Sarà l’esperienza, ma ultimamente trovo che il marketing sia diventato piuttosto prevedibile. Lo scrivo da copywriter, e dopo anni di lavori in agenzie di comunicazione e in altre realtà. Il Black Friday poi, insieme al Cyber Monday e ad altre puerilità, è l’esegesi proprio di questa finta propaggine creativa. Finta perché forzata, soggiogata a necessità consumistiche, di business, con un obbiettivo che ormai é lapalissiano: vendere. Che scoperta, penserà il lettore. Ma il mio discorso vuole essere più ampio, in quanto questa necessità di vendere si sta mostrando sempre più per quello che è, vale a dire un’incarognimento eccessivo del sistema capitalistico che ci muove (esattamente come fa la droga) e al contempo ci ammala.

Persino gli articoli scritti per screditare il Black Friday divengono parte integrante del sistema, con i loro hashtag dedicati. Credo che ci troviamo dinanzi a un appiattimento culturale preoccupante. Una noia diffusa che temo sia dettata proprio dalla condivisione di tutto.Da che mondo è mondo, che io sappia, i matrimoni che durano sono quelli in cui permangono delle zone d’ombra. Parallelismo azzardato? Io non credo. O quantomeno penso che l’approccio comunicativo di un qualsiasi business, e personale, debba tenere conto di questo tipo di percezione.

Zombie

Non scopro certo io, ma credo sia il caso di sottolineare, il comportamento medio visibile su ogni nostra strada. Centinaia di persone che tengono in mano un cellulare e spesso sono talmente assorbite da bypassare qualsiasi altra cosa stiano facendo in quel momento, tra le quali rientrano anche attività considerate rischiose a ragion veduta, come attraversare la strada. E se scappa una risatina prego di pensare anche ai tanti incidenti provocati proprio dal sovrautilizzo degli smartphone durante la guida.

D’altronde c’è troppo di tutto, il consumismo logora la nostra stessa identità e le relazioni che intratteniamo, il cellulare è il santa sanctorum e non possiamo fare un passo senza di lui. Gli zombie, francamente, mi sembrano star meglio.

Ricordo quando qualche anno fa girava questa immagine che mostrava questo presente. Con gli amici la guardavamo con un approccio tra il divertito e il preoccupato, “ma tanto non si arriverà mai davvero a questo, no?”. Vi erano quattro persone sedute attorno a un tavolino, ognuna intenta a utilizzare il proprio smartphone. È esattamente ciò che accade da qualche anno: siamo diventati una barzelletta vivente, un meme previsto. E cosa c’è di più noioso della prevedibilità, di più sciocco del rivolgersi a persone lontane e non essere in grado di parlare a chi ti sta vicino?

I mezzi asincroni

L’utilizzo dei mezzi asincroni, tra cui si possono tranquillamente inserire le chat, ha fatto e sta facendo danni anche negli ambienti lavorativi. Dove spesso vige un “buon viso a cattivo gioco” deprimente, sciocco e superficiale. In cui cadono anche figure che dovrebbero essere di riferimento per un ufficio ma che non sono in grado neppure di gestire la propria persona, soggiogando completamente la propria umanità in favore di dinamiche che, è evidente, imbruttiscono le relazioni e le raffreddano.

Le incomprensioni su social, chat, WhatsApp sono all’ordine del secondo e stimolano la secrezione di subdoli sentimenti come la pregiudizialità e la vigliaccheria, e addirittura l’odio. Non è un caso che questi medium, che non sono semplici mezzi dei quali abbiamo il totale controllo, siano diventati terra di hater, cioè persone che si riconoscono in quanto odianti altre persone o rappresentazioni di esse. Un fenomeno che porta anche a considerazioni di pancia relativamente a categorie intere, tra le quali le donne sono le più colpite. 

Ladri d’aria

E lo sono soprattutto su aspetti che non riguardano assolutamente il merito di quanto espresso, bensì sessualità e forma fisica. Quasi queste ultime fossero una colpa, da addossare con superficialità e cattiveria sulle malcapitate. Forse questi ladri di aria, incarogniti dietro tastiere su cui me li immagino sbavare malcontento ricolmo di recriminazioni, dimenticano che il linguaggio è ciò che ci differenzia dalle bestie. Che la comunicazione, almeno per come la vivo io, è importante anche per definire chi siamo e plasmare il mondo che ci circonda. Parlare alla mente é importante, farlo in modo positivo fondamentale. 

Per questo diffido da sempre da chi chiede solo fatti, come certi partiti che ora sono saliti al potere, dimenticando colpevolmente, o ignorando, quanto parlare bene sia fondamentale per vivere bene e far vivere bene gli altri.

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