«Il 14 marzo è scattato lo stato d’allarme e la maggior parte delle attività sono state chiuse – racconta Marta Pilotto -. Molti lavoratori non avevano un contratto e i più fortunati, come me, sono stati mandati in ERTE, l’equivalente alla cassa integrazione italiana.  Ho percepito l’ultimo stipendio il 25 marzo e così come me, tanti altri. I’ERTE sarebbe dovuto arrivare un mese dopo, ma è il 70esimo giorno e proprio come me anche moltissimi altri lavoratori stanno ancora aspettando, senza riuscire ad ottenere una risposta. Il SEPE (corrispondente dell’INPS) è quasi irraggiungibile: se rispondono al telefono, l’attesa va dai 10 ai 20 minuti e le chiamate sono a pagamento. La risposta che si sono sentiti in molti è “Devi verificare con il tuo datore di lavoro che i dati inseriti nel modulo di richiesta siano corretti”.»