Allo stato attuale, nonostante il clima pandemico abbia ridotto e rallentato le produzioni, le innumerevoli piattaforme mettono a disposizione una varietà di titoli adatti alle più disparate inclinazioni e preferenze.

Vi proponiamo cinque serie del 2020 che forse non avete visto a cui dedicare il vostro binge-watching natalizio, rigorosamente all’interno del Comune di residenza e/o domicilio, anzi meglio, chiusi tra i confini del vostro divano. 

Per ogni serie proposta, oltre a una breve descrizione spoiler free cercheremo di darvi gli elementi chiave che vi aiuteranno a comprendere se il prodotto fa al caso vostro.

The Crown

The Crown, Netflix

Partiamo con un titolo quotatissimo e che senza troppe remore possiamo definire mainstream e di cui è praticamente impossibile non abbiate sentito parlare, soprattutto quest’anno. The Crown, giunta, in questo infausto 2020, alla quarta stagione, è la serie inglese che ripercorre la vita di Queen Elizabeth II (per gli amici Betta). Dopo due eccellenti prime stagioni che hanno ripercorso la gioventù della monarca più longeva della storia e un terza che ci ha introdotto in un’età più matura, in questa nuova stagione riviviamo gli scintillanti anni Ottanta (niente paillettes per Betta però). Sono gli anni di Margaret Thatcher (in un’interpretazione fin troppo caratteriale e ostentata di Gillian Anderson, peccato), ma soprattutto sono gli anni in cui il mondo ha scoperto un amore senza tempo, quello per la non principessa delle principesse, Lady Diana (non ci sono Kate o Megan che tengano, nonostante i riguardevoli, e diametralmente opposti, sforzi).

Merita perché: ovviamente perché parla di Elisabetta; entrambe le attrici che interpretano la Regina – Claire Foy da giovane, Olivia Colman (premio Oscar come miglior attrice protagonista per “La Favorita” nel 2019) da adulta – hanno regalato due interpretazioni eccellenti; Diana – portata in scena dalla promettente Emma Corrin – anche se sospesa tra mito, leggenda e romanzo riesce a rinnovare il travolgente fascino di Lady D; Helena Bonham Carter (interpreta la principessa Margaret) in questa stagione ci ricorda di essere una grande attrice e non una macchietta relegata ai personaggi dell’ex marito (Tim Burton); Il Principe Filippo, giovane o vecchio, nella fiction come nella realtà, è sempre un’ottima ragione. 

The comey rule

The comey rule, Sky

Partiamo subito da un presupposto che però non vi deve demotivare: non è una serie magnifica e poteva essere fatta molto meglio. Inoltre, prima di approcciare la visione è fondamentale entrare nell’ordine delle idee che la serie non ricostruisce i fatti a onore di cronaca ma bensì ne da una versione. I fatti in questione sono quelli che hanno portato, direttamente o indirettamente, alle elezioni di Donald Trump nel 2016 e in particolare al caso delle “mail di Hillary Clinton”. La versione, invece, è quella di Jim Comey, all’epoca direttore dell’FBI, accusato dai sostenitori di Hillary di aver favorito con le sue indagini e pubbliche dichiarazioni la salita al potere di Trump e poi licenziato dallo stesso. La miniserie, composta da soli due episodi (ma molto lunghi) è basata sul libro scritto dallo stesso Comey e proprio per questo non può che riportare una narrazione soggettiva. Nonostante si potesse fare meglio soprattutto con la sceneggiatura, Jeff Deniels nei panni di Comey è al solito impeccabile e la rappresentazione di Donald Trump é assolutamente degna di nota. Lontana dalla macchiette caricaturali, dagli abiti da pagliaccio, dall’ostentazione comica di reminiscenza proto berlusconiana, l’interpretazione di Brendan Gleeson fa cadere tutte le maschere e rivela il mostro, nella sua astuzia e in tutto il suo ego. 

Merita perché: Jeff Daniels che interpreta un repubblicano di altri tempi merita sempre; la rappresentazione di Donald Trump; ha il coraggio di narrare qualcosa che in definitiva sta ancora accadendo. Se siete liberali, se vi mancano i repubblicani alla McCain, se vi aggrappate  ancora all’illusione di un ritorno della politica dei giusti questa è la serie che fa per voi. 

Una valida alternativa: The Looming Tower, Amazon Prime

Love and anarchy

Love and anarchy, Netflix 

Per la quota Nord Europa, vi proponiamo Love and Anarchy, dramedy svedese da quel sapore unico che solo una polpettta dell’Ikea potrebbe spiegare. Sofie, consulente aziendale di successo ma insoddisfatta dalla monotonia della vita e da un marito alquanto basico trova sfogo e sollievo nell’autoerotismo. Dal pretesto di una situazione potenzialmente imbarazzante con un giovane collega, attraverso un gioco ad armi pari,  la protagonista intraprende un viaggio che la porterà ad affrontare i mostri che teneva nascosti nell’armadio per condurla verso un processo di riaffermazione e riscoperta della propria identità.  

