La sontuosa messinscena, ad opera di Christian Rivers (storico collaboratore di Peter Jackson, il quale gli ha prodotto il film e ha coscritto la sceneggiatura dal primo dei quattro romanzi di Philip Reeve), non salva del tutto una pellicola che fa scontrare Star Wars con Mad Max in chiave steampunk; l’impianto tecnico è ineccepibile, i soldi investiti si vedono tutti fino all’ultima esplosione, ma la storia sa troppo di già visto e i 128 minuti scorrono ritmicamente prevedibili uno dopo l’altro.
Insomma, a Macchine mortali non manca certo l’azione né lo spettacolo, però l’originalità si ferma alla cosa più ridicola che è anche alla base del soggetto: in un lontanissimo futuro postatomico, postdisastro e postdatato, le città si spostano come se fossero dei giganteschi carri armati, depredando quelle più piccole per impadronirsi delle loro risorse e dei viveri. A questo proposito indimenticabile la scena di una cingolata Voghera con le casalinghe che si difendono dagli attacchi armate di matterelli. Come dite? È una boiata poco credibile quella che ho appena scritto? Già, perché invece Londra che insegue, arpiona e fagocita delle cittadine, invece…
A ogni modo se fossi Terry Gilliam avrei già denunciato per plagio l’autore del libro, perché nel suo ironico e caustico cortometraggio, che precedeva il film Monty Python – Il senso della vita del 1983, si vedeva un enorme edificio di una società di assicurazioni muoversi a vele spiegate, come se fosse una nave pirata, per saccheggiare altri istituti finanziari… Solo che là a manovrare il tutto c’era solo uno dei più grandi e influenti gruppi comici di tutti i tempi, e scusate se è poco, con buona pace del pur simpatico e volenteroso hobbit Peter Jackson.
Tra immancabili citazioni per nostalgici nerd degli anni Ottanta e una sensazione di gelo per un’operazione smaccatamente calibrata con il bilancino che – incredibile a dirsi – si scorda l’importanza di far empatizzare il pubblico con i protagonisti della storia, si giunge alla fine con la minaccia incombente di altri tre romanzi da trasporre sul grande schermo. Va bene, lo ammetto: dopo l’ennesimo sbadiglio ho desiderato così smodatamente i titoli di coda che, all’apparire della prima scritta, mi sono alzato di scatto guadagnando subito l’uscita del cinema per il timore che ci fossero pure delle scene aggiuntive.
Si sarebbe potuto far di meglio? Oddio, l’esile trama di certo non aiuta, però se a tutto questo tripudio di macchine e bulloni avessero aggiunto anche un po’ di cuore… Chissà.
Voto: 2,5/5