Gli eventi di Fondazione Arena, precipitati a causa dei tempi che non danno più margini di discussione, aprono una serie di riflessioni non tanto sul nome di chi sarà la prossima guida della Fondazione, ma del riverbero politico che questa vicenda ha assunto.

Ci si può quindi domandare se il continuo temporeggiare del sindaco, novello Quinto Fabio Massimo, sia stata la causa prima della situazione di contrasto all’interno del Consiglio di indirizzo e che sta avendo eco oltre le mura scaligere.

L’attrito tra amministrazione e governo

La cronaca è inequivocabile: al primo incontro Damiano Tommasi e i suoi nominati sono stati gli unici a votare positivamente per una manifestazione di interesse che è caduta come un meteorite sul tavolo del Consiglio di Indirizzo, riscuotendo l’opposizione dei rappresentanti che vi siedono per il governo centrale e regionale, per la Camera di Commercio e per quel privato (per Cattolica Assicurazioni) la cui presenza, tanto agognata, sembrava l’uomo che dalla panchina entrava in campo per il gol della vittoria, fallendolo miseramente.

L’avvento del nuovo governo, che sembra intenda prevaricare l’amministrazione locale nell’individuazione del sovrintendente mettendo una serie di paletti, di fatto priva l’amministrazione della città di quella autonomia sugli asset strategici e sulla politica culturale che sono un indirizzo cittadino di cui l’amministrazione è chiamata a rispondere, alla luce degli impegni manifestati in campagna elettorale. È una questione di un progetto, di una visione, che ogni amministrazione di una città vuole dare alla realtà che è stata chiamata a governare, con la legittimazione  del voto democraticamente espresso.

L’Arena di Verona completamente vuota dagli allestimenti del Festival lirico. Foto di Rui Alves su Unsplash.

Un cambio di governance difficile da applicare

La fatica con cui questa amministrazione prende decisioni sul tema delle nomine è sinonimo di mancanza di concordia nella coalizione, oppure è il sintomo di eccessiva solitudine del sindaco, avvezzo a portare allo stremo le discussioni in attesa di arrivare con la sua soluzione e farla accettare come inevitabile? Ma quando la soluzione tarda, a quale prezzo?

Sicuramente, anche se la nuova nomina fosse lasciata in capo al ministro attraverso il lasciar scadere i termini della prorogatio a Gasdia (e quindi dando al governo la possibilità di commissariare per almeno sei mesi la Fondazione) o attraverso una inutile manifestazione di interesse, bocciata all’esordio, che avrebbe portato sul tavolo del ministro una rosa di nomi, sui quali poi la decisione sarebbe solo quella del ministro stesso, il prezzo pagato sarebbe quello della perdita totale del controllo sociopolitico della città.

Tradotto, significherebbe il tradimento della volontà degli elettori veronesi che nel giugno scorso si sono espressi per un cambio sul modello di governance della città.

Commissariamento inevitabile?

Dum Romae consolitur, Saguntum expugnatur”, diceva Tito Livio e procrastinare le decisioni rischia di portare a una situazione che potrebbe diventare insostenibile per la città, prima, e per la Fondazione Arena, poi.

La sovrintendente in uscita Cecilia Gasdia.

Il commissariamento a questo punto prende sempre più forma e, a rigor di logica, porterebbe la sovrintendente uscente ad assumerne il carico. E ciò renderebbe ancor più potente, ai sensi di legge, la figura di Gasdia, che passerebbe da non essere gradita a questa amministrazione a essere confermata con maggiori poteri e prerogative su tutti gli asset di Fondazione Arena, avendo anche il bonus di non dover rispondere nemmeno al Consiglio di indirizzo ma solo al ministro.

Senza trascurare che la legge indica in sei mesi il tempo minimale per il commissariamento, a prescindere poi da quando il Consiglio di indirizzo nominerà il nuovo sovrintendente, il quale entrerà in carica con la scadenza del mandato del commissario. Un commissario quindi plenipotenziario che avrà in capo la gestione del 2023 e la pianificazione delle attività dell’anfiteatro per il periodo estivo 2024, in piena autonomia e senza obbligo di confronto.

A che pro la manifestazione di interesse

A che serve poi una manifestazione di interesse, visto che il 5 marzo la decisione deve essere già sul tavolo del ministro Sangiuliano? Se tale manifestazione deve essere fatta e possa avere un minimo di credibilità, deve essere aperta per un minimo di due settimane e i  tempi non ci sono.

Deve essere di carattere internazionale, per non incorrere negli strali dell’Unione europea, scontentando il ministro, il quale ha ribadito le posizioni governative durante l’illustrazione della linea di governance italiana nelle Fondazioni Lirico Sinfoniche durante l’udienza parlamentare all’uopo dedicata, testimoniata dalle notizie che arrivano da Milano e da Firenze.

Quindi di che si va a parlare? Tanto più che le manifestazioni di interesse sono obbligatorie per le cariche di enti pubblici, ma non per istituzioni di diritto privato quali sono le fondazioni lirico-sinfoniche italiane a cui appartiene Fondazione Arena?

È pertanto il tempo di decisioni serie, pragmatiche e coraggiose, anche se esse costano un braccio di ferro con il ministero, per affermare che la città di Verona ha una governance che ha realmente una visione sulla città. Il rischio è di dare l’immagine di affidarsi alla dea bendata o, per dirla in gergo calcistico, ad un rigore dubbio nei minuti di ricupero.

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