra. Foto di Filippo Baldi.

Non solo calcio femminile

Il ruolo del giornalismo in questo caso è fondamentale nel veicolare una narrazione che ponga al centro queste criticità, interrogandosi su come alimentare ancora di più l’interesse riguardo il calcio femminile in modo tale da rendere sempre più sostenibile economicamente l’intera categoria. Un movimento, lo sport femminile, che in realtà riguarda la maggioranza della popolazione mentre molte minoranze invece, afferma Francesca Castagna, sono ancora in ombra. “Quest’anno” replica Marco Giani “nella nazionale degli Stati Uniti è stata convocata una calciatrice priva di una mano, che al momento gioca già nella lega professionistica americana. (…) Nel discorso anti-trumpiano che Megan Rapinoe tenne a New York per la vittoria del mondiale disse proprio che loro erano una nazionale con omosessuali, eterosessuali, bianche, nere.

Il discorso di Megan Rapinoe.

Una visione di diversità già radicata che in realtà fa molto di più di tante campagne di sensibilizzazione”. L’importante perciò è trattare questi atleti per quello che sono, ovvero sportivi. La comunicazione giornalistica deve perciò svestirsi di ogni visione paternalistica, facendo le stesse critiche e complimenti senza differenziazioni di qualsiasi tipo.

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Sport, diritti umani e discriminazione di genere al Festival del giornalismo.
Interviste di Beatrice Branca, video a cura di Filmica.

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