Paola Tessitore è la direttrice di Verona Minor Hierusalem, nota fondazione cittadina che propone iniziative di turismo culturale allo scopo di valorizzare la città. L’attività principale dei volontari consiste nell’accogliere i visitatori che entrano spontaneamente in una delle 17 chiese che compongono tre itinerari tra loro collegati e proposti da VMH. A fare da guida, l’antica via Postumia, importante asse stradale che dall’età romana unisce le città di Genova e Aquileia, passando anche per Verona.

Il modello organizzativo e di valori che sottende il progetto è stato ideato proprio da Tessitore e pone al centro la collaborazione tra territorio e volontariato. «Ho studiato Economia a Verona e all’indomani della laurea ho iniziato subito a lavorare nello studio di consulenza aziendale di mio padre dedicandomi agli aspetti organizzativi, molto vicini alle mie inclinazioni – afferma la direttrice -. Ho cercato di arricchire la mia crescita formativa e professionale acquisendo soft skill in diversi ambiti anche del Terzo Settore: dallo scoutismo ad associazioni con giovani disabili, da attività di studio e ricreative con gli adolescenti, a gruppi di scambi culturali.»

Paola Tessitore, direttrice di Verona Minor Hierusalem

Dottoressa, come è approdato il suo modello organizzativo al volontariato culturale?

«Ho deciso di mettere a frutto quanto imparato nei miei vent’anni di esperienza nel settore aziendale al fianco di mio padre: da lui ho ricevuto una vera e propria eredità professionale, da mettere a frutto insieme a persone ed Enti veronesi. Oggi occorre preservare il patrimonio culturale con una attenzione sempre maggiore alla sostenibilità per tramandarlo alle nuove generazioni. Ho cercato quindi di realizzare un progetto culturale per la città, con la città e della città in cui ciascuno potesse lasciare un proprio segno e sentirsi parte di un progetto più grande.»

Di che cosa si occupa Verona Minor Hierusalem?

«È un progetto di volontariato culturale formato che accoglie visitatori e pellegrini in 17 chiese, non sempre facilmente accessibili, dal grande valore storico e artistico. Siamo tutti responsabili della sostenibilità ambientale, sociale ed economica della nostra città ed è nostro compito valorizzare ciò che ci è stato lasciato. Ma l’attività principale dei volontari della Fondazione VMH è, prima di tutto, l’accoglienza: si dona il proprio tempo per aprirsi a nuove relazioni con qualsiasi persona entri nelle chiese. La relazione al centro di una vera e propria “economia del dono”.»

Chi sono i volontari di VMH?

«Il progetto mira a coinvolgere tutti, qualsiasi sia la loro età e professione, dai ragazzi di terza e quarta superiore per i progetti Pcto (ovvero i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento che hanno sostituito l’alternanza scuola-lavoro, ndr), agli universitari, gli adulti, i pensionati.

I volontari non sono lavoratori non retribuiti, ma scelgono liberamente cosa vogliono donare: se talento, competenza o professionalità oltre, ovviamente, al tempo che è una risorsa sempre più preziosa e difficile da donare.

Ciascuno, dopo un colloquio conoscitivo iniziale, sceglie quale obiettivo personale raggiungere e si definisce insieme un percorso personale all’interno del grande e unico Progetto VMH. Il mio compito è quello di garantire a tutti una sfera personale d’interesse. C’è chi partecipa alle attività per esercitare le lingue, chi per intessere nuove relazioni, chi per combattere la solitudine, chi per amore della propria città o chi per “fare palestra” prima di entrare nel mondo professionale, come ad esempio gli universitari.»

Quale tipologia di volontariato ha deciso di integrare nel suo progetto?

«Il volontariato culturale che proponiamo è ben diverso da un semplice progetto di valorizzazione turistica. Il modello “Tessere relazioni per il bene comune” significa proprio questo: il lavoro di squadra ha come obiettivo il benessere personale e il bene comune del territorio. A ciascuno viene proposto un percorso individualizzato di formazione interdisciplinare, dando poi a tutti la possibilità di essere dei veri custodi del patrimonio culturale, artistico e spirituale della propria città. Potremmo definirlo a tutti gli effetti un progetto relazionale, organizzato con un organigramma di servizi circolare e non gerarchico.»

Alcuni volontari di Verona Minor Hierusalem, foto ©Fondazione Verona Minor Hierusalem

Volontariato e cultura sono da sempre due termini difficili da accostare. A fronte di una necessaria professionalizzazione in questo settore, qual è il peso e il ruolo di un volontario?

«I nostri volontari non si vogliono sostituire alle guide turistiche o agli specialisti. Anzi, sono queste le figure coinvolte per la formazione. Solo nel corso del 2020, le ore di formazione offerte ai volontari, in cambio del tempo da loro donato, sono state 295: lingue straniere, teatro, webinar culturali, incontri individuali. Tutti i gruppi di ricerca sono coordinati da professionisti e ogni volontario è libero di programmare il proprio percorso come preferisce. Obiettivo delle ore di formazione è anche quello di trovare in ciascuna persona quel quid che li renda differenti da una guida turistica.

Ad esempio, uno dei progetti, “Rendere visibile l’invisibile”, insegna come presentare ai turisti e ai veronesi un edificio noto come può essere la chiesa di San Giorgio in Braida, senza essere nozionistici. In chiesa i volontari hanno a disposizione un tablet, con cui mostrare al visitatore una fotogallery riportante le varie fasi di restauro della cupola del Sanmicheli, oppure l’interno del campanile. Con questi strumenti rendono visibili dettagli di elementi storici e artistici altrimenti non fruibili. I contenuti multimediali e l’innovazione tecnologica vanno così a supporto della relazione con il visitatore.» 

VMH ha, tra i capisaldi del progetto, anche quello di creare una forte sinergia con il territorio. In questo senso, quali sono i punti di forza e di debolezza della città di Verona?

«Verona è anzitutto in una posizione geografica strategica e su questo, soprattutto, dovrebbe fare più leva. Attraverso Verona sono passate alcune tra le vie di comunicazione antiche più importanti e dove ci sono strade c’è da sempre anche il passaggio di storia e di culture. La difficoltà sta forse nel creare una relazione con i poli, economici e culturali, che ha accanto. Verona ha innumerevoli risorse, da quelle naturalistiche e paesaggistiche, a quelle storiche e archeologiche, fino a toccare l’economia.

Mi chiedo però se siamo davvero in grado di valorizzare l’eredità che abbiamo ricevuto creando sinergia tra tutti gli enti, le istituzioni e i cittadini.»

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