Ero… rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!

Perdonatemi, ho ceduto alla nostalgia. Però non c’è bisogno di scomodare John Belushi e i Blues Brothers per rendersi conto che le cose non possono andare avanti in questa maniera. E sono sicuro che anche voi la pensate come me. Questa storia dei politici che richiedono i 600 euro di bonus, poi, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Ma vi rendete conto? La mamma, il socio, la beneficenza… ma dove sono andati a finire i bei tempi di una volta? Voglio dire, dove sono finiti gli attici acquistati a nostra insaputa? Non ditemi che abbiamo perso la nostra capacità di inventare scuse talmente improbabili da lasciare interdetto l’interlocutore e poter così proseguire a raccontarle negli anni a venire.

Dove sono finite la fantasia e l’audacia che ci hanno sempre contraddistinto quando abbiamo dovuto spiegare le nostre figure di palta? Le giustificazioni, quelle belle, sono un tango ballato sul filo dell’assurdità. In grado di far passare in cavalleria ben più di 600 euro. Per i quali, detto per inciso, i nostri grandi maestri del passato mai si sarebbero compromessi.

Luigi Cadorna

Giustificarsi fa parte della storia italica. La sintesi perfetta di quel “popolo di santi, poeti e navigatori” che ci accompagna dall’alba dei tempi. Anche nelle occasioni più tragiche. Immaginate il generalissimo Luigi Cadorna che, mentre osserva il suo esercito in rotta e il fiume di sfollati che fuggono dopo la disfatta di Caporetto, si impegna nell’inviare telegrammi per spiegare l’accaduto. I soldati mammolette, disfattisti, il Governo debole e il cancro rosso dei socialisti&comunisti che infesta il Paese… quanto ardire, quanta impudenza.

Creare la scusa perfetta è un’arte. Il commercialista che fa le pratiche di nascosto, la moglie che usa la tua partita iva per fare le prove, parliamo sul serio? E poi il bonus usato per fare beneficenza, quello richiesto dai contabili dell’azienda dove sei socio di minoranza. Ma soprattutto: “ho chiesto il bonus per dimostrare quanto assurdo sia il sistema che lo assegna“. Il tutto dopo averci pensato uno o due giorni. Dov’è l’arte? Dov’è quella capacità di improvvisazione che tante volte ci ha tirato fuori dalle secche?

Una giustificazione poi, per raggiungere appieno il suo scopo, deve essere in grado di trasportarci in un mondo del quale solamente vagheggiamo l’esistenza e dove, segretamente, sogniamo di immergerci. Una realtà ideale, dove la vecchia classe politica è stata completamente rottamata, la povertà è abolita per legge e un anonimo filantropo ha deciso di donare ben 49 milioni alla promozione della cultura.

Ok, qui forse ho esagerato.

Torniamo a noi. Le scuse non possono essere piatte, anonime. Quello che racconti, l’interlocutore deve poterlo visualizzare chiaramente. Toccarlo. Ve lo ricordate quando Borriello è stato squalificato per doping? La storia dei metaboliti del cortisone assunti perché contenuti all’interno di una crema che Belén usava per curare un’infezione intima. Non solo ci si sentiva coinvolti, ma per la prima volta milioni di italiani hanno desiderato doparsi.

Nel mio intimo c’è del cortisone

Quest’incursione nel mondo dello sport e del gossip, però, serve solo a ricordarci che solitamente è tutto quel sottobosco che ruota attorno alla politica a regalarci i più grandi artisti della scusa. Pensate solo alle giravolte dei giornalisti, ai sondaggi sballati e al ragliare scomposto di Vittorio Sgarbi quando deve spiegare la sua ultima scenata. Da questo bailamme escono spesso veri e propri capolavori.

D’altronde è un mondo nato e cresciuto all’ombra del Gran Maestro. Il Sensei della scusa. Riuscite anche solo a figurarvi l’immagine che deve essersi formata nella mente di quel funzionario della Questura, quando, in una notte di maggio 2010, ha ricevuto la telefonata del Presidente del Consiglio? L’affresco della rispettabile famiglia Mubarak preoccupata per le sorti della giovanissima nipote. Questa, signori, è arte.

La fonte di preoccupazione della famiglia Mubarak

Chiudiamo il cerchio. È chiaro che siamo di fronte ad una débâcle sociale e culturale. Una discesa che forse era già evidente quando abbiamo iniziato a credere alle tristi giustificazioni scritte per i diari di ScuolaZOO. Ma non è questo il momento per fare l’analisi della sconfitta. Quello verrà dopo. Ora dobbiamo solo guardare in faccia la realtà. E la risposta può essere solo una.

È stato il commercialista. Se non siamo in grado di partorire nulla di meglio, allora è chiaro che l’onore è perduto. Ed è in questi momenti che spiace non poter rispolverare l’antica tradizione del seppuku.

In alternativa, se la cosa può sembrare un po’ troppo definitiva, mi dicono che stanno organizzando dei corsi di ripetizione. In una villa, in Costa Azzurra.