È stato un successo al di là di ogni più rosea aspettativa l’evento tutto al femminile “Erosive. La differenza è erotica”, che si è svolto ieri sera in Piazza Bra. Organizzato dalle attiviste di Non una di meno Verona in seguito alle polemiche sulla sostanziale assenza delle donne nel programma del noto “Festival della Bellezza”, l’evento ha richiamato centinaia di persone – tra le quali moltissimi uomini – che hanno letteralmente riempito la piazza per ascoltare le ospiti, le quali, con generosità e bravura, hanno regalato al pubblico presente un controfestival di indiscusso valore. Le protagoniste non solo hanno retto il palcoscenico con disinvoltura e intelligenza ma hanno dato la migliore risposta alla loro esclusione.  

«Penso che questa manifestazione sia assolutamente giusta, ed è la prima in Italia con questa connotazione. È incredibile che possa esistere un festival culturale dove le donne non vengono invitate. Così come è incredibile che, con gli anni Settanta ormai lontani, ancora oggi le donne debbano urlare la loro presenza. Si dice che siamo arrivate in posizioni apicali ma in realtà è soltanto una mano di vernice, perché il potere e i posti chiave sono ancora prerogativa maschile» ha commentato Maria Novella De Luca, giornalista di “Repubblica”, venuta appositamente per assistere all’evento.

Ad aprire le danze una strepitosa Giulia Blasi, scrittrice, blogger e conduttrice radiofonica, che col monologo Brutta ha fatto sorridere e riflettere: «A una donna semplicemente non è consentito essere brutta. Ma l’erotismo nasce più spesso dallo spiazzamento e dalla sorpresa che dalla perfezione. Un corpo imperfetto è più memorabile di uno che abbiamo visto mille volte riprodotto con variazioni minime. Non è di vita sessuale che parliamo qui, ma di come raccontiamo i corpi e le persone, e del potere che attribuiamo agli uni e alle altre. Di quale sia davvero la natura del potere, e di quanto sia di fatto reso impossibile a una donna non porsi il problema di come venga percepito il suo corpo. Essere bella è talmente una necessità sociale che nessuno dirà mai a una donna che è brutta, a meno che non voglia ferirla. Essere brutta è una colpa, una tara, un crimine a cui bisogna porre rimedio con ogni mezzo: trucchi correttivi, chirurgia estetica, tagli di capelli strategici e abiti fatti apposta per “valorizzare” le forme femminili. Insomma – ha proseguito –, il momento in cui diventi donna per davvero non è la maturità né il ciclo mestruale o la maternità. È quando capisci se sei “gnocca”, e, se sì, quanto. Perché quel momento determina la quantità di capitale sessuale che puoi spenderti nei rapporti sociali, il tuo “posizionamento” rispetto a chi detiene il capitale vero e proprio: i soldi e il potere. Il problema è occupare un posto nel mondo non conforme alle aspettative: o decori o servi. Perché il corpo di una donna non ha valore che non sia quello garantito dall’estetica, i cui canoni però sono inesorabilmente stabiliti dagli uomini. Come se la loro opinione fosse sempre necessaria, richiesta, imprescindibile. E come se loro, poi, fossero tutti degli adoni. Ragazzi, non ve lo vorrei dire, ma forse vi state un tantino sopravvalutando».

