A qualche mese dalla chiusura dell’anno “dantesco” (il 2021, in occasione dei 700 anni della morte del Sommo Poeta), la Divina Commedia è ancora in grado di parlarci risvegliando in noi nuove riflessioni ed emozioni.

Le incisive figure femminili di Dante, ad esempio, rappresentano un motivo di interessante approfondimento. Per Dante, infatti, è la donna che salva l’uomo e non viceversa. Non è un caso se quando si smarrisce nella “selva oscura”, per lui si mettono in moto una serie di donne nell’intento di salvarlo. La Madonna si reca da Santa Lucia, alla quale Dante era molto devoto perché da ragazzo aveva avuto una malattia agli occhi, e Santa Lucia va da Beatrice, che scende nell’Inferno per chiedere a Virgilio di raggiungere e aiutare Dante ad uscire dall’impasse. Lei stessa, Beatrice, poi lo attenderà all’ingresso del Paradiso, per condurlo sin davanti al volto di Dio. Ma non è tutto. Immergendoci nelle storie di alcune donne presenti nella Divina Commedia, sembra di leggere vicende di cronaca nera attuale. In particolare quando nel suo cammino incontra Pia De’ Tolomei o Francesca da Rimini. E dando voce alle storie di queste donne Dante conferisce loro l’opportunità di far conoscere al mondo i propri sentimenti, i propri desideri, le proprie sofferenze. In una realtà dominata dagli uomini, ricca di violenza e conflitti, le vicende di queste donne, altrimenti, non sarebbero mai state raccontate. Una sensibilità sicuramente lontana da quella che a volte è stata raccontata.

Dopo “Tutto è Paradiso”, il suo libro d’esordio, il dantista veronese Mirco Cittadini torna in questi giorni in libreria con “Da Medusa a Maria” con il sottotitolo “Dante e il femminile”. Si tratta di una seconda serie di lezioncine dantesche, come lo stesso Cittadini ama definirle, che questa volta si concentrano appunto sulla presenza femminile nell’opera del ghibellin fuggiasco e l’insegnamento che questa ha da dare al lettore. Di ieri e di oggi.

Cittadini, come nasce l’idea di questo secondo libro?

Adottare uno sguardo - Casa Editrice QuiEdit

«Si tratta in realtà di un’idea antica, penso risalente al 2014, quando ho iniziato a studiare i temi legati al femminile nella Commedia. Argomento che, a dirla tutta, è sempre stato un mio pallino. Il mio blog dedicato a Dante era nato inizialmente proprio per raccontare il femminile in Dante, anche se poi ha preso anche altre strade. Dopo aver scritto Tutto è paradiso qualche anno fa ho scoperto la scorsa estate di questo concorso organizzato dalla casa editrice Edizioni Libere. Ad ottobre mi viene comunicato che ho vinto il Premio speciale della Giuria e che, inoltre, mi viene assegnata una medaglia al valore letterario “Dante Alighieri”, per l’attività di promozione e divulgazione dell’opera dantesca. A quel punto, a prescindere dai riconoscimenti, mi ritrovo con un libro praticamente già scritto, con tanto di note, bibliografie, etc. Ci ho pensato un attimo, ma nemmeno troppo… e ho proposto alla casa editrice veronese Qui Edit, il testo. Da lì alla pubblicazione del libro il passo è stato poi breve.»

Entriamo, dunque, “all’interno” del libro. Di cosa tratta, questa volta, la sua opera?

«La mia opera vuole vedere la presenza delle donne e in generale del femminile nella Commedia come principio di salvezza. La tesi è che Dante si salva proprio attraverso il femminile, da una parte, e che Dante, a sua volta, salva il femminile, dall’altra. All’inizio faccio anche un excursus sul pensiero misogino medievale che deriva a sua volta dal pensiero greco e che poi trova conferma nei Padri della Chiesa. Il contesto in cui vive Dante, insomma, non è assolutamente un contesto femminista. In quell’epoca si presenta il femminile attraverso stereotipi di genere, anche quando se ne parla in maniera positiva. Bazzico sui social nei gruppi “danteschi” e ogni tanto sono incappato in articoli che presentano Dante come un misogino (come ha fatto, ad esempio, Massimo Fini). C’è anche chi arriva a dire che Dante da poco spazio alle donne o che addirittura le trattava male. Occorreva intervenire…»

E cioè?

