Negli ultimi giorni le proteste contro la morte del 46enne afroamericano George Floyd, soffocato dall’agente Derek Chauvin, hanno abbattuto i confini statunitensi e sono diventate internazionali. Nonostante l’emergenza Covid-19, milioni di persone hanno invaso le strade dei cinquanta stati americani e di molti Paesi del resto del mondo: dal Minnesota ad Amsterdam, dalla Siria a Berlino, “I can’t breathe” è arrivata anche a Verona. A sostenere l’iniziativa le associazioni Rete degli Studenti Medi e AfroVeronesi.

Anche nella città scaligera il movimento Black lives matter ha organizzato un presidio in Piazza dei Signori oggi, venerdì 5 giugno, per esprimere solidarietà alla famiglia di George Floyd e gettare un cono di luce anche sui problemi che affrontano i neri in Italia nel 2020. Tantissimi i giovani che hanno risposto – purtroppo nella maggior parte dei casi senza rispettare le norme anti Covid-19 sulla distanza sociale – “all’appello” con la loro presenza e con i loro eloquenti cartelli.

Dora Arthur

«Ci si potrebbe chiedere perché questa manifestazione venga fatta in Italia, a Verona se il terribile fatto si è verificato in America, oltreoceano – ci racconta la studentessa Dora Arthur, 18enne nata in Italia da genitori ghanesi –. Alla luce del brutale omicidio di George Floyd, possiamo affermare quasi tutti di aver provato un immenso dispiacere e senso di solidarietà. Tuttavia, non ci dobbiamo dimenticare che il razzismo esiste anche in Italia, con dei meccanismi diversi ma con un’intensità non minore. Non è un razzismo “di serie B”: il nero che risiede in Italia deve affrontare quotidianamente non poche battaglie. All’afroitaliano non è ancora riconosciuta la sua italianità – a volte nemmeno legalmente e quando lo è spesso agli occhi degli altri viene comunque ancora visto come “diverso”. Abbiamo notevoli problemi riguardanti la gestione dell’immigrazione: sono ancora troppi, fra coloro che tentano di raggiungere il nostro Paese sulle rotte del Mediterraneo, che muoiono in mare e coloro che riescono a mettere piede in questa nazione finiscono spesso a vivere per molto tempo in condizioni pietose, sottopagati e sfruttati. Il razzismo si esplica in gesti e parole quotidiane, talvolta tramutate in azioni violente. La situazione in cui molto spesso si ritrova la persona di colore in questo Paese è triste e frustrante: Cécile Kyenge, per fare un esempio, venne definita “orango” da altri esponenti politici, a Mario Balotelli vengono urlati versi da scimmia in ogni stadio d’Italia, a una persona comune vengono dette parole e compiuti gesti discriminatori ogni giorno. È ora di parlare della “causa nera” tanto ignorata. Che l’omicidio di George Floyd sia uno spunto per migliorarci “a casa nostra”.»