Nel cuore del Festival Verona Europa, l’incontro dedicato alla presentazione del libro La notte ucraina. Storie da una rivoluzione di Marci Shore ha acceso un confronto vivace e profondo su un nodo cruciale della storia ucraina contemporanea: Euromaidan. L’evento, ospitato nella prestigiosa Sala del Consiglio Provinciale e introdotto dal consigliere comunale Giacomo Cona, ha visto la partecipazione di Olivia Guaraldo (curatrice e traduttrice del volume), Giacomo Mormino e Adriano Sofri.

Un vuoto nel racconto italiano dell’Ucraina

Il cuore della discussione ha riguardato la sorprendente assenza di Euromaidan nel dibattito pubblico italiano. Nonostante l’attenzione recente verso la guerra in Ucraina, molti contributi, accademici e giornalistici, sorvolano o riducono l’insorgenza del 2013-2014 a semplice pedina del confronto tra potenze. Esemplare, in tal senso, il caso di una monografia che, pur dedicandosi alla crisi ucraina, ignora del tutto Euromaidan. Oppure l’opera del giornalista Fulvio Scaglione, che lo liquida come un evento strumentale alla sfida geopolitica tra Stati Uniti e Russia, privandolo della sua autenticità popolare.

Questa tendenza, secondo i relatori, deriva da una visione schiacciata sulla geopolitica, dove gli Stati-nazione sono gli unici attori legittimi e ogni rivolta popolare è letta come manipolata o eterodiretta. Una lettura che rimuove la dimensione soggettiva e valoriale dell’azione politica e svilisce le spinte democratiche nate dal basso.

Il valore politico della soggettivazione

Attraverso le parole di Hannah Arendt, spesso richiamata nel corso dell’incontro, si è sottolineato quanto ogni processo rivoluzionario sia caratterizzato da imprevedibilità, pluralità e nascita di nuovi significati. Il libro di Marci Shore, ha spiegato Olivia Guaraldo, offre una “storia intima della rivoluzione”, un racconto vissuto, personale, costruito a partire dalle testimonianze di amici, attivisti e studiosi ucraini, raccolti mentre l’autrice si trovava a Vienna durante i giorni di Euromaidan.

L’opera restituisce l’esperienza esistenziale dei rivoluzionari: cittadini ordinari che, inizialmente scesi in piazza per protestare pacificamente, si trovano coinvolti in un processo di trasformazione profonda. Lì dove c’era la paura, subentra la solidarietà; dove regnava l’inerzia, nasce l’azione collettiva. Un momento centrale è il superamento del “punto di non ritorno”, in cui si è pronti a morire per l’altro. “Siccome tu sei pronto a morire per me, io sono pronto a morire per te” – una frase che incarna lo spirito di Euromaidan secondo Shore.

Contro la “coazione a ripetere” del dibattito italiano

Adriano Sofri ha inserito il caso ucraino in una più ampia riflessione storica, ricordando le reticenze italiane nel riconoscere la Rivoluzione ungherese del 1956, ridotta a “fatti d’Ungheria” dal PCI. Anche oggi, ha osservato, una parte della sinistra fatica a riconoscere piena dignità politica a movimenti che non rientrano nei propri canoni ideologici. La presenza di elementi impuri – come simboli nazionalisti o di estrema destra – viene spesso utilizzata per delegittimare interamente l’azione rivoluzionaria.

Ma l’Italia non è immune da contraddizioni analoghe. E figure storiche come Stepan Bandera, frequentemente usate per screditare il nazionalismo ucraino, sono il prodotto di contesti ambigui e tragici, nei quali le responsabilità storiche si intrecciano, comprese quelle italiane.

Un momento dell’incontro

La memoria corta dell’Occidente

Il confronto ha anche offerto spunti per comprendere la riluttanza italiana – e più in generale europea – a mostrare solidarietà all’Ucraina aggredita. Una parte di questa difficoltà affonda le radici nel legame ideologico con l’ex URSS e nella successiva adozione di un antiamericanismo riflesso. In tale contesto, sostenere la causa ucraina sembra talvolta implicare un allineamento indesiderato con l’Occidente.

Ma cos’è davvero l’Occidente? Ironica e folgorante la definizione proposta durante l’incontro: “la libertà delle donne di disporre della propria capigliatura”. Una formula che racchiude, con leggerezza e profondità, l’essenza della libertà individuale e dell’autodeterminazione.

Un esercizio democratico da non dimenticare

Euromaidan, è stato detto, non va compreso solo come evento storico o come episodio geopolitico. Va letto come esercizio di democrazia sorgiva, come gesto collettivo che inventa fini nuovi, non comandati da nessuno, che esistono solo nel momento in cui vengono agiti. Un atto che rompe con la passività, con il cinismo, con la rassegnazione.

In un tempo in cui la partecipazione civile sembra declinare, e la solidarietà internazionale viene meno, rileggere Euromaidan con gli occhi della sua stessa umanità è un’urgenza politica e morale. In questo senso, La notte ucraina di Marci Shore rappresenta un contributo prezioso e necessario per ricucire un racconto spezzato, restituendo voce e dignità a chi ha lottato – e lotta – per la libertà.

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