«Ho capito che gran parte delle persone hanno poca conoscenza della Commedia o non hanno le chiavi di lettura complete per leggere e interpretare Dante. Nell’Inferno il femminile è in posizione di contrasto, ma man mano che “sale” verso il Purgatorio e il Paradiso, il femminile si integra sempre di più fino all’apoteosi dell’incontro con Maria. Da Medusa a Maria, è un viaggio, quindi, in cui l’aspetto-ombra del femminile mostruoso (Medusa, le Arpie e le altre creature infernali) viene pian piano integrato da quello di donne paradisiache. È un viaggio, ricordiamolo, che è voluto dalle donne. È Maria che decide che Dante deve essere salvato, anche contro il volere di Dio. Inoltre se lo stereotipo di genere dell’epoca era la donna che parla esclusivamente di temi “gentili” come l’amore, in Dante in realtà ci sono donne che parlano di teologica, di astronomia, di politica e che vanno contro tutti gli stereotipi del tempo.»

Quali sono, dunque, le donne prese in esame?

«Il libro è diviso in nove capitoli, in omaggio al numero attribuito a Beatrice, a cui si aggiungono una premessa e un epilogo. Più o meno tratto tutte le donne più significative presenti nella Commedia, anche se ci sono anche piccoli “flash” su donne che compaiono in una terzina o un singolo endecasillabo. Si parla, in realtà anche delle donne non incontrate da Dante nell’aldilà, ma che sono ancora in vita e che pregando contribuiscono a salvare i “loro” uomini nel Purgatorio. I personaggi principali, comunque, sono Maria, Lucia, Beatrice, Matelda, Cunizza, Piccarda, Pia… tutte le donne di cui Dante sente la voce. Ma c’è anche un mondo di donne con cui Dante non parla. Medusa, ad esempio, a cui sono dedicati ben due capitoli, ma che rappresenta quel femminile disturbante che una certa società vorrebbe reprimere o nascondere, ma che esiste e che Dante conosce bene.»

Come si pone questo libro rispetto al precedente “Tutto è Paradiso”?

Mirco Cittadini

«Sono due opere parenti, come fratello e sorella, anche se fra loro molto differenti. Diciamo che Da Medusa a Maria è la sorella secchiona del primo volume, che era il fratellino più “gioviale”. È un libro, l’ultimo, più ponderato, ancorato a una maggiore autorevolezza delle cose che sostengo. Se il primo era più rivolto a una divinità maschile, qui si integra con la parte femminile. Anche qui c’è Beatrice che guarda Dio, ovviamente, ma mentre lì celebravo un Dio maschile, qui aggiungo che il Dio maschile si migliora attraverso la presenza di una divinità femminile.»

Cambiando argomento, a distanza di alcuni mesi dalla fine dell’anno dantesco, il 2021, che valutazione possiamo fare sulle celebrazioni che ci sono state?

«La sensazione è che siano passati parecchi mesi dall’abbuffata dantesca, anche se a me resta dentro ancora lo spirito di questa grande festa. Pur nei limiti del Covid-19 c’è stata una grande produzione. E forse in realtà il fatto che ci fossimo da tempo familiarizzati con tutta una serie di modalità online (utilizzando piattaforme come Zoom, etc.) ci ha permesso di accedere a una quantità di contenuti di cui forse non sarebbe stato possibile fruire in presenza. Non so quante cose sono state caricate su YouTube in questi mesi e che forse, in caso contrario, non avremmo mai potuto vedere e ascoltare. Ecco, però… c’è un però.»

Quale?

«Dante non è solo un poeta. E in tutto ciò forse il grande assente è stato il suo messaggio politico. C’è un dantista di Harvard che dice proprio questo, e cioè che se Dante tornasse oggi e osservasse come lo abbiamo omaggiato ci direbbe probabilmente che non abbiamo capito nulla della sua opera. Questo è il messaggio che secondo me dobbiamo ora valorizzare. Valorizzare, cioè, che la Commedia è una guida per la vita. Solo in pochi lo fanno e fra questi c’è ad esempio Gianni Vacchelli…»

Si è chiusa da poche settimane anche una bella mostra al Bastione delle Maddalene sull’Inferno… che ne pensa?

«La mostra curata da Nembrini è stata di grande efficacia. Una mostra suggestiva, anche se forse leggermente didascalica. La cosa più bella, però, è stata la presenza dei giovani volontari che fungevano da guide. Ecco, vorrei sottolineare questo aspetto: quest’anno sono stato in molte classi delle scuole di Verona e ho visto delle insegnanti e dei ragazzi che hanno una raffinatezza e una profondità di lettura, unite a un entusiasmo coinvolgente, che per me sono stati a dir poco commoventi. Sì, mi sono proprio commosso nel vedere dei ragazzi così “dentro” a Dante, pur con tutto il loro essere giovani. Bisognerebbe capire che Dante era molto più giovane e puer nelle sue spinte di come in realtà viene solitamente presentato. Dante non è un poeta vecchio, ma è vitale, giovanile, che distrugge, che va contro determinate regole. È un poeta rock.»

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