Lo scoppio dell’epidemia per il Coronavirus, diventata ben presto una vera e propria pandemia, ha sparigliato i ritmi della nostra vita di tutti i giorni. Tutto si è fermato. La maggior parte, per non dire la quasi totalità, delle attività lavorative e ludiche hanno decretato lo stop a data da destinarsi. Questa serrata generale, imposta dall’alto delle disposizioni governative, ha rovesciato inevitabilmente i suoi effetti anche sul mondo dello sport e su tutti gli eventi a esso collegati. L’annullamento più eclatante ha riguardato senza dubbio le Olimpiadi, l’evento sportivo per eccellenza, che si sarebbe dovuto disputare nel prossimo mese di agosto, a Tokyo, in Giappone. Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ha verificato fino all’ultimo la possibilità di resistere ma alla fine ha dovuto a malincuore issare sul proprio pennone la fatidica bandiera bianca.

Spostando l’analisi in casa nostra, una delle Nazioni più colpite da questa pandemia, un passo alla volta le varie discipline sportive hanno via via abbassato le proprie saracinesche. Il primo a farlo è stato il mondo del rugby, che senza mostrare particolari tentennamenti, ha deciso di annullare la stagione in corso, per buona pace della compagine veronese del Verona Rugby, in piena lotta per tornare nella Top12, un obiettivo forzatamente rinviato al prossimo anno. La scelta della palla ovale è stata seguita dalle federazioni di pallacanestro e pallavolo, che in maniera quasi speculare hanno scelto di chiudere i battenti, rinviando ogni discorso all’anno prossimo. Anche qui ne hanno rispettivamente fatto le spese la Bluvolley Calzedonia e la Tezenis Scaligera Basket. La società del Presidente Pedrollo, in particolare, poneva in questa stagione le proprie ambizioni di risalita in Serie A1 ma dovrà accantonare il sogno, facendosene in qualche modo una ragione. Il fattor comune che ha prevalso sugli interessi delle parti in gioco, conducendo tutti o quasi nella medesima direzione, è stata la priorità indiscutibile rappresentata dalla salute di atleti e addetti ai lavori.

Chi, invece, non riesce ancora ad arrendersi è il mondo del calcio. L’Uefa, il massimo organismo calcistico europeo, ha rinviato al prossimo anno i Campionati Europei, in programma nel mese di giugno, senza tuttavia rinunciare all’idea di portare a termine campionati nazionali e coppe europee. Sicuramente la salute viene prima di tutto, tuttavia gli interessi in gioco, in particolare anche quelli economici, sono talmente ampi che quasi nessuno sembra disposto ad arrendersi. In ballo c’è sicuramente l’aspetto sportivo, dove chi si trova in posizioni di testa, sembra poco disposto a rinunciarvi. Sono i casi, ad esempio, della Lazio, in piena lotta per il titolo, o del Benevento, oramai prossimo a mettere in cassaforte la promozione in Serie A. Non bisogna altresì dimenticare anche l’aspetto economico, perché tra possibili mancati introiti di diritti televisivi e biglietti venduti, il danno può essere ragionevolmente quantificato in svariati milioni di euro. Ecco, forse, spiegato il motivo per il quale in questo caso il triplice fischio tarda ad arrivare. O probabilmente, come qualcuno sostiene, mai arriverà. La “scappatella” d’uscita, laddove tutto dovesse riprendere, è rappresentato dal giocare a “porte chiuse”, senza alcun spettatore sugli spalti. Il calcio vero, però, è un altro. Giocare nell’assordante silenzio di uno stadio deserto, non è più football. In realtà, poi, va detto che il calcio è l’unico sport a potersi permettere di giocare senza il suo pubblico essendo la vendita dei tagliandi allo stadio diventata negli ultimi anni solo una delle voci economiche, e di sicuro non quella predominante, delle società, che ormai vivono quasi esclusivamente di introiti televisivi.

Un aspetto, infine, che non ha mancato di destare forti perplessità riguarda l’avversa posizione manifestata dall’Assocalciatori verso una paventata riduzione degli stipendi dei propri assistiti. Juventus a parte, che si è mossa senza attendere decisioni dall’alto, tutti gli altri club rimangono per ora alla finestra mentre AIC, il sindacato dei calciatori presieduto da Damiano Tommasi, si è messo di traverso. Stupisce, a tal proposito, la posizione assunta dall’ex giocatore di Hellas e Roma, da tutti sempre ammirato per la sua attenzione verso il mondo della solidarietà, che ha fatto vedere un atteggiamento ancora distante, inusuale per uno come lui. Forse, però, come ha fatto notare qualche addetto ai lavori, lo stesso Tommasi potrebbe essere stato “costretto” – per ragioni più grandi di lui – a indossare un abito sicuramente poco adatto alla sua persona e ai suoi principi.

Il presidente Aic Damiano Tommasi

Se il mondo del calcio sceglierà di arrendersi al momento nessuno lo sa. Anzi, l’impressione è che si farà di tutto e di più per raggiungere il dichiarato obiettivo di portare a termine la stagione. La salute rimane un bene primario,ma gli interessi economici e sportivi in ballo, giocano una parte non certo irrilevante. Chi alla fine la spunterà, al momento non è ancora dato a sapersi.