Al termine della splendida serata di Bergamo, l’espressione di Ivan Juric lascia trapelare qualcosa. Il suo volto serio e ruvido si distende per qualche istante, quando gli chiedono di Andrea Danzi: «Noi dentro lo spogliatoio abbiamo un grandissimo rapporto. Non c’è puzza sotto il naso, nessuno si offende: con chiarezza l’ho abbracciato e gli ho detto che per me stava facendo fatica. Lui sa cosa penso di lui, poi durante la partita uno fa delle scelte per il bene della squadra». Quanto raccontato rappresenta il simbolo perfetto di ciò che ha saputo costruire l’allenatore croato, lo specchio di un gruppo sano e solido, di uno spogliatoio in cui albergano unità e compattezza.

Il tecnico gialloblù Ivan Juric

La vittoria del “Gewiss Stadium” è stata l’ennesima dimostrazione della bontà del lavoro del tecnico gialloblù, una gemma che entra dritta nell’immaginario collettivo, forse al pari della vittoria sulla Juventus dello scorso febbraio. Per buona parte della prima frazione, i gialloblù sono stati in grado di soffrire e resistere, faticando a ripartire, ma riuscendo comunque a difendersi con ordine. Anche nei momenti di maggiore difficoltà, il Verona non dà mai l’impressione di trovarsi in totale balìa degli avversari: l’atteggiamento è quello di una squadra aggressiva anche quando è il momento di mettersi a protezione della propria porta. Basti osservare l’autentica difesa a uomo esercitata dal giocatore schierato sul centro destra del pacchetto arretrato, quello di fatto delegato a disinnescare Gomez: dapprima il roccioso Dawidowicz, poi, per un breve scampolo di partita, Danzi, infine Tamèze, emblema di abnegazione e duttilità. Il compito era quello di seguire l’argentino in ogni zona del campo, anche in quelle più lontane dalla propria area di rigore. Lo stesso valeva, anche se con area di competenza più circoscritta, per il duello Lovato-Zapata, con il ragazzo di Monselice che ha dato l’ennesima dimostrazione – finché il fisico glielo ha permesso – di riuscire a reggere il confronto con qualsiasi avversario diretto. Il calcio di Juric, insomma, sembra tanto una reinterpretazione, in chiave moderna e dinamica, di un concetto tanto caro al football di una volta.

Juric, come già detto da più parti, si conferma l’autentico valore aggiunto del progetto-Hellas: ha conferito una chiara identità alla squadra, le ha dato una mentalità combattiva e propositiva, ha costruito un collettivo perfetto, in cui il singolo viene esaltato, migliorato e reso perfettamente funzionale al contesto. Sabato sera, inoltre, ha confermato ulteriormente la propria unicità quando ha deciso di sostituire Danzi, entrato in campo solo da un quarto d’ora. Accortosi dell’errore, non si è intestardito ma ha fatto un passo indietro, facendo pubblica ammenda nel post-gara e senza, poi, dimenticare una parola di conforto per il suo giovane calciatore. Un’illuminata lezione di gestione del gruppo e del materiale a disposizione.

Il Verona di Ivan Juric è squadra tosta e quadrata, solida e compatta. Gioca a ritmi elevati, non abbassa mai la guardia e l’attenzione, mantenendo equilibrio e linearità anche nelle fasi più complicate della partita. Banalmente, è una squadra che risulta molto difficile da battere, come già dimostrato anche dalle trasferte contro Juventus e Milan. Inoltre, risulta molto difficile tacere delle individualità più in vista di questo avvio di stagione: da un Zaccagni formato nazionale a un Veloso che sta vivendo una seconda giovinezza, senza dimenticare quel Marco Silvestri, in questo momento miglior portiere della Serie A, e terzo in Europa alle spalle di Keylor Navas e Oblak, per percentuale di parate.

I gialloblù festeggiano a Bergamo dopo il rigore realizzato da Veloso

Nella notte in cui, per la prima volta in carriera, l’allievo ha superato il maestro, l’uomo di Spalato, al termine della sfida con Gasperini si è dimostrato – a ragione – molto cauto e realista, spegnendo i facili entusiasmi e allontanando pericolosi sogni europei: «In questo momento non ci siamo proprio, abbiamo una squadra completamente rinnovata sulla quale dobbiamo solo pensare a lavorare e crescere. Avendo cambiato molti giocatori rispetto alla scorsa stagione dobbiamo riprendere quasi dall’inizio. Per ora noi non c’entriamo nulla con l’Europa». La prossima partita, al Bentegodi contro il Cagliari, potrà dire molto sulle future ambizioni dei gialloblù: un’occasione per mettere ulteriore fieno in cascina e allontanarsi in modo ancor più netto dalle zone basse di classifica. Ma guai a parlare d’Europa.

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Foto: hellasverona.it