Dopo di lei, è stata la volta di Maura Gancitano, scrittrice e filosofa, che ha parlato a braccio per circa mezz’ora senza colpo ferire, con un pubblico completamente assorbito dalle sue parole: «Fino a poco tempo fa la cellulite non era un problema. Le donne non passavano il tempo a guardarsi allo specchio in cerca di difetti. È con la cosiddetta società dei consumi che cominciano a proporci cose che non ci servono per risolvere problemi che non esistono. E noi donne iniziamo a vergognarci, per esempio di uscire di casa senza essere depilate o truccate. La bellezza diventa così una sorta di qualifica professionale. Dopodiché quella società di mercato “reinventa” ad esempio la grande industria alimentare, cambiando di fatto il modo in cui percepiamo persino il cibo. Se sei brutta, puoi sempre redimerti occupandoti ossessivamente di come migliorare il tuo corpo. E il cibo non è più nutrimento, ma calorie. Il primo libro che parla di calorie è del 1918, si intitola Diet and health: with key to the calories di Lulu Hunt Peters. La Peters comincia a dirci che non dobbiamo più parlare di “una fetta di torta” ma di “tot calorie di torta”. Inizia quel gigantesco meccanismo di controllo che ha a che fare con la cultura della dieta. Quindi quello che noi oggi consideriamo normale è di fatto un prodotto culturale. Di lì in poi fioriscono migliaia di pubblicazioni che parlano di sessualità, di come le donne dovrebbero provare piacere, si parla di isteria, si inventano pratiche che dovrebbero risolvere questi isterismi, che in realtà sono provocati dalla società stessa. È tutta una costruzione sociale messa in piedi per esercitare un potere, sono prodotti culturali attraverso i quali noi donne possiamo redimerci dall’eventuale bruttezza estetica. Vogliono farci credere di essere libere di curarci di più per piacerci di più. Ma non sei libera se ogni volta che ti guardi allo specchio stai pensando se rientri o no negli standard che altri hanno stabilito per te. Quello che una società dovrebbe invece fare, se fosse realmente basata su principi democratici e sull’idea di creare una fioritura collettiva, è permettere a ogni persona di esprimersi per distruggere e questi meccanismi. Ma chi parla del mito della bellezza? Chi vi spiega cos’è successo a partire dall’Ottocento, e perché ci troviamo in una cultura che ci spinge costantemente a non mangiare, a doverci redimere, a spendere un sacco di soldi e un sacco di tempo per fare cose che agli uomini non tocca di fare? Non ve lo racconteranno mai, perché sono loro che hanno stabilito per noi queste regole che ci costringono a correre affannate dietro la perfezione. Perfezione che a loro, gli uomini, semplicemente non è richiesta . Ma l’hanno deciso loro che non gli è richiesta – ha aggiunto –. Per capire il motivo per cui gli uomini ci ignorano, non ci vedono, non ci considerano, dobbiamo necessariamente capire i meccanismi sociali, vecchi di millenni, che ci hanno portate qui. Dobbiamo raccontare qualcosa che oggi è ancora invisibile, ovvero la vita delle donne, perché questo racconto non cambia solo noi ma anche gli uomini. Se un uomo si rende conto di quali sono i modelli culturali che portano le donne a essere escluse, anche quell’uomo cambia. Mutano i suoi pensieri, le sue parole, le sue azioni. E così cambia la società. Era una grande occasione per gli organizzatori del “Festival della Bellezza”, chiedersi il perché della nostra esclusione. Avrebbero potuto capire alcune cose, e ce le avrebbero potute raccontare. Se chi ha un privilegio lo usa solo per se stesso, non sta cambiando niente. Continua semplicemente a rivendicare uno spazio che non ha per merito, ma solo per genere, e il genere non è una cosa che si sceglie».

Vera Gheno

La scrittrice e sociolinguista Vera Gheno ha strappato subito dopo le risate più fragorose analizzando a modo suo stralci di libri che dovrebbero, nelle intenzioni degli autori, essere erotici. Scopriamo così che solo nelle prime 80 pagine del successo commerciale Cinquanta sfumature di grigio, la protagonista arrossisce ben 52 volte, una sorta di disturbo della pelle evidentemente, ha osservato la Gheno. Con ironia e intelligenza ha riflettuto sul linguaggio maschiocentrico nel porno, chiedendosi se sia normale che i giovani ricevano la loro educazione sessuale da Youporn. Ha elencato a mo’ di lista della spesa tutti i termini ridicoli con cui vengono definiti gli organi sessuali per non nominarli, dichiarando che le donne devono riprendersi la libertà di parlare del sesso in base a parametri propri, non stabiliti da altri.

Federica Cacciola mentre si fa la ceretta

Dopo di lei, la simpaticissima attrice Federica Cacciola si è depilata sul palco, nel corso del suo irriverente Shakespeare in sex, il monologo in cui immagina che anche Giulietta al primo appuntamento con Romeo avrà fatto lo stesso. 

A chiusura della serata le scrittrici Michela Murgia e Chiara Valerio hanno dialogato sull’eterna tensione tra Eros e Thanatos alternando con notevole presenza scenica la filosofia greca alle riflessioni sull’attualità: «Non è possibile confrontarsi veramente con l’altro se sei all’interno di un dislivello di potere – ha detto Murgia –. Questo perché c’è qualcuno che controlla il gioco, e qualcun altro che ne viene controllato. E quando vivi in una società nella quale quel dislivello permea tutti gli ambiti, perpetua ingiustizie, costruisce mancanza di possibilità, distrugge sogni, frena delle corse, non solo è politicamente sgradevole ma è anche eroticamente mortifero. Perché non ci sarà mai un vero incontro».

Michela Murgia

Quando Chiara Valerio si è chiesta a voce alta perché sia stato necessario essere lì, ieri sera, presenti con il corpo e non solo con le intelligenze, Michela Murgia si è rivolta direttamente agli ospiti chiamati a partecipare al Festival della Bellezza: «Probabilmente tutto questo non sarebbe successo se l’unica risposta che avessimo ricevuto fosse stata quella degli organizzatori. Questa cosa è successa perché gli uomini che ci sono lì dentro si sono messi a rispondere, e hanno dato delle risposte deboli. Mi rivolgo a Michele Serra: come puoi dirmi “Cara Michela hai ragione ma io ci vado lo stesso”? Sei un uomo di intelligenza e cultura e se ti invitano a un festival che pratica l’esclusione razziale non ci vai, perché per te il razzismo è ingiustizia. Ma se il festival pratica invece sessismo ed esclusione di genere, per te quella non è ingiustizia. È solo sconveniente, è un’ingiustizia sopportabile. Ecco, quando io mi trovo davanti a uomini intelligenti, con cui condivido dei valori, io pretendo che questi uomini siano con me in trincea a difendere chi subisce un’ingiustizia. Questo è sexy. Questo è erotico».

(Tutte le foto sono di Lisa Accordi)