Siamo tutti con il fiato sospeso per ciò che sta succedendo tra Russia ed Ucraina. Sono stati giorni di apprensione, ora sono momenti di grande preoccupazione generale.

La guerra la si può spiegare in vari modi: economici, statistici, politici, persino storici. Ma sarà sempre una descrizione parziale. Ci sarà sempre qualcuno che sarà tagliato fuori da questa narrazione, da queste spiegazioni asettiche.

I bambini per esempio: i bambini le guerre le subiscono e basta. E gli adulti, che li dovrebbero proteggere, non solo non riescono nel loro compito, ma facilmente si dimenticano che le guerre contemporanee hanno spesso un inizio ma mai una fine.

Per questo è importante ricordare continuamente le guerre in corso, le guerre iniziate e mai concluse. Le guerre in cui sembra non ci siano più fronti che si scontrano, ma che continuano lo stesso. Come un cancro che ormai, ha preso il comando e distrugge lo stesso organismo di cui si sta nutrendo.

Save the Children ha presentato da poco, un’indagine condotta su 1400 famiglie, in 7 diverse provincie dell’Afghanistan. L’obiettivo era cercare di capire come stanno i bambini afghani dopo 6 mesi dal passaggio del potere in mano ai talebani.

foto di Jim Huylebroek, per Save The Children

Dal sondaggio emerge chiaramente che dallo scorso agosto, le condizioni dei bambini in Afghanistan sono drammaticamente peggiorate.

Due milioni di minori già soffrivano di malnutrizione, ora centinaia di migliaia di loro sono costretti a vivere per le strade, senza cibo, protezione e in condizioni igienico-sanitarie terribili.

Cinque milioni di bambini sono sull’orlo della carestia e la grave crisi economica minaccia di lasciare più del 95% della popolazione in condizioni di povertà e con un sistema sanitario al collasso. Le cliniche in tutto il Paese sono state costrette a chiudere poiché non c’è più denaro per pagare i salari degli operatori sanitari.

Sempre più famiglie sono costrette a gesti estremi pur di sfamare i propri figli: circa un quinto delle famiglie in Afghanistan è stato costretto a mandare i propri figli a lavorare, a causa del crollo dei redditi. L‘82% di esse ha perso il reddito e il 18% ha dichiarato di non avere altra scelta che mandare i propri figli a lavorare

Ciò significa che circa un milione i bambini è coinvolto nel lavoro minorile. Inoltre si moltiplicano le testimonianze di famiglie che vendono un figlio per farlo lavorare, o una figlia a scopo di matrimonio, pur di sfamare il resto del nucleo famigliare. Le famiglie che vivono nelle città sono state le più colpite: metà di quelle di Kabul ha affermato di aver perso l’intero reddito.

Un terzo (34,8%) delle famiglie intervistate ha perso interamente il suo reddito, mentre per più di un quarto (26,6%) le entrate si sono più che dimezzate. Quasi 4 famiglie su 10 (pari al 39% di quelle intervistate), prendono in prestito il cibo da quelle più agiate.

Foto da Pikabay

Un afghano su 13 (pari al 7,5% degli intervistati) ha affermato di chiedere già l’elemosina. A causa del conflitto, del collasso economico e dall’impennata dei prezzi, si stima che 14 milioni di bambini affronteranno livelli di fame potenzialmente pericolosi per la vita e i tassi di malnutrizione aumenteranno vertiginosamente.

«Trattiamo ogni giorno bambini spaventosamente malati che da mesi non mangiano altro che pane. I genitori devono prendere decisioni impossibili: a quale dei loro figli daranno da mangiare? Mandano i figli a lavorare o li lasciano morire di fame?» afferma Chris Nyamandi, direttore di Save the Children in Afghanistan.

Per documentare in modo ancora più immediato le conseguenze della guerra sulla vita dei bambini, Save the Children ha realizzato una serie fotografata con l’aiuto del fotografo Jim Huylebroek, dal titoloChildren on the edge of life” ovvero “Bambini sull’orlo del precipizio”.

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Lo scopo è di raccontare le conseguenze della guerra per immagini; dove ogni scatto fotografico a sua volta rimanda ad una storia di sopravvivenza, di speranza, di lotta.

«Ognuna di queste storie è un potente promemoria della triste realtà che vivono le famiglie in tutto il Paese, della lotta quotidiana per sopravvivere all’inverno e dei milioni di giovani vite che sono a rischio. Il tempo stringe per i bambini afghani.» continua Nyamandi.

Se la guerra non insegna nulla a degli adulti che dimenticano velocemente, che almeno i volti dei bambini che subiscono la guerra, riescano a mettere sotto gli occhi della comunità internazionale le conseguenze autentiche di un conflitto armato.

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