Merita perché: come tutti i prodotti nord europei supera o meglio nemmeno prende in considerazione quei tabú catto-cristiani che impregnano non solo le produzioni nostrane ma anche quelle statunitensi; perché è bellissimo da vedere in lingua svedese; perché è un inno al valore della persona senza scadere mai nella retorica; perché forse non fa ridere ma fa sorridere in maniera brillante. 

Normal people

Normal people, Starzplay 

Tratta dall’omonimo best seller di Sally Rooney, la serie racconta la storia d’amore dei due giovani irlandesi Marianne e Connell. Al liceo lui è popolare e amatissimo, lei di famiglia borghese ma introversa ed emarginata, insomma, il concept non è certo nuovo ed è facilmente sintetizzabile con le parole del sommo profeta Venditti “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Rimane però una qualità narrativa pregevole, le interpretazioni dei due protagonisti esemplari, una fotografia piacevole e soprattutto una profonda intensità nel portare sul piccolo schermo le pieghe di un età così affascinante e contraddittoria che l’arte non si stancherà mai di raccontare.

Merita perché: per una certa poesia che dipinge la serie, dalla sceneggiatura alla fotografia; per l’Irlanda; perché per noi adolescenti cresciuti a pane e Dawson Leery – che attese la luce divina per cogliere le rose altrui – questo tipo di narrazione sulla scoperta dell’intimità ci libera da tutti i mali (NB: con questo non voglio negare il valore di Dawson’s Creek che per i tempi fu una vera e propria rivoluzione e riuscì a inquadrare noi, adolescenti della provincia qualunque, caricati di aspettative che non siamo mai stati in grado di soddisfare e gonfiati di illusioni che il nuovo millennio ha ampiamente disatteso). È quello che fa per voi se sapete godervi una storia d’amore ben scritta, se provate una certa e costante nostalgia per l’adolescenza e per quell’innocenza morale fatta di assoluti e opposti che siete consapevoli di aver perso per sempre e soprattutto se avete amato il film Call By Your Name di Guadagnino.

Little America

Little America, Apple Tv +

Sbarcata sulla piattaforma di Cupertino in Italia a metà gennaio (ma tra un lockdown e l’altro vi può essere sfuggita) Little America racconta, attraverso 8 storie, l’integrazione negli Stati Uniti. I racconti, sono tutti ispirati a storie vere già raccolte e pubblicate sulla rivista “Epic Magazine”. 

È il sogno americano che diventa reale e si tinge di emozioni, persone, storie: l’American Dream perde la sua connotazione onirica e mitologica per calarsi nella vita vera fatta di difficoltà, sconfitte, dolori ma anche risate, soddisfazioni, felicità e amore. 

Merita perché: è la miglior serie del 2020.

Se non basta vi segnaliamo in breve altre serie che potreste esser curiosi di vedere:

Mrs America, Tim Vision: da vedere se credete che il presente si possa spiegare solo attraverso il passato e se siete convinti che il femminismo non sia fatto slogan da esibire sulle magliette ma  soprattutto perché l’Equal Rights Amendment è un discorso molto attuale. E poi anche perché c’è Cate Blanchett. 

Fargo, Prime: è arrivata una nuova stagione di Fargo riuscendo nell’impossibile impresa di rendere il 2020 meno brutto.

It’s ok not to be ok, Netflix: se aspettavate il momento per iniziare una serie coreana questa è la serie migliore per farlo e perché nel 2020, più che mai, è ok non sentirsi ok.

Ted Lasso, Apple TV: è la serie perfetta per voi se amate il calcio e rivendicate il suo diritto di essere riconosciuto come sport anche negli Stati Uniti (la serie è ambientata in Inghilterra ma il protagonista è un allenatore americano). Inoltre, é il pretesto perfetto per riconoscere universalmente la bravura di Jason Sudeikis, qui nei panni del protagonista.

Zoey playlist, Rai Play: ideale se vi piacciono i cartoni della Disney e i musical, se, in poche parole, non venite colti da istinti omicidi-suicidi quando qualcuno spiega qualcosa cantando. 

Suburra, Netflix: se non l’avete ancora visto è meglio rimediare. L’ultima stagione è un po’ buttata via ma, considerate le precedenti e la pandemia in corso, ad Alessandro Borghi si perdona tutto.

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